di Dean Baker
L’”economia della condivisione” – esemplificata da società come Airbnb o Uber, entrambe con una capitalizzazione di mercato di miliardi – è l’ultimo grido della moda tra i giornalisti economici.
Per i non iniziati, Airbnb è un servizio via Internet che consente di affittare camere vuote a estranei per brevi soggiorni. Uber è un servizio via Internet di taxi che consente a decine di migliaia di persone di rispondere a richieste di un passaggio sulle loro auto. Ci sono centinaia di altri servizi simili che trattano l’affitto o la vendita di qualsiasi cosa, da utensili elettrici ad abiti usati e vestiti da sposa.
La cosa buona dell’economia della condivisione è che agevola l’uso di risorse sottoutilizzate. Ci sono milioni di persone con case o appartamenti che hanno stanze che restano vuote e Airbnb consente loro di trarre vantaggio da tali stanze vuote mettendo a disposizione di ospiti un luogo dove stare a prezzi che sono spesso molto inferiori a quelli praticati dagli hotel. Uber offre prezzi concorrenziali con quelli dei normali taxi e i suoi autisti sono stesso più veloci e affidabili, e possono guidare tanto o poco, a loro scelta, senza impegnarsi a turni standard. Altri servizi consentono l’uso produttivo di risorse che altrimenti se ne resterebbero ad accumulare polvere.
Ma il lato negativo dell’economia della condivisione ha ricevuto molta meno attenzione. La maggior parte delle città e degli stati tassa e regola gli alberghi e i turisti che vi soggiornano sono una fonte importante di entrate fiscali (poiché le amministrazioni si sono da tempo rese conto che una modesta tassa di soggiorno non scoraggia la maggior parte dei turisti né provoca l’ira degli elettori). Ma molti dei clienti di Airbnb non pagano le tasse imposte dalla legge.
Airbnb può anche implicare problemi di sicurezza per i propri clienti e di disturbo ai vicini degli ospitanti. Gli alberghi sono ispezionati regolarmente per garantire che non siano trappole in caso d’incendio e che non mettano a rischio i visitatori. Gli ospitanti di Airbnb non subiscono tali ispezioni e i loro vicini in condomini, edifici in cooperativa o appartamenti possono ritenere di avere il diritto di non vivere accanto a un albergo (motivo per cui le città hanno vincoli urbanistici).
Nella misura in cui Airbnb consente l’evasione di tasse e regolamenti, la società non è un valore aggiunto per l’economia e la società; semplicemente agevola una quantità di raggiri. Altri, nell’economia, saranno danneggiati sostenendo un più elevato carico fiscale o essendo costretti a vivere porta a porta con un appartamento in cui c’è un’interminabile parata di visitatori rumorosi, solo per citare due esempi.
Lo stesso può applicarsi a Uber. Uber è attualmente in contenzioso con molti regolatori su se le sue auto soddisfino le norme di sicurezza e assicurazione imposte ai taxi normali. Inoltre numerose città impongono restrizioni al numero dei taxi, nella speranza di garantire un livello di minimo di reddito agli autisti, ma se Uber e servizi collegati (come Lyft) inondano il mercato, potrebbero compromettere la capacità di tutti gli autisti di guadagnarsi persino un salario minimo.
Questo aspetto negativo della condivisione va preso sul serio, ma ciò non significa che la struttura fiscale e regolamentare attuale sia perfetta. Molte norme esistenti andrebbero modificate in quanto erano originariamente intese a servire interessi egoistici e/o sono sopravvissute alla loro utilità. Ma non ha senso sostanzialmente esentare intere classi di attività da regolamenti di sicurezza o imposte solo perché offrono i loro servizi via Internet.
Progredendo dobbiamo garantire che la struttura regolamentare consenta innovazioni reali, ma non trasformi in miliardari degli agevolatori di truffe. Ad esempio le stanze affittate via Airbnb dovrebbero essere assoggettate alle stesse tasse che pagano gli alberghi e i motel. Gli autisti e le auto di Uber dovrebbero soddisfare gli stessi standard e garantire lo stesso livello di assicurazione delle flotte dei taxi commerciali.
Se questi servizi saranno ancora vitali una volta operanti su un terreno equo di competizione offriranno all’economia un valore reale. Come stanno le cose, premiano enormemente un piccolo numero di persone per aver trovato un modo creativo di fregare il sistema.
30 maggio 2014
Fonte: http://zcomm.org/znetarticle/dont-buy-the-sharing-economy-hype/
Originale: The Guardian
traduzione di Giuseppe Volpe
Traduzione © 2014 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY-NC-SA 3.0