E’ passato quasi un mese dall’uccisione dei vignettisti in Francia e di sviluppi su come siano andate realmente le cose non ce ne sono. Pochi giorni dopo quel tragico evento sono state sollevate questioni sui “buchi neri” di quanto accaduto (come quelle poste da Claudia Cernigoi che vi riproponiamo qui sotto) che, ancor oggi, non hanno trovato soddisfazione.
Questa scelta la facciamo come necessità storica verso coloro che sono ingiustamente morti e obbligo morale verso chi rischia di cadere nell’oblio. Le uniche cose certe, sino ad ora, sono che i poveri vignettisti sopravvissuti all’agguato “non sono pronti” all’uscita di un prossimo numero e che l’isteria francese sta portando verso chiusure di libertà faticosamente conquistate nel tempo.
C’è solo da chiedersi, come fece il giurista sabiniano del I secolo d.C., Cassio Longino: “Cùi prodest?” (Chi ne trae vantaggio?)
MOWA
TERRORISMO INTEGRALISTA.
Allora ricapitoliamo. Alla redazione di un giornale satirico (che si è fatto odiare da molto tempo, non solo dagli integralisti islamici, dato che spara a 360° contro tutte le religioni, la morale borghese eccetera) arrivano due (a volte dicono tre, non si capisce se due hanno fatto irruzione ed il terzo guidava) terroristi mascherati che prima sbagliano indirizzo, vengono inviati al portone giusto, entrano, fanno una strage a colpi di kalashnikov gridando Allah è grande, poi scappano, sembrerebbe in due, almeno stando al video “provvidenzialmente” girato da “nonsisachi” (ma ci torneremo dopo), che li ritrae mentre ammazzano a bruciapelo un poliziotto, l’altro (o lo stesso, chissà) lascia il proprio documento di identità nell’auto abbandonata, così li identificano subito, sono due fratelli algerini nati in Francia, reduci dall’avere combattuto per i ribelli siriani (quelli finanziati anche dal governo francese, forse vale la pena di ricordarlo), “monitorati” dai servizi segreti, tanto bene che riescono a procurarsi un arsenale senza che nessuno si preoccupi. Il terzo, l’autista, uno studente che si costituisce per dimostrare che all’ora dell’attacco al giornale era a scuola, e scompare dalla scena.
Dopo due giorni i fratelli sono braccati non si sa come e si asserragliano in una tipografia con degli ostaggi, la polizia dice che li prenderà vivi, loro dicono (a chi? hanno un ufficio stampa?) che vogliono morire da martiri, nel frattempo altri terroristi amici dei due prendono in ostaggio delle persone in un negozio kosher (tanto per mettere in agitazione anche il Mossad, che non guasta mai), dicendo che ammazzeranno tutti se i due fratelli verranno uccisi, poi si scopre che il terrorista è uno solo e che la moglie che avrebbe dovuto essere con lui (eh già, il posto della moglie è accanto al marito, no?) sembra invece trovarsi in Siria da un sacco di tempo.
Poi il duplice blitz, nella tipografia grazie al fatto che una persona era rimasta prigioniera dentro all’insaputa dei terroristi e aveva dato le indicazioni alla polizia su come agire; nel negozio visto che il terrorista aveva lasciato la cornetta del telefono staccata e così gli agenti hanno deciso di intervenire quando si è messo a pregare. Dopo che aveva parlato con la televisione francese dicendo che era “coordinato” con gli altri due, dove i fratelli erano incaricati dell’attacco al giornale mentre lui doveva uccidere dei poliziotti (ed il giorno dopo infatti era stata uccisa una poliziotta), e si era dichiarato dell’IS, mentre i fratelli avevano detto di essere di Al Qaeda. Coordinati bene, niente da dire. Ma su queste contraddizioni non ci saranno problemi, perché nessuno di loro potrà mai raccontare la propria verità, dato che il tutto si è risolto in un’altra strage, i fratelli algerini nella tipografia, il terrorista del negozio con quattro ostaggi. Non si fanno prigionieri, come nelle migliori tradizioni dei corpi speciali. Così, chi potrà mai dire chi veramente ha fatto irruzione nella redazione di Charlie Hebdo?
