di Domenico Marino *
Il conflitto Letta-Renzi appare come una resa dei conti interna al capitalismo che si riflette nel Partito Democratico, ridotto a feudo renziano. Il cambio appare ingiustificato, visto che non c’è stata nessuna sfiducia parlamentare. Anzi al Parlamento tocca ratificare senza discussione ciò che è stato deciso dalla Bce, dal Bilderberg, dalla Trilateral e da tutti i poteri di derivazione massonica.
A questa politica priva di moralità, di autonomia e soprattutto di ideali, esecutrice degli interessi del grande capitale e della grande finanza, che vanno mortalmente a braccetto contro gli interessi della maggioranza della popolazione, non resta che accaparrarsi le briciole e farsi la guerra per un piatto di lenticchie. Poi se a capo dello Stato c’è uno che: firma leggi contrarie alla Costituzione, fa e disfa i governi in modo pianificato, nomina Presidenti del Consiglio secondo logiche maggioritarie (vedi Monti e poi Renzi) e impedisce ai cittadini di esercitare il proprio sempre più formale diritto di voto e di poterlo fare con una legge elettorale democratica e costituzionale, il proporzionale puro. allora ogni scenario antidemocratico è possibile.
Sulla scena politica sono in atto solo scontri interni alla borghesia, mancando la forza del proletariato, con il suo modello di società alternativa a quella capitalistica, il socialismo-comunismo. Questi scontri generano un riformismo emergenziale che dà stabilità alla borghesia e genera tutti quei fenomeni legati al degrado della politica e delle istituzioni che hanno nella corruzione la manifestazione palese dell’inscindibilità tra il sistema capitalistico e la criminalità.
Oggi quel legame tra economia, politica e criminalità è ancora più forte e ha bisogno dello sviluppo di una cultura reazionaria che consenta loro di avere le mani libere per aumentare lo sfruttamento del proletariato e per ottenerlo, se necessario, anche attraverso l’uso della forza.
L’ascesa di Matteo Renzi rappresenta questo.
Per far finire tutto ciò il Partito Comunista propone, a livello economico, l’esproprio e la nazionalizzazione dei principali gruppi bancari, l’attivazione di organismi di controllo operaio e popolare nei luoghi di lavoro, per dare ai lavoratori il potere di decidere del loro destino e dell’economia nazionale. L’avvio di una pianificazione economica centralizzata in grado di impiegare le risorse economiche nazionali per rilanciare lo sviluppo in base agli interessi popolari.
A livello istituzionale il Partito Comunista propone il ritorno al sistema elettorale proporzionale puro, senza sbarramenti né premi di maggioranza.
* segretario Circolo Partito Comunista “Enrico Berlinguer”