di Francesco Dall’Aglio
Secondo ‟Диванный генштаб”, che nonostante il nome ironico (‟Lo stato maggiore del divano”) è una fonte molto utile, le truppe russe hanno evacuato, in maniera organizzata e in assenza di combattimenti, la sezione di frontiera che ho segnato con un ovale sulla carta che allego.
Si tratta di un pezzetto di terra completamente vuoto (in tutta l’area c’è una sola fattoria, peraltro abbandonata da tempo, e un paio di capanni), con poche strade sterrate, a ovest del fiume Sejm: il confine è così assurdo perché quando è stato tracciato seguiva il corso principale del fiume, che però nei decenni successivi si è spostato di qualche chilometro a est.
I soldati hanno fatto saltare i due ponti – uno a Tetkino e uno a Popovo-Ležač, quest’ultimo poco più che una passerella – e si sono attestati oltre il fiume, ricongiungendosi alle unità che difendono il posto di frontiera di Tetkino.
Dal punto di vista tattico la situazione diventa più favorevole ai difensori, al prezzo di qualche chilometro quadrato di terreno vuoto e privo di ripari e strade. Non sono certo che il comando ucraino accoglierà l’invito, chiamiamolo così, della controparte russa.
Il terreno sarà stato sicuramente minato, l’artiglieria predisposta, e sebbene il Sejm non sia il Dnepr è comunque un fiume che, in quel posto, non puoi passare senza un minimo di preparazione, per cui è probabile che entrare in quel settore significherebbe esporsi a perdite assolutamente inutili. Però siccome i nostri media sono quello che sono, volevo segnalare che quel pezzetto di terra ora è vuoto. A proposito dei nostri media, veniamo a un pezzo di Repubblica (e del nostro autore preferito) molto, molto problematico: problematico perché, non so se volontariamente o in maniera del tutto casuale, veicola una informazione falsa.
L’informazione falsa non è nella prima parte e nemmeno in quella centrale, ma nell’ultima: le unità di leva che difendevano (per così dire, poveracci) alcuni punti del confine sono state ‟aggirate nei primi giorni dell’offensiva e adesso [i soldati ucraini] le rastrellano una a una”. È vero che sono state aggirate e rastrellate, ma dall’articolo par di capire (e ripeto, chissà se la cosa è volontaria…) che questo rastrellamento stia avvenendo ora, in questi giorni: ma è avvenuto nel primo, al massimo nel secondo giorno dell’incursione.
Non è assolutamente ipotizzabile che unità di leva abbiano resistito una settimana isolate dai rifornimenti, e tenerle bloccate avrebbe significato, per i reparti ucraini, lasciare indietro personale che serviva all’avanzata. Perché, allora, questa definizione così ambigua? Perché come al solito i nostri seguono non tanto le direttive, quanto il materiale che viene da fonti ucraine e solo quello: e nei primi giorni da parte loro ne è stato diffuso pochissimo, mentre il grosso delle immagini e dei filmati sta venendo fuori poco alla volta ogni giorno, per dare l’impressione appunto che queste rese ‟di massa” siano continue e quotidiane.
Cosa che, appunto, non è: mentre invece sono alcune unità ucraine che si stanno arrendendo, come si è visto proprio oggi, perché si sono spinte troppo avanti e sono rimaste isolate e, come i soldati di leva russi il primo giorno, trovandosi accerchiate hanno fatto non bene ma benissimo ad arrendersi.
Ma queste rese sono documentate solo dai canali russi, e anche quelli ufficiali non sono tenuti in considerazione. Però dare le notizie che vengono solo da una parte, anche se è quella che ci piace, per chi fa il lavoro di informare il pubblico non va bene. E continuo a chiedermi, e stavolta non è una domanda retorica, perché sia proprio la nostra informazione, nostra nel senso di italiana, ad essere così schierata.
18 agosto 2024