di Stephen Lendman
Netanyahu è un delinquente di livello mondiale. Sta scatenando una guerra genocida in Palestina. L’Operazione Margine di protezione [ Operation Protective Edge (OPE) ] è l’ultimo esempio. La carneficina e le distruzioni sono state raccapriccianti. James Petras definisce Israele uno “stato genocida”.
“Cittadini e soldati, criminali e professionisti, torturatori e sociopatici … coesistono in una stessa persona”, dice.
Sterminare i palestinesi è la politica ufficiale. E’ perseguita coscientemente. E’ condotta con “selvaggio entusiasmo”. Gode del pieno sostegno occidentale. Washington sostiene la sua macchina di morte. Solo gli israeliani hanno diritti. I palestinesi sono usati, abusati, massacrati in massa e sterminati. Gli stati canaglia agiscono in questo modo. Israele e l’America sono quanto di peggio ci sia al mondo. Sono soci dei rispettivi crimini. Agiscono al di fuori del diritto. Scatenano la guerra sull’umanità. Rivendicano il diritto divino di fare quel che diavolo gli piace. La fanno franca perché chi volete che li fermi. L’umanità non può sopravvivere alla loro follia.
Venerdì, 43 riservisti dell’esercito israeliano ed ex membri dell’intelligence hanno pubblicato una lettera aperta. Si sono rivolti a Netanyahu e ai vertici militari. Hanno il loro grado, solo il nome o le iniziali. Fra di loro un maggiore della riserva e due capitani. Hanno mantenuto segrete le loro identità. Hanno fatto così per evitare sicure ritorsioni. Israele non accetta alcuna critica. Fa di tutto per sopprimerla.
I firmatari hanno denunciato gli alti crimini di Israele contro la pace. Hanno condannato lunga punizione collettiva. Si rifiutano ormai di servire. Vogliono nessuna parte della macchina di morte di Israele. Sono stati chiari ed inequivocabili nel dire:
“Non c’è distinzione tra i palestinesi che sono, o non sono, coinvolti nelle violenze. Le informazioni che vengono raccolte e memorizzate danneggiano persone innocenti. Sono utilizzate per la persecuzione politica e per creare divisioni all’interno della società palestinese, attraverso il reclutamento di collaboratori e per dirigere parti della società palestinese contro sé stessa. Non possiamo in buona coscienza continuare a servire questo sistema, negando i diritti di milioni di persone. Quelli tra noi che sono riservisti, si rifiutano di partecipare ad azioni dello stato contro i palestinesi. Noi, veterani dell’unità 8200 (l’equivalente in Israele dell’NSA) [NSA: Nationa Security Agency, ndt], i soldati della riserva sia del passato che gli attuali, dichiariamo di … rifiutarsi di continuare a servire come strumenti per approfondire il controllo militare sui Territori Occupati. Si ritiene comunemente che il servizio nell’intelligence militare sia privo di dilemmi morali e contribuisca solo alla riduzione della violenza e ai danni a persone innocenti. Tuttavia, il nostro servizio militare ci ha insegnato che l’intelligence è una parte integrante dell’occupazione militare israeliana sui territori.”
Le informazioni che vengono raccolte e memorizzate “danneggiano persone innocenti. Sono utilizzate per la persecuzione politica e per creare divisioni all’interno della società palestinese, attraverso il reclutamento di collaboratori e per dirigere parti della società palestinese contro sé stessa”.
I firmatari dell’Unità 8200 hanno ammesso di spiare le “preferenze“ sessuali dei palestinesi. Lo hanno fatto per ricattarli. Per arruolare collaboratori contro il loro stesso popolo. “Chiediamo a tutti i soldati in servizio nell’Intelligence Corps, presenti e futuri, insieme con tutti i cittadini di Israele, di levare la loro voce contro queste ingiustizie e di agire per farle cessare”.
