Mentre la Terza Guerra Mondiale si consuma sotto ai nostri occhi, i potenti si spartiscono le risorse e le poltrone e capita anche che, il figlio del vicepresidente degli stati Uniti venga chiamato ad amministrare una delle compagnie di gas naturale più importanti dell’Ucraina.
di Maria Melania Barone
Se prima era complottismo oggi è una certezza: gli Usa sono implicati nella crisi Ucraina forse più di quanto ci si immaginasse. A farlo notare è persino l’Huffington Post dopo che la notizia ha cominciato a circolare nei siti di “informazione alternativa” (cioè i giornali liberi n.d.r.) è diventato già un cult. Eppure Obama ha retto bene la parte, la stessa che deve interpretare qualsiasi vicepresidente degli States e cioè quella del “maestro della democrazia” che però ancora non riesce a chiudere la prigione di Guantanamo. Eppure adesso la notizia è reale, verificata e succulenta: il governo (golpista) ucraino assume R.Hunter Biden, figlio di Joe Biden, vicepresidente degli Stati Uniti d’America. Dove? Ma nella più grande compagnia di gas naturale dell’Ucraina, naturalmente. La Burisma Holdings è attiva dal 2009 e produce oltre 11.600 barili al giorno e commercia in gas naturale sui mercati oppure, semplicemente, rivende i barili ai privati ucraini. Se la Gazprom ha inviato una bolletta di 1 miliardo e 660 milioni di dollari per la fornitura di gas naturale relativa all’anticipo del gas del prossimo mese, capiamo che la questione si fa sempre più seria e che la Burisma Holdings incarna un perno fondamentale per la difficile economia ucraina.
Ed ecco che dopo essersi fatto recapitare una bolletta miliardaria, l’attuale presidente ucraino Arseny Yatseniuk, salito a capo del governo dopo il golpe dei mesi scorsi e sostenuto da tutto l’Occidente oltre che dall’ex premier Julia Tymoshenko, la quale ebbe già il piacere di tenero tra le sue fila dandogli una poltrona come Ministro, ha dichiarato alla stampa che “la Russia non può usare il gas naturale come arma contro il mio Paese”. Non può? E perchè? Dopo che la guerra a tirato fuori le proprie carte e l’America ha finto di essere estranea al conflitto seppur con qualche tentativo maldestro, come la dichiarazione della Nato di “esser pronta ad entrare in conflitto” e quelle dell’Italia che si è detta “pronta a una spedizione di pace”. Spedizioni, guerre che si pongono in aperto conflitto con la convenzione Onu. Interventi militari volti a sedare violazioni delle carte internazionali ma che si muovono sullo stesso piano di illegalità come ricordava Gino Strada a Servizio Pubblico e, inoltre, ricchissime di segreti. Segreti indicibili e inciampi plateali come l’assunzione del figlio del vicepresidente Usa che ormai sta facendo discutere persino gli americani. Dall’altra parte abbiamo Putin, quello che “non può usare il gas naturale contro l’Ucraina” e che in compenso si deve vedere sabotare un governo Ucraino mediante un golpe di stato volto a privilegiare gli Stati Uniti nel commercio globale del gas, persino ai danni della stessa Europa (costellata di basi Nato n.d.r.). Non sono bastate nemmeno le prove di dialogo tra Italia, Germania e Russia ad allontanare le ingerenze di Obama che, in tutta risposta è venuto proprio in Italia, con tanto di riverenze fuori all’aereo per ricordarci che l’America potrebbe essere un valido sostituto della Russia (trattenere le risate prego) in fatto di fornitura di gas naturale. Però Obama ha dimenticato di dire che il progetto di gasdotto transoceanico è pura fantascienza, ovviamente ha omesso anche che la liquefazione del gas trasportato su navi è molto dispendioso, poco remunerativo e soprattutto molto pericoloso. Oltre a costituire un bersaglio in più per i terroristi infatti, è fortemente soggetto a inquinamento in mare e chi pagherà i danni? E gli sprechi? Ma naturalmente noi, l’Italia, la stessa che ci ha rimesso con la guerra in Libia.
Non ci sono né vincitori nè vinti in questa guerra come in ogni guerra. Quando vediamo i potenti giocare col destino del popolo, non possiamo dimenticare queste immagini: l’Attentato in Ucraina presso una sede sindacale. Riposino in pace. Amen.