Marsonet ci svela «l’ossessione Ucraina» di Obama che voleva punire Putin per la questione della Crimea
Da noi si chiama ‘scarica barile’. A Washington il giochino risulta pericoloso. Obama ammette che il pericolo jihad è stato sottovalutato ma scarica sulla Cia. Escono rapporti allarmanti di un anno prima. Per la Casa Bianca il Califfato non era una priorità, e la crisi strategica era in Ucraina.
di Michele Marsonet
E così a Washington cominciano a volare gli stracci. E non si tratta certo di stracci da poco, tenendo conto che stiamo parlando degli Stati Uniti d’America, e non di una qualsiasi Repubblica delle banane.
Pochi giorni orsono Barack Obama, nel corso di una trasmissione televisiva molto seguita, ha ammesso che la politica estera USA non ha saputo affrontare per tempo – e in modo adeguato – la tremenda minaccia derivante dalla nascita del Califfato islamico di Al Baghdadi.
Fin qui nulla di nuovo. Il Presidente si è limitato a dire cose ovvie, sulle quali tutti possono concordare. Il problema però nasce dai motivi che l’inquilino della Casa Bianca ha fornito per giustificare la débacle. “Non è colpa mia – ha in sostanza sostenuto – perché non sono stato bene informato da chi aveva il dovere di farlo”.
La sede centrale della Cia a Langley
Apriti cielo. Il gioco dello scaricabarile – del resto poco consono al Presidente della maggiore potenza mondiale – non è stato per niente gradito dai destinatari del messaggio, vale a dire i servizi segreti USA.
Immediata la reazione della CIA che, con toni inusuali nel contesto americano, ha immediatamente risposto facendo filtrare un comunicato anonimo ma durissimo nella sostanza. Le affermazioni di Obama sarebbero del tutto infondate, poiché pare che già nel 2013 i servizi avessero allertato l’attuale amministrazione circa il pericolo crescente posto dall’avanzata dell’ISIS in Siria e Iraq, e dalla manifesta incapacità dell’esercito iraqeno, addestrato dagli USA, di fronteggiare tale pericolo.
Ma il suddetto comunicato, che è a dir poco velenoso, non si limita a questo. Vi si sostiene infatti che l’allarme non venne preso sul serio dal Presidente, che era totalmente concentrato su altri fronti di crisi.
Usare il plurale è però improprio. Il fronte che assorbiva per intero l’attenzione di Obama è in realtà uno solo, e la sottovalutazione della minaccia ISIS va ricondotta alla sua ossessione per l’Ucraina e alla volontà di “punire” Putin a ogni costo per la questione della Crimea e per l’appoggio agli insorti filorussi nella parte orientale di quel Paese.
Non solo. I servizi segreti USA dicono a chiare lettere che, per la Casa Bianca, il Califfato non rappresentava una priorità, essendo l’amministrazione convinta che gli Stati Uniti dovessero affrontare un problema internazionale ben più grave e difficile.
Il presidente ucraina Poroshenko con lo statunitense Obama
E a questo punto si arriva alla commedia. Al portavoce di Obama, Josh Earnest, è stato allora ordinato di smentire decisamente l’illazione (sic) che il Presidente intendesse scaricare sulle spalle dei servizi il disastro verificatosi in Iraq e Siria. Il problema è che nessuno crede alla smentita, e in pratica tutti prendono invece sul serio il comunicato di matrice CIA prima menzionato.
Questa è, dunque, l’aria che si respira attualmente a Washington. E giova pure aggiungere altri fatti. Si colgono sempre più spesso segnali di disagio e inquietudine nei vertici delle forze armate statunitensi. Generali e ammiragli non riescono a capire cosa Obama abbia in mente.
Sul versante politico gli attacchi repubblicani diventano via via più pesanti ma, elemento ancor più importante, la sfiducia viene manifestata anche da settori consistenti dello stesso partito del Presidente, quello democratico.
In un momento di crisi così grave non è certo la migliore situazione possibile. Alcuni esponenti della destra repubblicana hanno addirittura parlato di “impeachment”, ipotesi fantasiosa giacché negli USA tale procedura si avvia solo nel caso il Presidente commetta gravi reati (tipo Nixon, per intenderci). Resta comunque la constatazione che la presenza di un personaggio come Obama nello Studio Ovale non fa dormire sonni tranquilli a nessuno.
2 ottobre 2014