Manca l’ammissione di colpa sulla scelta di defenestrare Gheddafi da parte dei governi francese e britannico
La Francia in profonda crisi politica ed economica da superdeficit europeo intende organizzare una nuova spedizione militare nella Libia del caos. Ma non molti sono pronti a seguirla. Il presidente Hollande ci prova con l’italiano Renzi che dice ‘No grazie’. Ma l’allarme al mondo pare sensato.
di Ennio Remondino
«La Libia è ormai un Paese completamente destrutturato e soprattutto rappresenta la porta dell’ Europa, la porta dell’Africa per il terrorismo internazionale. In questo Paese i jihadisti mantengono intatte le loro reti relazionali, comprano armi dal mercato nero e continuano a gestire la tratta di esseri umani, i rapimenti e anche lo smercio di droga, seppur in misura minore«». Intervista del titolare del Quai d’Orsay che cita anche due noti signori della guerra che imperversano nel Sahel e nell’Africa del Nord: «Capi come l’emiro Drougdal o Mokhtar Belmokhtar che sono sempre lì».
Bei personaggi. Abdelmalek Droukdel è il capo di AQIM, Al Qaeda nel Maghreb Islamico, gruppo terroristico che la Francia ha già combattuto in Mali nel 2013 nell’ “Operazione Serval”, mentre Mokhtar Belmokhtar è la primula rossa di origine algerina che oggi gestisce il mercato nero in tutta la regione e che ha connessioni con il mondo della jihad islamica, pur impersonando più la figura del predone che quella del combattente islamico. Entrambi sono da tempo nel mirino del DGSE, il servizio segreto di Parigi, e rappresentano uno dei principali obiettivi-simbolo per la Francia.
Situazione oggi. 1) La Libia non ha più una leadership, 2) c’è il rischio di un’interruzione delle forniture petrolifere verso l’Europa, 3) tutto il territorio nazionale è attraversato da faide tribali ed egoismi settari, 4) una parte del Paese è finita sotto il controllo delle milizie islamiche sunnite di Ansar Al Sharia, 5) un’altra porzione è sotto il controllo di Khalifa Haftar, il golpista libico detto il “generale free lance”, ex uomo Cia sconfitto a Bengasi e a Tripoli. Conclusione: se la Libia è fuori controllo, per l’Eliseo serve un nuovo intervento militare, che rimedi al danno fatto allora da Parigi.
Parigi che sponsorizza la seconda guerra in Libia in meno di quattro anni, è oggi in cerca di alleati per finire il lavoro. Ma non molti sembrano intenzionati a seguire la Francia. Il Regno Unito, con di Parigi in tante battaglie ha ben altro cui pensare, con referendum per l’indipendenza della Scozia che incombe sul governo Cameron e suo Regno stesso. Rivoluzione politico militare possibile in casa occidentale con l’incognita Scozia. Patti Nato e le tre basi operative della Royal Navy in Scozia e, soprattutto, dei sottomarini nucleari? Per Downing street, di questi tempi la Libia è ben lontana.
Anche gli Stati Uniti hanno altre priorità. Fronti siriano e iracheno contro lo Stato Islamico. Una mano da Washington potrebbe arrivare dal cielo. Barack Obama ha autorizzato raid aerei contro lo Stato islamico “dovunque si trovi” e quest’affermazione potrebbe giustificare anche un’azione in Libia agli occhi del Congresso, data la teorica affiliazione degli islamisti di Bengasi al Califfato Islamico. Algeria strategica. Secondo fonti turche, Algeri starebbe valutando l’apertura dello spazio aereo per consentire eventuali bombardamenti franco-americani e il trasporto logistico delle truppe.
Infine Roma. Il nostro Paese risponde in via ufficiosa -testimonianza da Look Out- che “non sono in previsione azioni militari”. Tutt’al più, il ministero della Difesa potrebbe fornire aiuti e stanziare un piccolo budget, anche se le scorte di vecchi kalasnikov balcanici stanno esaurendosi. Strategia dell’ Italia in Libia appare ancora oltremare. Per Francois Hollande un magro bottino al momento e grossi problemi in casa e in Europa. Possibile che a Parigi sia rimasta solamente la Françafrique? E c’è la forza politica di agire da sola in un’area di crisi di capitale importanza per il Mediterraneo?