Sembra necessario, ancora, chiarire il significato dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, per dissolvere quelle che nella confusione di massa creata e consolidata in un trentennio dai vertici di “sinistra” politica e sindacale, ha portato a sostenere che tale norma è espressione di “civiltà”
Tale espressione impedisce ai lavoratori (oltre che ai cittadini), di riprendere coscienza strettamente di classe, che l’articolo 18. non a caso datato al 1970, è stato introdotto per esprimere la convergenza dei principi sociali, su cui si fondal’autonomia sindacale, quindi la convergenza del ruolo del sindacato con il ruolo politico democratico di intervento del legislatore, rivolto a coniugare i principi sociali e politici che caratterizzano la Costituzione italiana con i suoi Principi Fondamentali.
Infatti, in questa fase dominata dall’equivoco concetto di “globalizzazione” dell’economia (equivoco e anche infondato rispetto al modo in cui è stato inteso dalla cosiddetta “sinistra”), si vuol far perdere di vista alla classe operaia che l’impresa rimane comunque un istituto di potere a livello innanzitutto nazionale. Come dimostra (anche) la preoccupazione della stessa Confindustria e dei suoi alleati di abolire l’articolo 18.
E ciò proprio perché con tale articolo, il potere ordinatorio della magistratura di rimuovere i licenziamenti illegittimi , è lo strumento di prolungamento del potere sindacale al livello politico, mediante la connessione tra due poteri statali, come il potere legislativo (Legge 300 del 70, S. d. Lavoratori) e il potere giurisdizionale di ordinare all’impresa il reintegro del lavoratore e di condannarla al risarcimento del danno illegittimamente subito dal lavoratore.
Come si vede, quindi, l’art. 18 interferisce, in una prospettiva democratica oggi arrestatasi, sia con il diritto dell’impresa sia con il diritto del lavoro e sia con il diritto sindacale: cosa che sfugge anche alla stessa FIOM impegnata in una difesa dei “diritti” dei lavoratori che è resa vana nel (e dal ) misconoscere chel’articolo 18 coinvolge i poteri dello stato, del sindacato e dell’impresa, per piegare il mercato – a favore dei lavoratori come corpo sociale e nei diritti che ne derivano – mediante il riconoscimento istituzionale della forza di pressione dei poteri democratici sia dello Stato sia del sindacato.
Occorre quindi che non solo i partiti ma anche il sindacato – e qui il pensiero va a quella parte di sindacato che mostrano un maggiore criticità e volontà di lotta – ponga la massima attenzione ai problemi della revisione della forma di governo e delle legge elettorale a favore del proporzionale integrale, se si vuole che la rappresentanza sindacale possa ancora e come all’epoca dell’emanazione dello Statuto dei lavoratori, svolgere il ruolo assegnatogli dall’articolo 39 della Costituzione.
Salvatore d’Albergo e Angelo Ruggeri – del Movim. Naz. Antifascista Difesa e Rilancio della Costituzione