E poi, nella ricostruzione dei fatti, esplodono le contraddizioni, e chi le fa risaltare viene accusato di “complottismo”. Forse ci siamo anche noi, in questa categoria, o semplicemente apparteniamo alla vecchia scuola di San Tommaso, analizzare, ragionare, e se non convinti, dubitare.
Così la testimonianza della giornalista minacciata da uno dei terroristi, che l’ha descritto con dei bellissimi occhi AZZURRI… un algerino con gli occhi azzurri? Potrebbe darsi, salvo il fatto che le foto dei due fratelli li ritraggono con gli occhi scuri. E noi sappiamo che erano loro perché c’era la CARTA D’IDENTITÀ, giusto?
Poi c’è il terribile video dove si vede l’esecuzione a sangue freddo del poliziotto colpito quando era già a terra. Ed è questo video che si trova al centro delle analisi cosiddette “complottiste”, e sul quale ci soffermiamo ora.
Innanzitutto, sembrerebbe che il fatto si sia svolto ad una certa distanza dalla redazione del giornale, mentre i terroristi (due, il terzo dov’è finito? Ah sì, era a scuola) erano in fuga. Le riprese iniziano con i due scesi dall’auto, al lato del passeggero c’è già una scarpa a terra, l’obiettivo si sposta a destra e si vede un uomo a terra che si muove, i due corrono verso di lui (uno presumibilmente con una scarpa sola, ma diamine, io non ho mai fatto attentati, ma non ho mai neppure perso una scarpa, cos’è, uno va a fare attentati senza legarsi le scarpe per evitare di perderle? un seguace della moda di girare con le stringhe slacciate?), quello con le due scarpe spara al poliziotto a terra, poi i due fanno un giro e tornano indietro, il passeggero recupera la scarpa e partono via.
Prima domanda: chi ha avuto la “botta di culo” di essere alla finestra in quel momento con una videocamera pronta per girare la scena? In un sito “complottista” viene identificata la finestra dalla quale sarebbe stata ripresa la scena (http://rebubblica.altervista.org/ecco-perche-lattentato-charlie-hebdo-e-un-falso-il-video-shock/): manca però l’identificazione del titolare dell’appartamento, cosa che reputiamo non impossibile da fare con i mezzi tecnologici a disposizione oggi.
Poi c’è la ricostruzione del fatto: s’è detto che i due avrebbero ucciso il poliziotto che voleva bloccarli. Ma il poliziotto era un poliziotto di quartiere, solo, innanzitutto come poteva sapere che su quell’auto c’erano due terroristi che avevano appena compiuto una strage, e poi avrebbe cercato di fermarli? E come? il video lo ritrae ferito sul marciapiede, poi si vedono i due che sembrano appena scesi dalla macchina, e si trovavano INDIETRO rispetto a lui di una decina di metri, difatti CORRONO verso di lui per dargli il colpo di grazia. Da dove e quando gli avevano sparato prima? Siamo sicuri che sono stati solo loro a sparare? Non si sa, perché il video non ha ripreso il primo ferimento, ma forse l’autore del video potrebbe avere visto anche quanto è successo prima… è stato sentito come teste? non si sa neppure questo.
Né si comprende perché due terroristi in fuga avrebbero dovuto fermarsi per ammazzare un poliziotto di quartiere sul marciapiede in un momento in cui avevano la strada completamente libera (è interessante anche l’assoluta mancanza di traffico sul posto a quell’ora del mattino), e proprio in un punto dove “provvidenzialmente” c’era, alla finestra posta come un palco centrale di fronte al luogo dell’esecuzione, qualcuno che aveva a mano una videocamera per fare le riprese.
Sull’autore del filmato è stata inoltre creata un’ennesima confusione: scrive Maurizio Blondet (giornalista di destra, integralista cristiano, autore di un libro “Senza chioma né legge”, che descrive con un moto di “simpatia” i naziskin dei primi anni ’90, e nel sito del quale troneggia un’immagine elegiaca del caudillo Francisco Franco, definito “cristiano esemplare”, difatti prima di far garrotare gli oppositori politici andava regolarmente a comunicarsi in chiesa) che nei “titoli di testa” del video che si trovava su Youtube ad un indirizzo, da cui è stato rimosso, era indicato l’autore, nientepopodimeno che “Amchai Stein, vice-direttore della tv israeliana Channel 1”; ed aggiunge Blondet che il video rimosso si può vedere ad un altro indirizzo, dove però non c’è l’indicazione dell’autore.
