da Angelo Ruggeri
NON È REVISIONE MA SOVVERSISMO DALL’ALTO DELLE CLASSI DOMINANTI
Da “ALLARME… SONO FASCISTI (cripto?)” alle ARMI DELL’ANTIFASCISMO, DI RESISTENZA, DI LOTTA E RIVOLTA POPOLARE CONTRO LA “REVISIONE” e tutta LA LEGISLAZIONE BERSANI-RENZUSCONI E DELL’INTERO PD
Dal “partito nazionale” delle “tre fasi del fascismo” al “partito nazionale” delle “tre fasi del Pds-Ds-PD”
L’”arte” politica “anticostituzionale“
Pericoli e scopi della congiunta
“abrogazione” del “governo Parlamentare” e
dello “Statuto dei lavoratori”
innestata dall’abolizione dell’articolo 18:
coniugare autoritarismo “sociale” dell’impresa
e autoritarismo “politico” delle istituzioni
Con annessa l’ennesima Legge Truffa elettorale maggioritaria
volta a introdurre il bipartitismo e il presidenzialismo-bipartitico
Contro l’imporsi – prima implicito ed ora esplicito – di un revanscismo teorico di una destra/sinistra variegata volta all’autoritarismo fin dagli anni 90 e dal 93, che ha detto che il 900 era finito, teorizzando di cancellarlo persino dalla memoria, perché la società, il mondo e il capitalismo sono cambiati, e che ha abbandonato la lotta per la democrazia, convertendola in scalata alla stanza dei bottoni ha portato a rilanciare principi e valori del revanscismo teorico politico-economico-sociale della destra cioè del capitalismo (perché il capitalismo non è solo di destra, ma E’ LA DESTRA, o no?!)
Dallo “Statuto dei lavoratori” alla “Seconda Carta del lavoro”
Dal Revisionismo storico al revisionismo costituzionale: che significa RESTAURAZIONE DI UN SECONDO “REGIME DEL GOVERNO DEL CAPO” (dopo quello del 1925 e del ventennio) E DI UNA “SECONDA CARTA DEL LAVORO” (già pronta e confezionato nel c.d. Libro Bianco sul lavoro), ovvero di un tipo di classismo già ideato nel 1927 dal fascista PARTITO DELLA NAZIONE, abrogando lo Statuto per restaurare il corporativismo nelle imprese e il primato dell’economia nell’intera società.
Fare politica significa fare e rifarsi alla storia e alla filosofia: lo diceva un tale di nome Gramsci; e lo sa chi muove Re-travicello del capitale: un capitale che vuole rifarsi alla storia di un passato da ripetere – questo è l’obbiettivo e lo scopo delle suddette abrogazioni del Parlamento e dello Statuto- non più nella forma del corporativismo del “fascismo storico”, ma nella sua forma cangiante e bianca veste del corporativismo, proprio del capitalismo finanziario, sapendo che “il fascismo altro non è che ‘corporativismo” (Mussolini docet).
Del resto non hanno molti altri esempi a cui ricorrere. Nella sua storica e tradizionale ferocia classista, il capitale ha fretta di adeguare lo Stato con un antiparlamentare forma di governo, per fronteggiare possibili insorgenze sociali (che però non sono scontate come dimostra chi “marcia” per “spicchi” di questioni o per la Grecia ma non anche per la nostra Costituzione; dato che stiamo peggio che negli anni 20, quando almeno c’era un Gramsci e un PCI, quindi una prospettiva) e per poter proseguire nelle “politiche” ispirate alla linea: “impoverire i ceti medi, tenere a bada i ceti poveri e i lavoratori”, così definita e lanciata (dalla Trilateral in poi dalle centrali mondiali del capitalismo finanziario, dopo che proprio nel loro centro è “scoppiata” questa fase della crisi che perennemente attraversa il capitalismo.
