Intervista/ Parla Giovanni Impastato. Il fratello di Peppino: da nord a sud dobbiamo collegare questa giornata alle lotte dei movimenti in Italia
Luca Kocci,
Quello di Peppino Impastato è uno dei nomi e dei volti più presenti nel corteo dei 100mila di Libera: si vedono striscioni con il suo volto e manifesti scritti a mano che ripetono le sue parole, fra cui quel «La mafia è una montagna di merda» che fu l’apertura del primo giornale (L’idea socialista) che fondò il giovane militante di Democrazia proletaria fatto saltare in aria a Cinisi nella notte fra l’8 e il 9 maggio 1978 sulle rotaie della linea ferroviaria Trapani-Palermo per simulare un fallito attentato. I ragazzi che manifestano per le vie di Latina cantano e ballano il ritornello dei «Cento passi», la canzone dei Modena city ramblers dedicata a Peppino e diventata un inno dell’antimafia militante.
Suo fratello, Giovanni, impegnato in prima linea nel movimento antimafia sfila nel corteo, insieme agli altri familiari delle vittime.
Quella di oggi, così come la giornata di ieri con papa Francesco, è una manifestazione importante, ci sono giovani arrivati da ogni parte d’Italia, pieni di entusiasmo e di voglia di impegnarsi.
Come si può dare continuità a questa giornata, affinché non resti solo un bel momento ma isolato dal resto?
Dobbiamo collegare questa giornata alle lotte sociali dei movimenti che ci sono in giro per l’Italia da nord a sud: i No Tav, i no Mous e tutti gli altri. Questa è la strada da percorrere.
Perché?
Perché le grandi opere, oltre a devastare il territorio e a distruggere l’ambiente, sono terra di conquista delle mafie: ci sono appalti di milioni di euro, e sono un affare troppo grosso perché le organizzazioni criminali se lo lascino sfuggire. Insomma queste manifestazioni sono importanti e vanno fatte, ma bisogna lavorare per far crescere la coscienza antimafia e collegarla alle lotte sociali: solo così avrà le gambe per camminare.
22.3.2014