Il primo intervento da uomo libero del fondatore di Wikileaks dopo 15 anni tra reclusione e persecuzione.
“Ho scelto la libertà sull’impossibilità di ottenere giustizia. Voglio essere totalmente chiaro. Non sono libero oggi perché il sistema ha funzionato. Sono libero oggi perché dopo anni di carcere mi sono dichiarato colpevole di giornalismo“. A parlare è il fondatore di WikiLeaks, Julian Assange, durante la sua testimonianza davanti alla commissione affari giuridici e i diritti umani dell’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa.
Si tratta della prima testimonianza dal suo rilascio avvenuto lo scorso giugno dopo 5 anni di detenzione illegale nel carcere di massima sicurezza di Belmarsh (Londra); oltre 10 anni di persecuzione giudiziaria internazionale segnati da progetti di attentato nei suoi confronti da parte della CIA e del Pentagono.
“La mia ingenuità è stata credere nella legge. Quando si arriva al dunque, le leggi sono solo pezzi di carta e possono essere reinterpretate per convenienza politica“. Le leggi “sono le regole stabilite dalla classe dirigente in senso più ampio e se quelle regole non si adattano a ciò che vuole fare, le reinterpreta o le cambia. Nel caso degli Stati Uniti, abbiamo fatto arrabbiare uno dei poteri costituenti: l’intelligence” che è “abbastanza potente da spingere per una reinterpretazione della Costituzione”.
La testimonianza di Assange è legata al rapporto preparato della socialista islandese Thorhildur Sunna Aevarsdottir, che l’assemblea discuterà e voterà domani, sulla sua detenzione e condanna e l’effetto dissuasivo e di autocensura che ha su tutti i giornalisti, gli editori e altri soggetti che riferiscono su questioni essenziali per il funzionamento di una società democratica.
“Vedo più impunità, più segretezza, più rappresaglie per aver detto la verità, e più autocensura – ha aggiunto Assange –. È difficile non tracciare una linea tra il governo degli Stati Uniti che attraversa il Rubicone criminalizzando a livello internazionale il giornalismo e il freddo clima attuale per la libertà di espressione“. “Ora la giustizia per me è preclusa poiché il governo degli Stati Uniti ha insistito per iscritto nel suo patteggiamento che non posso presentare un caso alla Corte europea per i diritti dell’uomo o anche una richiesta di legge sulla libertà di informazione per ciò che mi è stato fatto a seguito della richiesta di estradizione“, ha sottolineato il giornalista australiano.
“Gli europei devono obbedire alla legge sullo spionaggio degli Stati Uniti – ha continuato –. Se le cose non cambiano, nulla impedirà che quanto è accaduto a me accada di nuovo”. “La questione fondamentale è semplice: i giornalisti non dovrebbero essere perseguiti per aver svolto il loro lavoro. Il giornalismo non è un crimine. È un pilastro di una società libera e informata“. “Penso che questa sia una lezione importante – ha aggiunto –: quando una fazione di potere importante vuole reinterpretare la legge può spingere una parte dello Stato, in questo caso il Dipartimento di giustizia degli Stati Uniti, a farlo. Non curandosi troppo di ciò che è legale“.
1 Ottobre 2024