di Antonio Gramsci *
I nostri avversari non si preoccupano di giudicare l’atteggiamento dei socialisti alla stregua dei principi e dei metodi che i socialisti hanno sempre professato e seguito. Far ciò vorrebbe dire giudicare veramente, e fare cosa concreta. Essi non tentano neppure questo giudizio, ne sono incapaci.
Dinanzi a degli uomini di carattere, perdono la bussola, brancolano nel buio, si disperano in tutti i vicoli ciechi del pettegolezzo, della maldicenza, della diffamazione. Non comprendono un contegno rettilineo, rigidamente coerente. Sono ipnotizzati dai fatti, dall’attualità. Non comprendono l’uomo di carattere, che i fatti pesa e giudica non tanto in sé e per sé quanto con la concatenazione che hanno col passato e con l’avvenire. Che i fatti giudica quindi specialmente per i loro effetti, per la loro eternità. Sono dei mistici del fatto. E il mistico non può giudicare, può solamente benedire o odiare.
Ma è questa la forza dei socialisti italiani. Aver conservato un carattere. Essere riusciti a vincere i sentimentalismi, essere riusciti a strozzare i palpiti del cuore, come stimoli all’azione, come stimolo alle manifestazione di vita collettiva. I socialisti italiani hanno realizzato, in questo periodo della storia, l’umanità più perfetta per i fini della Storia. L’umanità che non cade nelle facili trappole dell’illusione. L’umanità che ha rinnegato come inutili e nocive, le forme inferiori della vita spirituale: l’impulso del buon cuore e del sentimentalismo.
Le ha rinnegate coscientemente. Perché ha saputo assimilare gli insegnamenti dei suoi maestri più grandi, e gli insegnamenti che scaturivano spontaneamente dalla realtà borghese morsa dai reagenti della critica socialista. I socialisti italiani sono rimasti incrollabili entro i ranghi determinati dall’esigenza delle classi sociali. Non si sono turbati, come collettività, per gli spettacoli dolorosi che si presentano ai loro occhi. Non sono svenuti, come collettività, quando è stato loro scagliato fra i piedi il cadavere ancora palpitante di un bambino assassinato. La commozione che ogni singolo ha provato, la stretta al cuore, le simpatie che ogni singolo ha potuto provare, non hanno scalfito la granitica compattezza della classe.
Se ogni singolo ha un cuore, la classe, come tale, non ha cuore nel senso che alla parola è solito dare l’umanesimo infrollito. La classe ha una volontà, la classe ha un carattere. Di questa volontà, di questo carattere è plasmata tutta la sua vita, senza alcun residuo. Come classe non può avere solidarietà che di classe, altra forma di lotta che quella di classe, altra nazione che la classe, cioè l’Internazionale. Il suo cuore non è che la coscienza del suo essere classe, la coscienza dei suoi fini, la coscienza del suo avvenire. Dell’avvenire che è solamente suo, per il quale non domanda solidarietà e collaborazione a nessuno, per il quale non vuole che palpiti il cuore di nessuno, ma palpiti solo, nella sua immensa potenzialità dinamica e creatrice, la sua volontà tenace, implacabili contro tutto e tutti che a lei siano estranei.
I nostri avversari non comprendono questo. In Italia non si conosce il carattere. Ed è questa l’unica cosa in cui i socialisti possano giovare, e abbiano giovato all’italianità. Hanno dato all’Italia ciò che finora le è sempre mancato. Un esempio vivo e drammaticamente palpitante di carattere adamantino e fieramente superbo di se stesso.
* “Il Grido del Popolo”, 3 marzo 1917