Foto: Scontri con la polizia israeliana in Shuafat, un sobborgo arabo di Gerusalemme 2 LUGLIO 2014 (foto REUTERS : Baz Ratner Fonte-. Al monitor)
di Max Blumenthal – Electronic Intifada
Roma, 14 luglio 2014, Nena News – Alle 6 del mattino del 30 giugno i corpi di Frenkel, Shaar e Yifrach vengono trovati presso Halhoul, all’ingresso nord di Hebron, nella Cisgiordania occupata. Giacciono in una fossa poco profonda sulla terra di proprietà di Marwan Qawasmeh, uno dei due uomini sospettati del loro rapimento e dell’uccisione.
I corpi non vengono scoperti dallo Shin Bet, ma da una squadra di volontari del Campo Scuola di Kfar Etzion che aveva guidato i soldati alla posizione. Da parte sua, l’esercito era stato troppo occupato a invadere case palestinesi in settori lontani come Nablus per setacciare a fondo la proprietà di un sospetto a meno di 10 chilometri dal luogo del rapimento.
Ore dopo la scoperta, le forze israeliane hanno azionato cariche esplosive all’interno delle case delle famiglie Qawasmeh e Abu Eishe. La distruzione ha seguito l’annuncio fatto dall’esercito di ripresa della sua politica di demolizioni punitive contro le famiglie di palestinesi accusati di terrorismo.
Quel pomeriggio, Netanyahu ha dato il la per la risposta nazionale, pubblicando sul suo account personale di Twitter alcune osservazioni che aveva appena fatto in una riunione di gabinetto:
I commenti di Netanyahu hanno lasciato perplessi gli estranei, ma per quelli incorporati all’interno dei confini stretti della vita ebraica israeliana, avevano un suono familiare.
Da Chisinau a Gerusalemme
La dichiarazione di Netanyahu allude alla strofa finale di una poesia dello scrittore ebraico Chaim Bialik dal titolo “Sul massacro”:
Maledetto colui che dice: “Vendicami”
Una vendetta come questa, la vendetta per il sangue di un bambino,
Satana stesso non l’ha messa a punto-
Lasciate che il sangue penetri l’abisso!
Lasciate che il sangue penetri le profondità delle tenebre,
Lasciate che divori le tenebre e danneggi
Tutte le fondamenta marce della terra.
Nel versetto di Bialik, un lamento bruciante ancorato nel linguaggio biblico, il poeta ha drammatizzato un brutale pogrom del 1903 incitato dallo zar russo che ha lasciato decine di ebrei morti nella città di Chisinau.
Bialik ha proseguito il suo primo racconto di Chisinau con “La città del massacro”, un lavoro incendiario che rimproverava le vittime del pogrom per la loro presunta passività di fronte ai saccheggiatori armati (I racconti della resistenza feroce da parte dei locali sono stati convenientemente trascurati.). La poesia ha contribuito a radicalizzare migliaia di giovani ebrei in tutta l’Europa orientale, ispirando la formazione di comitati di autodifesa e facendo guadagnare ondate di aderenti alla filosofia militante del sionismo. Tra quelli più influenzati da Bialik c’era Vladimir Jabotinsky, un attivista della destra sionista che in seguito sarebbe diventato il benefattore politico del padre di Netanyahu, Benzion.
Nella sua grezza appropriazione dei versi di Bialik, Benjamin Netanyahu ha scritturato il militante palestinese al posto del pogromist russo, tracciando una linea senza soluzione di continuità tra l’incubo ebraico pre-guerra, l’Europa e l’esperienza israeliana odierna. Nella visione di Netanyahu, gli “animali umani” della Palestina hanno ereditato lo spirito genocida delle manifestazioni dello zar e potrebbero ripetere i loro crimini a meno che gli ebrei non siano pronti a combattere.
Naturalmente, gli ebrei israeliani sono l’esatto opposto degli abitanti degli shtetl di fine secolo circondati da pogrom e pulizia etnica. A differenza dei superati perseguitati dell’Europa orientale, gli ebrei israeliani dispongono di una nuclearizzata, alta potenza militare che tiranneggia su un’emarginata, in gran parte indifesa popolazione palestinese con il pieno sostegno delle superpotenze del mondo.
Da parte sua, Netanyahu ha più cose in comune con lo zar russo che incitava contro le minoranze religiose per deviare l’attenzione dai suoi problemi politici che con Bialik, lo scribacchino itinerante che ha incanalato il dolore dei membri più deboli della sua società.
Lo sfruttamento della persecuzione storica ebraica è stata una caratteristica costante della retorica di Netanyahu, in mostra audace durante un discorso televisivo a livello nazionale lo scorso ottobre, quando senza alcun fondamento ha accusato il movimento nazionale palestinese di aver avuto un ruolo diretto nella Shoah.
