Foto: Rauti Pino al matrimonio della figlia Isabella con Gianni Alemanno. Roma 28 giugno 1992 (ANSA)
di MOWA
Vedere lo svenevole atteggiamento della stampa riguardo gli episodi accaduti nella c.d. “Capitale criminale” o “Mafia capitale” ci lascia un po’ infastiditi per non dire spazientiti.
Infatti, non si pretende che i giornalisti – che scrivono su testate blasonate – abbiano il buon senso di fare un minimo di analisi sociologica sui fenomeni sociali prima di scrivere un “pezzo” che si chiami tale ma, si chiede, almeno, che abbiano il pudore di essere buoni comunicatori e che mantengano fede al loro mandato deontologico.
Non vogliamo “tirare le orecchie” a nessuno e, tanto meno, fare le “pulci” su come si debbano scrivere gli articoli su quanto sta accadendo a Roma in queste settimane e su come la politica di alcuni si sia mischiata agli affari e/o viceversa ma ci sentiamo in dovere di sollevare l’obiezione della “inopportuna” superficialità con cui si scrivono gli articoli e non si analizzano in profondità le situazioni.
Quante volte ci siamo pronunciati su questo sito su come siano simili i comportamenti tra affaristi e alcuni politici e/o su come alcune pratiche criminali siano affini al desiderio di arricchimento veloce di molti capitani d’industria.
Le dinamiche comportamentali dei singoli, dentro un modello sociale specifico di riferimento, sono contestuali al modus operandi del sistema, sistema che non può essere scevro da come queste pratiche vengono estese come modello di vita collettivo.
Ovvero. Non si può pretendere di avere generazioni diverse quando queste sono “bombardate” da modelli sbagliati – propinati 24 ore su 24 da tutti i mezzi di comunicazione, modelli che promuovono la “ricchezza” sotto mille forme: prestigio, decisionismo, arrivismo, autoritarismo, sfrontatezza, cinismo, possesso e distruzione consumistica sia materiale che sentimentale, ecc. – e, poi, ci si meraviglia degli effetti di tali campagne pubblicitarie.
Le domande che dovremmo porci, in realtà, dovrebbero essere:
“Chi sono i promotori di tali campagne ideologiche e perché ci si ostina ad incentivarle invece di soffocarle?”
“Cui prodest scelus, is facit?” [Il delitto l’ha commesso colui al quale esso giova] diceva Seneca nel passo della Medea.
I sottoprodotti culturali del capitalismo, come la destra politica, sono la dimostrazione tangibile di come la borghesia abbia generato “mostri” a proprio uso e consumo; l’artificio di un luogo “sicuro” dove poter scaricare le frustrazioni dei disagi sociali provocati dalle oligarchie e non dover comparire in prima persona evitando, così, di essere messi alla berlina.
Infatti, la reazione ideologica della destra politica al capitale non è quella di eliminare le differenze di classe ma di promuoverne altre e sotto nuove forme. Marx ed Engels, nel 1848, sostenevano sul “Manifesto del Partito Comunista” che: “La società civile moderna, sorta dal tramonto della società feudale, non ha eliminato gli antagonismi fra le classi. Essa ha soltanto sostituito alle antiche, nuove classi, nuove condizioni di oppressione, nuove forme di lotta.”
Sono passati anni, da quando furono scritte queste parole, ma le dinamiche sono rimaste identiche. La destra si comporta da sottoprodotto del capitale e non si discosta, minimamente, dal produrre, su scala, ovviamente diversa, quelle che sono le differenze tra le classi sociali…
La destra non si batte per l’abolizione e/o l’eliminazione delle classi sociali privilegiate. Tutt’altro!
Infatti la destra ha storicamente dimostrato di essere funzionale al sistema di potere e di fare da “vassallo” all’élite nei momenti di forti tensioni sociali. Tanto furono fasulle le “reazioni” al capitale che, persino, il nazismo, nel massimo della sua espansione europea, non mise mai in discussione lo Stato svizzero dove erano depositati buona parte dei capitali (oro, denaro, contratti societari, beni artistici, ecc.) della borghesia… Anzi se ne avvantaggiò, anch’esso, usandola come fecero i loro “cugini” più grandi. Non si contano più gli innumerevoli episodi della storia dove la destra, insediatasi al potere, abbia rubato beni di altri (oro, beni artistici, denaro, contratti immobiliari, ecc.) e li abbia trasferiti nelle banche dei potenti. Due esempi per capire: Jorge Rafael Videla, Alberto Fujimori…(ecc. )
Il minimo comune denominatore tra borghesia, destra e criminalità è la sopraffazione del debole a vantaggio di pochi senza scrupoli. Per costoro è fondamentale che l’oppresso rimanga oppresso e che si perpetui sovrana la formula voluta dai capitalisti: l’individualismo.
