Tornano le prove INVALSI: oggi e domani nelle scuole elementari e il 13 maggio nelle scuole medie di primo e secondo grado.
Prove-quiz che per i Cobas rappresentano “uno stravolgimento della didattica, riducono l’istruzione ad addestramento, impongono agli studenti l’omologazione a standard culturali appiattiti e li privano degli strumenti concettuali per sviluppare la riflessione critica”.
Per questo motivo nei giorni dei test i Cobas Scuola hanno indetto uno sciopero invitando docenti e personale ATA a incrociare le braccia
“Per i docenti e per le scuole – scrive Adriana Demuro, portavoce dei Cobas Scuola di Pisa – rappresentano un pericoloso attacco alla libertà di insegnamento e uno strumento devastante per introdurre criteri economico-aziendalistici, inadatti a valutare le attività didattico-pedagogiche, finalizzati a creare una ‘classifica’ mistificatoria tra insegnanti e tra scuole, con l’obiettivo di attribuire le risorse agli istituti ‘virtuosi’ e di aumentare lo stipendio ai docenti ‘migliori’ (secondo i risultati ottenuti appunto dagli studenti nei test INVALSI)”.
Ma la valutazione, sottolineano i Cobas, non è per nulla un “fatto assodato e scontato”. Un bravo docente raccoglie in sé doti disparate, dalla conoscenza della materia e dalla capacità di saperla trasmettere in modo efficacie, alla capacità di comunicare e catturare l’attenzione dei sui alunni. In più sottolinea Piero Bernocchi, portavoce nazionale dei Cobas “ha empatia verso i suoi studenti, è davvero interessato a che migliorino non solo le propria conoscenze ma anche le relazioni reciproche e le doti di solidarietà e collaborazione essenziali per una società migliore. Nessun quiz o esame orale e scritto sarà mai in grado di valutare tutte queste doti”.
L’appello è rivolto con forza ai lavoratori della scuola da un lato per impedire la distruzione del sistema pubblico dell’istruzione e la svalutazione delle attività didattiche, dall’altro per far sentire la propria voce sui temi “contrattuali ed economici: blocco del rinnovo contrattuale da quattro anni, blocco degli scatti di anzianità e minacce di eliminazione degli avanzamenti automatici di carriera, tagli alle risorse economiche, agli orari, ai laboratori”.
Sul piatto della contestazione c’è anche l’obbligatorietà degli INVALSI che secondo i Cobas non esiste. “Né il MIUR né i presidi – dice Piero Bernocchi – possono rendere legge l’obbligatorietà dei quiz, che si scontra sia con il contratto per gli obblighi di lavoro, sia e soprattutto con la Costituzione: con l’articolo 117 sull’autonomia delle istituzioni scolastiche e con l’articolo 33 sulla libertà di insegnamento, in base ai quali gli Organi collegiali e i singoli docenti hanno libertà di decisione su qualsiasi ‘attività ordinaria’, compresa la valutazione sull’apprendimento degli studenti. I quiz restano non obbligatori per docenti e studenti”.
Sono state istituite per “la misurazione dei livelli d’apprendimento in italiano e matematica” con l’obbiettivo di “migliorare l’efficacia della scuola per le fasce più deboli della popolazione scolastica e far emergere le esperienze di eccellenza presenti nel Paese”. In Italia a sostenerli saranno più di due milioni di studenti: circa 568 mila in seconda primaria, circa 561 mila in quinta primaria, circa 594 mila nelle terze delle medie e circa 562mila in seconda superiore.
I test saranno strutturati in maniera differente a seconda del livello scolastico (così come i tempi previsti per lo svolgimento), si va da un minimo di 20-25 domande per materia per la seconda primaria a un massimo di una cinquantina di domande per materia per la seconda superiore.
Come gli altri anni, spiega il Miur, è stato estratto un campione rappresentativo di classi in cui tutte le operazioni saranno curate da un osservatore esterno.