Questa volta, in mezzo a un ambiente pericolosamente sotto pressione, la demagogia ha contribuito a mettere in moto un’ondata di violenza stile vigilantes che ha minacciato di inghiottire l’intera società israeliana. Poi Netanyahu è sgattaiolato via dalla vista del pubblico, mantenendo un silenzio cospicuo per diversi giorni mentre gli elementi estremisti che aveva incoraggiato stavano prendendo il controllo delle strade.
“Omicidi, sommosse, incitamento, vigilantismo “
Mentre folle di giovani ebrei si allargavano a ventaglio nel centro di Gerusalemme a cantare “Morte agli arabi” e a cercare i palestinesi per aggredirli, i soldati israeliani in servizio attivo usavano Facebook per chiedere vendetta, pubblicando foto di se stessi con le armi che bramavano di usare.
Grazie a un sondaggio dell’opinione pubblica israeliana effettuato dopo il funerale dei tre ragazzi israeliani che mostrava il partito di estrema destra Casa ebraica guadagnare terreno sulla destra del Likud, parvenu politici israeliani si sono precipitati a pubblicare bandi per la vendetta di sangue e l’”annientamento” di Hamas. Ayelet Shaked, un astro nascente del partito di destra Casa ebraica, ha pubblicato un invito al genocidio dei palestinesi su Facebook che ha guadagnato migliaia di “like” di israeliani.
Il rabbino Noam Perel, segretario generale del Bnei Akiva, il più grande movimento giovanile sionista religioso del mondo, ha alzato la posta sul fanatismo quando ha chiesto la trasformazione dell’esercito israeliano in un esercito di vendicatori “che non si fermerà a 300 prepuzi di Filistei”. L’appello di Akiva alludeva al primo libro di Samuele, in cui il personaggio biblico Davide uccide duecento Filistei e riporta il prepuzio come prova della sua missione compiuta.
Sullo sfondo della febbre all’incitamento, una piccola automobile entrava nelle vie secondarie di Shuafat, un quartiere palestinese di Gerusalemme Est, il 2 luglio. Dietro le finestre oscurate c’erano giovani arrabbiati a caccia di ragazzi arabi.
A seguito del rapimento fallito di un bambino di dieci anni nello stesso quartiere il giorno prima, un gruppo di uomini ha afferrato un 16enne di nome Muhammad Abu Khudair, lo ha gettato nella propria auto ed è corso via. Abu Khudair è stato trovato morto la mattina dopo nei boschi di Givat Shaul appena a ovest di Gerusalemme, con ustioni sul 90 per cento del suo corpo.
Come fatto dopo il rapimento dei tre ragazzi israeliani, lo Shin Bet ha imposto un ordine di censura sulle indagini, apparentemente nella speranza di ritardare la notizia che Abu Khudair fosse stato vittima dell’estremismo ebraico. E come prima, la polizia ha inondato i media israeliani con la disinformazione, questa volta insinuando che l’adolescente assassinato era stato ucciso da membri della sua famiglia perché gay.
Electronic Intifada ha ottenuto le immagini a circuito chiuso che mostrano i volti dei presunti assassini di Abu Khudair proprio mentre lo rapivano. Il video è stato tenuto nascosto per diversi giorni al pubblico israeliano nel quadro di un nuovo ordine di censura dello Shin Bet. Quando la polizia ha finalmente arrestato i sospetti assassini di Abu Khudair, essa ha curiosamente messo in scena una conferenza stampa simultanea su un omicidio non correlato di una giovane donna ebrea, suggerendo senza alcuna prova evidente che era stata vittima di un terrorista palestinese.
Il 4 luglio l’autopsia ha rivelato che gli assassini di Abu Khudair lo avevano bruciato vivo. Le proteste e i disordini si sono diffusi da Shuafat a tutta Gerusalemme Est e nelle zone del nord di Israele. Nel frattempo, i nazionalisti ebrei manifestavano su Facebook per organizzare più linciaggi.
Netanyahu era emerso brevemente il giorno prima per una cerimonia di commemorazione dell’Independence Day presso il consolato degli Stati Uniti a Gerusalemme. Con l’ambasciatore americano in Israele Dan Shapiro seduto al suo fianco, il primo ministro è stato costretto a confrontarsi con l’abbuffata di razzismo che ha contribuito a ispirare.
Parlando in inglese a uso e consumo dei suoi ospiti americani, Netanyahu aveva dichiarato che “Omicidi, sommosse, istigazione e vigilantismo non trovano posto nella nostra democrazia. E sono questi valori democratici che ci differenziano dai nostri vicini e ci uniscono agli gli Stati Uniti”.
Fuori, il caos non mostrava alcun segno di allentamento. Nena News
Traduzione a cura della redazione di Nena News
14 luglio 2014