Tutte e tre (borghesia, destra e criminalità) si associano con altri, solo, con lo scopo di rendere più veloce il proprio (personale) arricchimento e di rimando, quindi, abbiamo l’impoverimento di tutti gli altri.
Lo spirito associativo di cui si “sparla” in questi giorni con la cooperativa “29 giugno” a Roma è la testimonianza di come la destra culturale abbia inciso su nuovi soggetti e di come abbia, ancora una volta, lavorato non certo per la collettivizzazione ma per il bene di pochi.
Le cooperative alle origini avevano come missione ultima quella di creare opportunità lavorative e a migliori condizioni per un tessuto sociale soffocato da pressioni economico-legislative che non dava spazi di sviluppo.
Cooperativa, infatti, significa: “Società caratterizzata dallo scopo mutualistico, la cui organizzazione sociale è fondata sul contributo in capitale e in lavoro di tutti i soci: cooperativa di produzione; cooperativa agricola; cooperativa di consumo, che ha lo scopo di soddisfare la domanda di beni diretti da parte di un gruppo di consumatori associati; cooperativa di credito, con la quale i soci si propongono di fornirsi reciprocamente credito mediante depositi degli stessi soci o di terzi; cooperativa edilizia, o cooperativa di abitazione, costituita allo scopo di far costruire alloggi per i propri soci al prezzo di costo; cooperativa di produzione e lavoro, con la quale i soci assumono direttamente un lavoro, eliminando la figura dell’imprenditore”.
Finalità che sono l’esatto opposto di quello che ha prodotto culturalmente la destra (o meglio: borghesia) nelle cooperative.
Disperate, invece, le posizioni dei soci di quella cooperativa che ignari di quanto stava accadendo ora rischiano i loro risparmi.
Una destra infingarda delle necessità degli oppressi che insinuatasi nelle cooperative le vuole minare dall’interno utilizzando le stesse tecniche di infiltrazione che ha usato per le democrazie statuali pur di far saltare gli ingranaggi.
Una destra, vassallo dell’oligarchia borghese, che ritenta di proporre, ancor oggi, ad un paese già mesto di problemi una nuova strategia della tensione.
Grazie ad indagini di magistrati onesti e forze dell’ordine in sintonia con la Costituzione, sono comparsi, come fantasmi, nomi “eccellenti” dal finto perbenismo di facciata ed è stato svelato, quello che in verità serbavano in cuor loro: un’Italia instabile e da destabilizzare più di quanto non lo sia già.
D’altronde come si può dimenticare Alemanno partecipare ad una “cena” del Bilderberg, nel 2012, quando era sindaco di Roma?
Cosa dirà, adesso, l’ex-sindaco della capitale? Cosa dirà ora che si è scoperto che portava soldi in Argentina?
Per l’ex-sindaco della capitale, parlare bene delle forze dell’ordine quando si è messi così male è come offenderle perché si tenta di metterle sullo stesso piano… E non credo vi siano, assolutamente, i presupposti.
La destra ha sempre avuto un ruolo destabilizzante.
Esempio ne fu la Decima Mas, che, non dimentichiamolo mai, è stata quella che aveva – sotto l’égida dei servizi segreti degli USA (ma guarda un po’!) – addestrato i civili israeliani a tecniche militari di tortura e terroristiche…
Vediamo, nel tempo, a livello planetario cosa sia stata capace di fare la destra, vassallo dell’imperialismo, in alcuni paesi: Argentina, Cile, El Salvador, Honduras, Guatemala, Spagna, Ucraina… I tentativi di golpe in Italia, nel 1970, con il capo della Decima Mas Junio Valerio Borghese e, nel 1974, con “Edgardo Sogno che voleva realizzare una repubblica presidenziale, attuando una riforma costituzionale sul modello di quella del generale Charles de Gaulle. Molto simile a quella che Napolitano e Berlusconi stanno compiendo mentre scriviamo questo libro.” [1]
E risuonano ancora le parole di Seneca “Cui prodest?”
L’élite oligarchica è ignara di tutto ciò o evita, solo, di comparire per non essere messa alla berlina?
[1] Paola Baiocchi, Andrea Montella “Ipotesi di complotto? Le coincidenze significative tra le morti e le malattie dei segretari del PCI e l’attuale stato di salute dell’Italia” Carmignani Editrice, pag. 106