di MOWA
Quando la logica del mercato supera quella della fede vuol dire che non c’è più speranza per nessuno… tanto meno per i credenti.
Non avremmo mai immaginato che i ciellini, o quelli della Compagnia delle Opere si facessero prendere dalla smania di entrare nella spirale dell’individualismo e dell’imprenditorialità più bieca con la scusa della sussidiarietà prevista, tra l’altro, dall’ultimo comma dall’articolo 118 della nostra Costituzione (“…autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà”), modificando, di fatto, l’indirizzo di questa norma!
Non diremmo così se, oggi, non ci fossero prove consistenti, oltre a quelle giudiziarie, che indicano un pessimo servizio nei riguardi della collettività in nome e per nome di questo termine: sussidio.
Ma sussidiarietà vuol dire aiutare economicamente, mediante una sovvenzione, per l’interesse generale, ma senza avere una posizione privilegiata nei confronti di altri.
Un esempio? Se un Comune sinistrato dal terremoto ha bisogno di essere ricostruito, le istituzioni intervengono bandendo gare d’appalto senza che vi siano, però, favoritismi nei confronti di alcuna impresa. Non si possono favorire alcune imprese, anziché, altre, perché facenti capo ad una lobby confessionale.
Potremmo citare, sempre ad esempio, la sanità di regioni come Lombardia o Calabria che soffrono di una forte ingerenza, tanto da far intervenire la magistratura che scoprì la forte penetrazione “confessionale” negli appalti assegnati. Ricordo Why Not dove, invece di incoraggiare la libera iniziativa imprenditoriale la si “canalizzava” verso lidi più “amici”, facendosi beffa dei tanti bei discorsi pubblici.
La cosa, comunque, sorprendente è la commistione tra “fede” e “cosa pubblica” che molti di costoro praticano quotidianamente senza accorgersi che questa dualità li ha portati ad assumere atteggiamenti poco democratici e, persino, poco liberali perché non solo, lobbistici ma che rasentano l’illegalità, impedendo ad imprenditori onesti di poter competere contro aziende che si associano in un “cartello confessionale” bloccando sul nascere qualsiasi buona proposta e, direi, innovazione o ricerca.
Questa strana coincidenza di comportamento con molte associazioni di stampo illegale dovrebbero farli riflettere in quanto anche la grande criminalità adotta “cartelli” d’affiliazione per favorire le proprie imprese.
Questo modo di fare in Lombardia fece sbottare, persino, il parlamentare e consigliere regionale leghista Alessandro Cè nel corso delle dichiarazioni di voto sulla legge regionale n. 3, 2008 (“Governo della rete degli interventi e dei servizi alla persona in ambito sociale e socio-sanitario”): “Non è la parità pubblico-privato, mi spiace, questa è un’altra cosa. Io sono un liberista, un liberale, ma questo è interesse privato in atti pubblici, in programmazione pubblica, in scelte politiche pubbliche”.
Non si può confondere una sussidiarietà orizzontale, come quella proposta da CL, con quella prevista dalla nostra Costituzione che si articola su principi ben più nobili di quelli del raccomandare la tal azienda anziché un’altra, oppure sostituirsi all’imparzialità delle istituzioni per gestire direttamente molti servizi che vanno dalle società miste ai consultori, dalle scuole alle università, dalle agenzie alle strutture sanitarie private e parificate, ecc.
Queste scelte portano ad inquinare molte dinamiche di mercato.
Portano alla chiusura di molte aziende sane per favorirne altre che non hanno gli stessi requisiti. Portano a licenziare molti lavoratori perché non sono nelle grazie di costoro portando ad assumere il figlio (anche se non di sangue) di questo o quello… E chissà quant’altro ancora di disdicevole per la democrazia nel nostro paese.