Daniel è un capitano della riserva. Ha detto che per raccogliere le firme ha richiesto quasi un anno. “C’erano timori di come la gente, e gli amici dall’unità, avrebbero potuto reagire – se avessero saputo che ero stato io o se non l’avessero saputo”, ha detto. “Io mi sentirei a disagio con la mia coscienza se continuassi a prestare servizio, e invece di affrontare i dilemmi e le conseguenze, ho scelto di prendere una strada più ambigua”, ha detto. Lo chiama un espediente da “mercato grigio”. Lo ha usato per tre anni.
“Ora, in seguito, riteniamo che l’ambiguità sia sbagliata, e che dobbiamo assumerci la responsabilità”, ha spiegato. “Alla fine, ho servito lì per sette anni. Ho creduto in quello che abbiamo fatto lì – e per tutti questi motivi. Devo assumermi la responsabilità di quello che ritengo come il perpetuarsi del ciclo della violenza. Speriamo che la gente rifletta criticamente su queste cose”.
Un portavoce dell’IDF ha dichiarato che l’Unità 8200 “ha lavorato fin dal giorno della sua costituzione per raccogliere informazioni che permettono all’esercito e alle agenzie di sicurezza di svolgere i loro compiti, e ogni giorno aiuta a proteggere i cittadini dello stato di Israele”. Ha mentito nell’affermare di non essere a conoscenza dei crimini che i firmatari hanno rivelato. E’ “sconosciuto nella direzione di intelligence”, ha detto.
L’ex comandante dell’Unità 8200, il generale di brigata della riserva Hanan Gefen ha accusato i firmatari di una “grave violazione della fiducia”, dicendo:
“Se questo è vero e se fossi l’attuale comandante dell’unità, li metterei tutti sotto processo e chiederei per loro delle pene detentive, e li allontanerei dall’unità. Stanno usando le informazioni di cui sono venuti a conoscenza nel corso delle loro funzioni per promuovere la loro posizione politica”.
Un firmatario ha detto che “ritiene che tutti noi, che abbiamo firmato la lettera l’abbiamo fatto perché abbiamo capito che riusciamo a dormire bene la notte”. Non sono i soli. L’organizzazione Breaking the Silence si definisce:
“un’organizzazione di veterani combattenti che hanno servito nelle forze armate israeliane dall’inizio della Seconda Intifada e si sono impegnati a rivelare al pubblico israeliano la realtà della vita quotidiana nei Territori occupati. Cerchiamo di stimolare il dibattito pubblico sul prezzo pagato per una realtà in cui giovani soldati affrontano quotidianamente una popolazione civile, e sono impegnati nel controllo della vita quotidiana della popolazione. I soldati che servono nei Territori sono testimoni e partecipano ad azioni militari che li cambiano immensamente. I casi di abuso nei confronti dei palestinesi, saccheggi e distruzione di proprietà sono stati la norma per anni, ma sono ancora spiegati come casi estremi e unici. Le nostre testimonianze ritraggono un quadro diverso, e molto più cupo in cui il deterioramento degli standard morali trova espressione nel carattere degli ordini e delle regole di ingaggio, e sono giustificati in nome di la sicurezza di Israele”.
Breaking the Silence è stato istituito per “chiedere conto (per i crimini di Israele) nei Territori occupati perpetrati da noi nel nostro nome”. Yehuda Shaul è un co-fondatore di Breaking the Silence. Le azioni israeliane durante l’Operazione Margine di protezione erano “impensabile pochi anni fa”, ha affermato.
Interi quartieri sono stati distrutti. Così come le famiglie che li abitavano. Uomini non combattenti, donne e bambini sono stati consapevolmente presi di mira. Sono stati assassinati in massa a sangue freddo. “Da un’operazione all’altra, Israele e l’IDF stanno semplicemente andando in malora” ha detto Shaul. “Come paese, la bassezza morale raggiunta nella precedente operazione è il punto da cui si parte la prossima. E’ così che si va avanti. L’Operazione Margine di protezione ha proseguito da dove l’Operazione Piombo Fuso si è conclusa”.
La strategia israeliana rispecchia la follia. E’ “folle”, ha detto Shaul. “Tutto ciò che facciamo noi è giusto, e tutto ciò che fanno loro è sbagliato”. I palestinesi sono considerati subumani. Gli israeliani ignorano la loro sofferenza. “E’ quasi un crimine in Israele avere empatia (per loro), anche se si sta parlando di donne e bambini”, ha detto Shaul.