Il volto del fascismo in camicia bianca è ben visibile in un Corsera e torna ad essere quello del tempo del fascismo di Albertini, nel volto dei suoi c.d. giornalisti più celebrati e più “miti” (apparentemente), nei volti dell’antipolitica, dei “mangia Casta” oggi “mangia lavoratori”; ad es. come il Rizzo, uno che come Stella è affiliato alla “cupola” della Casta economica del capitale finanziario (quella vera: non quella di Reina, ma quella “camorristica” delle SpA dei “capitalismi finanziari” definiti anche da Ratzingher “il primo più grande pericolo per il mondo e l’umanità“, da cui la mafia ha copiato il sistema di comando della “cupola” stessa). Il Rizzo é apparso in camicia bianca nelle compassate televisive -viste di passaggio- per dire: “anzi, siamo in ritardo, si doveva fare prima (l’abrogazione dello Statuto di lavoratori, n.d.r.). Siamo cioè in ritardo a fare o restaurare un tipo di stato del tipo di quello instauratosi nel 1925 e un tipo di classismo già ideato dalla Carta del lavoro fascista del 1927; cioè a costituire un altro autoritario regime di “governo del capo”, nell’irrefutabile e storico nesso tra autoritarismo e totalitarismo, tra stato liberale e stato fascista?
L’ennesima Legge Truffa elettorale maggioritaria, volta ad imporre il presidenzialismo bipartitico per attuare una simbiosi (già in vigore) tra Stato e impresa: peggiore della Legge Acerbo del 1923 e molto peggio della Legge truffa del 53. Cos’altro era il fascismo se non un regime simbiotico tra il “governo del capo” e i “capi” d’impresa e capi dei sindacati? Corporativismo e collaborazionismo celebrato e sancito nel ’27 con la “famosa” Carta del lavoro, oggi “modello” di chi “giustamente” esulta per un’abolizione dello Statuto dei lavoratori per andare verso la Seconda Carta del lavoro, già bella e pronta.
Il presidenzialismo bipartitico è un antiparlamentare forma di stato e forma di governo (teorizzato e proposto per l’Italia futura dal mussolinismo di Salò e perseguito dai suoi eredi e capi del MSI, Michelini ed Almirante) con cui, già dal patto della crostata di D’Alema, quello del 2007 di Veltrusconi, sino a quello del c.d. “nazzareno”, si impone sia l’autoritarismo statale, sia il reazionario arbitrio -ovvero un “potere senza legge” dei sistemi totalitari, che quindi non risponde ad alcuna Legge (quelle pre-esistenti vengono ora abrogate), applicando il potere delle e nelle imprese anche nello Stato.
Rifarsi alla storia di un passato da ripetere: Tutto questo, SI BADI BENE, non solo in accordo, ma anche apertamente a imitazione dell’autentico fondatore dell’attuale politica, cioè colui che dal 94 è entrato in politica disprezzando la politica ed esaltando l’impresa (la berlusconite, il bipartitismo e il presidenzialismo-bipartitico), grazie a “Leggi elettorali truffa”, in vigore dal tempo del governo del banchiere Ciampi, cioè dal 1993, dall’antiproporzionale “mattarellum” (“latino maccheronico” inventato negli anni 50 dall’Elia, giurista” DC e poi Pres. della Corte) attraverso la “maccheronica “convention ad escludendum (verso il PCI), che non fa parte di alcuna teoria del potere, né di testi giuridici e di diritto.
A proposito di chi scopre OGGI che manca una rappresentanza sociale e politica dei lavoratori e delle classi popolari, che manca invece dal 1993, o che scopre oggi che “Re-travicello del capitale “è pericoloso”: come se non si sapesse che non c’è nulla di più grave e autoritario di una Legge Delega, cioè di un parlamento che si auto-espropria dei poteri che gli sono stati affidati dalla sovranità popolare (e dalla Costituzione), li “ABDICA” al governo (che a sua volta e da 20 anni li ha abdicati alla Banca centrale nazionale e sovranazionale, cioè ai tecnici che gestiscono l’economia per conto del capitalismo finanziario del “BLOCCO STORICO” EUROATALANTICO). Quindi le Leggi Delega sono molto peggio persino dei Decreti, che almeno debbono poi passare dal Parlamento, come avrebbero dovuto sapere la Boldrini e i “molti” Landini sindacali (a tacere della vigliacca MINORANZA PD che, come i giornalisti di regime, sono tutti INTELLETTUALMENTE PREZZOLATI e si auto vendono senza bisogno che li paghino!).
“Completa è la sudditanza di forze politiche e sociali, governo e istituzioni, di fronte alla pretese delle forze imprenditoriali e del governo: “in nome del popolo” smantellano la sovranità popolare” (S. d’Albergo, “Un golpe strisciante”, intervistato dal giornale settimanale “Il Lavoratore/oltre, 17 luglio 1992).
