di MOWA
Nel 2009 l’Italia confermava l’adesione al programma Joint Strike Fighter (JSF) per la costruzione degli aerei F-35 della multinazionale statunitense Lockeed Martin. Al nostro paese ne erano destinati 131 (poi scesi a 90) per un totale di 15 miliardi di euro.
Nel 2010 qualche organizzazione pacifista stimava che col costo degli aerei F-35 si poteva:
- costruire 3.000 asili nido (1 miliardo di euro e creare 20.000 posti di lavoro)
- mettere in sicurezza 1.000 scuole (2 miliardi di euro e creare 15.000 posti di lavoro)
- installare 10 milioni di pannelli solari (8,5 miliardi di euro e creare 80.000 posti di lavoro)
- ricostruire il centro storico de L’Aquila, 5.000 case inagibili, la casa dello studente e l’ospedale devastato dal terremoto (2,5 miliardi di euro e creare 2.000 posti di lavoro)
Azioni di non poca rilevanza e che avrebbero portato il nostro paese (ma il ragionamento lo si deve estendere a tutti) a fare scelte di rinnovamento culturale passando da militare (guerra/distruzione) a civile (pace/costruzione) e che ci avrebbe fatto uscire, pian pianino, da una crisi strutturale portandoci ad un rialzamento graduale dell’economia.
Attenzione non è la proposta di fare una rivoluzione sociale tale da sovvertire il capitalismo e portarlo verso un modello socialista-comunista ma semplicemente di migliorare la pianificazione delle proprie risorse restando, pur sempre, nei paradigmi del sistema.
Le scelte militari a cui stiamo andando incontro ci stanno dissanguando economicamente, non portano a vantaggi futuri e ci stanno, formalmente, impegnando con altri soggetti giuridici, ad essere vincolati, vita natural durante, con multinazionali come la Lockeed Martin senza avere nessuna contropartita.
Se queste sono le condizioni a cui è sottoposto il nostro paese (ma, ripeto, vale per tutti) come possiamo pensare di vincere le “guerre” con così “brillanti condottieri” politici?… è come avere un Giulio Cesare che si autoinfligge le 33 pugnalate.
Ora in Italia stiamo (stanno) sperimentando un nuovo modo di far passare le scelte politiche conservando, però, gli stessi scopi. Anche se i “condottieri” (da destra a “sinistra”) cambiano, la prerogativa resta la stessa: preservare immutati nel tempo gli obiettivi. Quindi, non è che non vadano bene i cambiamenti, anzi… sono le scelte prospettate ai cittadini che sono sbagliate. Il problema è che, anche se cambiano i politici, restano identiche sia le scelte politiche e i programmi, programmi che escludono dalla reale partecipazione alla vita democratica.
Faccio, un esempio, rimanendo sul tema degli armamenti: nel 2007, durante il Governo Prodi, gli Usa erano allarmati per un’iniziativa internazionale che voleva l’eliminazione delle munizioni a grappolo (di cui loro sono tra i massimi utilizzatori). Temevano di vedersi smascherati e banditi dalla Convenzione di Oslo, furono invece aiutati dal gattopardismo del nostro governo di allora. Al Governo Prodi subentrò quello di Berlusconi ma nulla cambiò. Della complicità-sostegno italiano alla politica di produzione e detenzione delle munizioni a grappolo degli statunitensi siamo venuti a conoscenza solo grazie a WikiLeaks che rivelò il contenuto dei cablogrammi, tra USA e Italia, facendo luce sulla vicenda. Le munizioni a grappolo sono depositate (stoccate) anche su suolo italiano nelle basi di Aviano e Camp Derby. [1]
Emblematiche le parole dell’allora funzionario del ministero degli esteri, guidato da Massimo D’Alema e “gola profonda” di via Veneto (sede dell’Ambasciata USA a Roma), Emanuele Farruggia e denunciate da WikiLeaks: “sono generalmente in sintonia con quelle degli Stati Uniti, ma il governo di centrosinistra si trova sotto pressione da parte del Parlamento, dell’opinione pubblica e delle ONG…[soprattutto] odia l’idea di girare le spalle a un tentativo multilaterale che punta a un obiettivo umanitario…”
Tutto questo alla faccia della condanna internazionale alle armi che mietono vittime tra gli innocenti bambini come le cluster munitions.
Con questi “condottieri” politici (e Renzi non è da meno degli altri) non ci sono alternative se non quella di riprendersi la gestione della cosa pubblica attraverso la partecipazione attiva alla vita politica e la mobilitazione di massa in modo da aumentare la pressione sulle (ir)responsabilità che hanno condotto i vari paesi (vale per tutti gli Stati) a diventare sudditi di multinazionali privandosi della possibilità di scegliere che il proprio sia un futuro senza guerre e per una vera convivenza tra i popoli come viene, spesso, ricordato nei propositi dell’ONU.