I soldati israeliani “pensano molto a quanto è giusto e sbagliato”. Shaul ritiene che abbiano consapevolmente svolgono mansioni contrarie ai loro principi morali. Superano un limite dopo l’altro. Solo dopo molte volte comprendono appieno come abbiano violato il loro codice morale. Allo stesso tempo, si adattano. Sono usati per fare cose che sanno essere sbagliate.
“L’atmosfera in Israele (è) pessima” oggi, ha detto Shaul. Ancora peggio che durante i conflitti precedenti. Non c’è “alcuno spazio interrogarsi, assolutamente nessuno spazio. Non sto parlando solo dei media. Ci sono stati molti manifestanti contro la guerra picchiati a Tel Aviv e Haifa da bande che hanno dovuto essere portati all’ospedale. E la polizia non ha fatto nulla per proteggerli”.
Allo stesso tempo, i funzionari israeliani hanno chiesto la distruzione di intere comunità di Gaza. Le loro voci soffocare quelle sane. Quelli critiche “difficilmente ottengono una qualche visibilità in questi giorni”, ha detto Shaul. Sono in gran parte tagliati fuori.
Le cose oggi sono peggio di quanto si sia mai visto. Vige un apparato di regole da stato di polizia. Il dissenso è verboten. L’occupazione militare persiste. Gaza è un eterno campo di battaglia. L’intera popolazione è vulnerabile. “Continuiamo a costruire insediamenti”, ha detto Shaul. “Aumentiamo la nostra dittatura militare sui palestinesi. Israele non sta cercando una via d’uscita. Ci stiamo trincerando. Stiamo facendo tutto il possibile per mantenere l’occupazione”.
Per negare ai palestinesi i diritti che meritano. Per brutalizzarli. Per eliminarli. Per sterminarli. Per rendere Israele etnicamente puro. Per farlo sopra i cadaveri di uomini palestinesi, donne, bambini, neonati, anziani e infermi. Per scatenare una guerra genocida contro di loro. Per farla franca perché chi mai farà interverrà responsabilmente.
Breaking the Silence è stata fondata nel marzo 2004, oggi conta oltre 1.000 membri. Levano la loro voce coraggiosamente. Raccontano le loro storie. Rifiutano illegalità israeliana. Credono che Israele sia la più grande minaccia verso sè stessa. La sua occupazione militare. La sua iniziativa degli insediamenti. Il suo razzismo istituzionalizzato. Il suo modo di trattare i palestinesi come subumani. Scatenare una guerra senza pietà per sterminarli.
“Il trattamento verso i palestinesi è la più grande minaccia per Israele”, sostiene Shaul. “Mina la (sua) legittimità”. La politica israeliana non dovrebbe essere “o noi o loro. E’ esattamente il contrario”.
La sicurezza di Israele “dipende da uno stato palestinese sovrano accanto a noi e nel dare dignità e diritti ai palestinesi. In Israele, siamo ora in una lotta per il cuore e l’anima della nostra società. Gli interrogativi sono: chi siamo noi come società? in che paese vogliamo vivere? La domanda è se buttare tutte queste bombe sulle famiglie è qualcosa di accettabile ai nostri occhi o no”.
Israele rifiuta sistematicamente tutte le leggi, le norme e gli standard internazionali sui diritti umani. La moralità non è il suo forte. Si attende da tempo che venga chiamata a risponderne.
Stephen Lendman vive a Chicago. Può essere raggiunto a lendmanstephen@sbcglobal.net. Il suo nuovo libro, che ha curato e a cui ha contribuito, è intitolato “Flashpoint in Ukraine: US Drive for Hegemony Risks WW III.” [ “Situazione esplosiva in Ucraina: la spinta Usa per l’egemonia rischia la Terza guerra mondiale” ] http://www.claritypress.com/LendmanIII.html Il suo blog è sjlendman.blogspot.com.
14 settembre 2014