“Hanno aperto una voragine contro la democrazia , in cui si sono infilati il PCI e il Pds di Occhetto, Napolitano e Ingrao, nonché la Rete di Orlando , illusi tutti di interpretare correttamente (con l’abrogazione del proporzionale, n.d. oggi) una domanda sociale, che non era affatto contro la “partitocrazia” (rilanciato dal pannellismo e dalla “asinistra”, ma inventato e usato dal fascismo, nella sua tre fasi, di movimentismo-diciannovista, di partito e di regime, n.d. oggi) ma era bensì contro la riduzione della democrazia (ad opera della occupazione della stato da parte dai partiti, n.d.r.)…dopo l’inganno di dire a dare per superate le divisioni tra destra e sinistra (contro il proporzionale e per il maggioritario, n.d.r), come è tipico della cultura delle forze conservatrici che puntano all’Europa delle nazioni-nazionalità…; tanche che S. d’Albergo sul settimanale il Lavoratore 18 settembre 92, scriveva: “è stupefacente leggere che ‘riscrivere il Patto Costituzionale tra i cittadini e le istituzioni ‘non è un obbiettivo ‘di sinistra’, tanto che è condiviso da persone e gruppi di altra ispirazione e di destra”(su L’Unità, 6 settembre 1992)
“Escludono dall’arena parlamentare chiunque collida col sistema, tagliano fuori la classe operaia, i lavoratori e le forze popolari con il ritorno a forme politiche di una rappresentanza non più anche sociale ma solo di “CETO POLITICO”, che si divide solo per la gestione delle ‘spoglie del potere’ (essendo vero potere solo quello del capitale economico), avendo preventivamente TUTTI optato per i valori del mercato, in sintonia con i potentati economico-finanziari”: questa “repetita juvant” che più volte abbiamo rivolto, anche direttamente, proprio a chi scopre OGGI “che manca una rappresentanza sociale”, ma va aggiunto:
1) “rappresentanza ‘politico-sociale”, perché – e non solo per Costituzione – è democrazia quando e se il sociale è politico e solo se la rappresentanza politica è anche sociale;
2 ) che la rappresentanza sociale c’è, esiste ed è dominante, ma è sempre rappresentanza sociale di classe della borghesia capitalistica: manca la rappresentanza sociale popolare e dei lavoratori, perché, come già detto e denunciato, si è accettato dal 1993 sistemi elettorali che negli effetti (con la metà di non votanti) sono equivalenti al suffragio elettorale “per censo”, ma più disonesti di questo che “onestamente” non dava il diritto di voto ai ceti popolare, mentre dal 1993 si è consentito e acconsentito – in primis dal sindacato – il taglio dei voti alla base, col c.d e famigerato “sbarramento” (mobilitatevi almeno su questo: così avevamo chiesto ai sindacati dopo la sentenza della Corte sull’incostituzionale legge con cui è stato e rimane in carica l’attuale Parlamento, per di più dominato da un governo dove nessuno è stato eletto in Parlamento).
“In uno stato confusionale di massa (di cui approfittano l’attuale governo e padronato, n.d.r.), provocato e consolidato in un trentennio di progressivo avvelenamento del “cervello sociale” del Paese e dei cervelli dei lavoratori, si va verso la seconda Carta del Lavoro, modellata sulla prima e famosa Carta del Lavoro fascista del 1927…”. “In questa fase di egemonia della destra sociale e politica e di governo pattuito dalla diade destra/sinistra, il mutamento di regime socio-politico-istituzionale è ancor più significativamente e drammaticamente, manifestato nel rilancio dei contenuti confezionati nel c.d.“libro bianco sul lavoro”, che altro non è che il rilancio di un tipo di classismo già ideato nel 1927 con la redazione della famosa “Carta del Lavoro” del fascismo, destinata poi a far parte dei principi generali del diritto e a travasarsi nel codice civile, concretando un originale mix tra diritto privato e diritto nel segno del corporativismo”.
