Alan Gilman
La National Football League (NFL), [ per “football” si intende il cosiddetto “rugby americano” ] che per anni ha contestato le prove che i suoi giocatori hanno un elevato tasso di danni cerebrali, ha ammesso in documenti della corte federale che ritiene che un terzo dei giocatori che si sono ritirati sviluppi patologie cognitive a lungo termine e che queste situazioni tendano ad emergere in “età considerevolmente inferiori” che nel resto della popolazione.
Queste risultanze sono state rivelate a Filadelfia l’11 settembre 2014, quando il giudice distrettuale Anita Brody ha rilasciato centinaia di documenti di una class action intentata da 4500 ex giocatori. In questa causa i giocatori hanno sostenuto che la Lega si è impegnata in uno “sforzo concertato di inganno e diniego” nella trattazione dei traumi, e che aveva intenzionalmente nascosto loro il pericolo dei colpi e il conseguente danno cerebrale.
La causa è stata inizialmente promossa nel 2011, ed era stata la risposta dei giocatori al decennale diniego della NFL di qualsiasi connessione tra i ripetuti colpi sostenuti dai giocatori e l’alta incidenza di demenza, morbo di Alzheimer, sclerosi laterale amiotrofica (SLA) e morbo di Parkinson patiti da un numero rilevante di giocatori.
E’ diventato comunemente noto che parecchi ex giocatori soffrivano di una comparsa anticipata di demenza. Molti altri si sono suicidati a tassi allarmanti. Tra questi: Terry Long nel 2005, Andre Waters nel 2006 e Junior Seau, Dave Duerson e Ray Easterling nel 2012. Le famiglie di questi giocatori hanno insistito perché il cervello di questi giocatori fosse sottoposto ad autopsia per la ricerca di danni cerebrali. Per tutti è stata successivamente diagnosticata encefalopatia traumatica cronica (ETC).
L’ETC che, allo stato, può essere diagnosticata solo postmortem, è una malattia neurologica progressiva che si trova per lo più nel cervello dei pugili e di altri che una storia di colpi multipli, e che crea un legame diretto tra i traumi cranici e la demenza nel seguito della vita.
La linea ufficiale della NFL è stata che i colpi non hanno effetti a lungo termine sulla salute. Per sostenere questa posizione la NFL ha replicato i metodi dell’industria del tabacco, che per decenni aveva negato che il fumo avesse qualsiasi effetto nocivo sulla salute. La multimiliardaria NFL, così come “Big Tobacco”, ha utilizzato ben pagati “esperti” per sostenere l’affermazione i colpi connessi al football avevano solo minimi effetti a breve ed erano per il resto innocui. Questi stessi ben pagati imbonitori sarebbero serviti anche per screditare ed intimorire chiunque affermasse il contrario.
Con tanti ex giocatori affetti da demenza, e dai ripetuti rilevamenti di ETC in giocatori deceduti, 34 su 35 nel 2012, i proprietari della NFL decisero che per il loro tornaconto economico occorreva limitare i danni finanziari. Perciò nel 2013 la Lega raggiunse un accordo provvisorio di 765 milioni di dollari riguardo ai danni cerebrali dovuti ai colpi tra i suoi 18.000 giocatori ritiratisi. Uno dei principali termini dell’accordo era che l’accordo “non può essere considerato un’ammissione di colpa della NFL, o un’ammissione che le lesioni dei querelanti erano state provocate dal football”.
Molti giocatori contestarono questo accordo in quanto intesero giustamente che non avrebbe coperto gli enormi costi associati con l’assistenza a giocatori con danni cerebrali. Di conseguenza la corte è stata successivamente costretta a bocciare questa iniziale proposta di accordo.
A luglio, comunque, la corte ha annunciato che era pronta ad accettare una nuova proposta che aumentava il risarcimento. Molti giocatori, però, non intendevano accettare quest’ultimo accordo senza avere l’opportunità di esaminare come questi costi futuri erano stati calcolati. Pertanto a seguito di queste pressioni la corte ha rilasciato i documenti che mostravano come le parti erano giunti alle loro cifre dell’accordo.
Questi documenti hanno rivelato che la NFL e i principali avvocati prevedono ora che circa 6.000 dei 19.400 giocatori ritiratisi, vale a dire il 28 per cento, svilupperanno l’Alzheimer o almeno una lieve demenza. A molti di più verrà diagnosticata la SLA o il morbo di Parkinson nel corso della vita.
I loro calcoli hanno mostrato che i giocatori sotto i 50 anni avevano una probabilità dello 0,8 per cento di sviluppare l’Alzheimer o la demenza, otto volte maggiore del tasso della popolazione generale, che è dello 0,1 per cento. Per i giocatori tra i 50 e i 54 anni il tasso era dell’1,4 per cento, 14 volte maggiore. Il divario tra i giocatori e la popolazione generale aumenta con l’età.
Questi risultati confermano quello che gli scienziati hanno detto da anni: la pratica del football comporta ripetuti traumi cerebrali che aumenta grandemente il rischio di sviluppare malattie neurologiche che cambiano la vita e la mettono a rischio.
“Questa dichiarazione fa chiarezza di tutta la confusione e i dubbi inventati in questi anni per mettere in discussione il collegamento fra i traumi cerebrali e i danni neurologici a lungo termine”, ha detto Chris Nowinski, direttore esecutivo dello Sports Legacy Institute, che per molti anni ha fatto pressioni sulla Lega perché riconoscesse il collegamento tra il football e le malattie cerebrali.
“Abbiamo fatto molta strada dai giorni del rifiuto totale. Il numero di ex giocatori per cui si prevede lo sviluppo della demenza è impressionante, e quel conteggio non include nemmeno gli ex giocatori che ha sviluppato disturbi dell’umore o del comportamento e sono morti prima di sviluppare i sintomi cognitivi associati con l’ETC”.
Il riconoscimento della NFL che il 30 per cento dei suoi giocatori possa essere colpito da una varietà di patologie con danno cerebrale potrebbe servire per la messa in stato d’accusa di come gli sport professionistici, posseduti e controllati da miliardari, deliberatamente e coscientemente mettono a repentaglio la salute e le vite degli atleti per il principale obbiettivo del capitalismo, l’accumulazione di enormi profitti.
18 settembre 2014
Traduzione di Raffaele Simonetti