Il video in questione sarebbe quello dell’esecuzione del poliziotto, ed è visibile in svariati altri siti (anche in un altro link di Youtube), ma non risulta mai il nome di chi l’avrebbe girato. Però c’è un particolare che ci ha dato da pensare: Blondet aggiunge che il giornalista “deve anche aver guadagnato un po’ con i diritti d’autore sul video in esclusiva che ha ripreso dal tetto”.
Dal TETTO? Ma il video dell’esecuzione non è stato ripreso da un tetto, si vede chiaramente che è stato ripreso da una finestra del primo piano. Esistono anche alcune riprese fatte dal tetto di uno stabile vicino a quello della redazione di Charlie Hebdo, ma non sono quelle dell’esecuzione, dal che ne consegue che qui Blondet mescola le carte in tavola (d’altra parte nelle sue pagine c’è molto sentore di antisemitismo – non di antisionismo, precisiamo).
A prescindere dalle incongruenze, il risultato è ottenuto. Tutto l’arcipelago dei buoni si è stretto attorno alla civiltà occidentale, minacciata dall’integralismo religioso islamico, si sono dichiarati Charlie anche persone che probabilmente avrebbero volentieri censurato le battute irriverenti della rivista, che sicuramente non rappresentava i “valori” della civiltà occidentale, quantomeno non quella che ci viene presentata oggi come unico baluardo di democrazia.
Quella civiltà che ha colonizzato prima e poi controllato, tramite la politica imperialista post-coloniale, tutti i paesi dove si trovavano le materie prime che servono al capitalismo per mantenere intatti i privilegi della classe dominante, massacrando, schiavizzando, riducendo alla fame i popoli di quei paesi, tanto erano “sottosviluppati”.
Chi si preoccupa dell’aggressività degli algerini in Francia oggi, si ricorda come si comportò la Francia coloniale nell’Algeria occupata? sa quanto sangue e morti costò l’indipendenza al popolo algerini e di quali orrori si macchiò il governo “democratico” francese? Qualcuno si domanda che cosa è andato a fare l’esercito francese in Mali, inviato dal “progressista” Hollande due anni fa?
Ma oggi siamo tutti uniti a difendere il nostro fortino, quello che di tanto in tanto si sveglia ed in nome di esportare la democrazia ha di volta in volta bombardato la Jugoslavia per dare man forte agli islamici nel Kosovo, abbattuto a suon di bombe il governo laico di Gheddafi per far precipitare la Libia in un incubo integralista di massacri e lotte intestine, foraggiato i talebani in Afghanistan contro un governo comunista, dove le donne avevano gli stessi diritti degli uomini, per creare problemi all’Unione sovietica, salvo intervenire anche qui a suon di bombe per “liberare” le donne dal burqa; che ci ha messo vent’anni per distruggere un Iraq progredito e laico inventando armi chimiche che non esistevano. Ed oggi sostiene il governo golpista e neonazista ucraino per destabilizzare la Russia, e medita attacchi contro il legittimo governo siriano, quello contro cui avrebbero combattuto anche i due fratelli presunti terroristi di Parigi.
Ed oggi a Parigi si sono ritrovati, in nome della difesa della civiltà occidentale, capi di stato che non si tirano indietro dal reprimere, anche nel sangue, le proteste dei propri cittadini, come il turco Erdogan, mentre il nostro premier Renzi parla di un attacco alla Francia in quanto simbolo di una civiltà che si vuole distruggere.
Ma di quel terrorismo che ha colpito nelle nostre piazze (piazza Fontana e piazza della Loggia) o sui treni, o nella stazione di Bologna, un terrorismo che non intendeva colpire la civiltà occidentale, dato che riteneva di rappresentarla, in nome dei “sacri valori” di difesa da una paventata vittoria elettorale (elettorale, non rivoluzionaria) delle sinistre, cosa ha da dire oggi il fortino di cui Renzi fa parte?
Il capitalismo non ha bisogno di essere coerente. Cambia alleati e nemici come più gli conviene, e non si fa problemi a fare morti e carneficine, se questo è necessario per la sua sopravvivenza. E noi siamo solo burattini in questa commedia dell’arte dove i burattinai ci usano e ci dissanguano e magari pensiamo di essere liberi perché siamo stati messi in grado di acquistare l’ultimo modello di telefonino.
11 gennaio 2015