Questo scrivevamo nel 2002 in “Tra provocazioni e fumogeni verso la seconda carta del lavoro” (Centro Il Lavoratore, il 24 aprile 2002), mentre la “sinistra”, in stato confusionale mai superato ma anzi aggravato, senza capire la trappola, si entusiasmava per Cofferati, quando questi in realtà avviava la svendita dello Statuto dei lavoratori, “isolando” la questione dell’Art.18 sia dallo Statuto dei lavoratori e dal suo vero significato, sia difendendo l’Art. 18 come mero “diritto della persona umana” (perseguito anche dalla FIOM di Rinaldini, Carlo!, e di Landini da Pomigliano in poi), quale è anche il padrone d’impresa, e come fosse un semplice cittadino della società civile, invece che un soggetto che subisce le forme repressive e del potere di classe dell’organizzazione capitalistica del lavoro, sia imputando alla sua sola “modifica” l’effetto dirompente che era invece da ricollegare alle “riforme istituzionali e al “Libro Bianco”.
“Libro Bianco del Lavoro”, così poco denunciato e mai realmente ostacolato e combattuto, i cui contenuti non per caso sono stati rilanciati a partire dall’attuale governo a partire dal Monti-Fornero, quando si è finto di non avere perso, fino al Renzusconi-Thatcher-Blair, tramite la c.d. revisione costituzionale e con Leggi già approvate o in itinere, senza contrasti reali da parte di chi nel segno del centrosinistra e-o di “sinistra” si è da tempo inserito nella normalità del capitalismo internazionale e nazionale e tanto meno della c.d. e vigliacca minoranza PD (si veda per tutti i rigidamente “istitituzionalizzati” Damiano, Civati, Cuperlo, l’antisudafricano capo odi cattiva Speranza, il capo-gruppo-PD, ecc.).
Donde gli equivoci e i cedimenti già sulla legge Fornero, per chiarire i quali dovemmo richiamare “il vero significato dell’art. 18” (con ma firma, a nome del Centro il Lavoratore), che a distanza di due anni è stato integralmente ripreso, a firma di d’Albergo e mia , nell’articolo su Il Manifesto del 2-10-015, e dal conseguente l’Appello “Per la difesa integrale e l’autentico significato dell’art 18” , con i quali solo recentissimamente e non più da soli, abbiamo potuto chiarire i decennali equivoci e cedimenti, rompendo il silenzio sul vero significato dell’art. 18.
Il Libro bianco sul lavoro è il contenitore già confezionato di una seconda Carta del lavoro organicamente ispirato come quello fascista del 1927 all’obbiettivo di riportare ad una mera liceità “formale” la posizione e il ruolo dell’organizzazione sindacale dei lavoratori e della contrattazione, avendo così impedito ai lavoratori di capire che andava profilandosi ancora una volta la legittimazione del dispotismo del padronato in fabbrica mediante quel licenziamento “ad nutum”, oggi attuato da Re-Travicello con la c.d. Legge sul lavoro.
L’introduzione contemporanea e convergente di Leggi di c.d. “riforma”di revisione costituzionale e di abolizione dell’Art. 18 e dello Statuto dei lavoratori, nonché la legge elettorale, non è casuale: sono “parti” convergenti e “unite” di un contemporaneo attacco volto a restaurare e coniugare tra loro l’autoritarismo “sociale”dell’impresa e l’autoritarismo “politico” delle istituzioni.
Sicché il dominio del governo sul Parlamento è stato inserito di soppiatto nella “revisione costituzionale”, nel rigo 27 dell’art. 12, dove si è assegnato al Governo il potere di chiedere all’organo del “monocameralismo” cioè alla Camera, di deliberare che “un disegno di legge, INDICATO COME ESSENZIALE per l’attuazione del programma di governo, SIA ISCRITTO CON PRIORITA’ ALL’O.D.G e sottoposto alla votazione finale entro 60 giorni dalla richiesta“, con quel che segue.
In questo modo nel silenzio omertoso di quanti dicono di essere contrari alla “deriva autoritaria” o c.d.” democrazia autoritaria”, è stata già introdotta l’alterazione della forma di governo parlamentare , sia mediante il “monocameralismo” (in realtà con due camere diverse, di cui una non elettiva, si restaura lo storico e pre-moderno “bicameralismo perfetto“), sia mediante il ricorso ad un metodo discriminatorio tra governo e parlamento e le forze politiche, addirittura rievocando il principio introdotto dal fascismo in nome del primato del capo del governo, detto appunto regime del governo del capo, del Dux.