Un popolo che si dichiara democratico non può far finta di nulla di fronte ad un sopruso come la tortura che sia esso contro un singolo o una comunità. Non può fingere, quel paese “democratico“, che l’occupazione abusiva di Guantánamo (territorio cubano) sia uno dei tanti film la cui finzione scenica avvalla tali gesta o, approfittando delll’extraterritorialità, girarsi dall’altra parte per le torture perpretate dai loro militari ai danni di cittadini sequestrati illegalmente in varie parti del mondo. Piaccia o meno ma, un diritto (tanto più se a favore dell’umanità) è pur sempre un diritto e va preservato e non calpestato.
MOWA
Si tratta di un rifugiato siriano accolto in Uruguay
Jorge Luna
Il siriano Jihad Dhiab, ex recluso nel carcere statunitense di Guantánamo, attualmente rifugiato in Uruguay, ha denunciato i maltrattamenti sofferti per 12 anni ed ha chiamato “a fare qualcosa per coloro che sono ancora prigionieri”.
In un’intervista pubblicata dal settimanale Brecha, il siriano Dhiab, che usa le stampelle per camminare, ha detto che le torture dei militari statunitensi non si sono mai interrotte, nemmeno mentre lo trasportavano in Uruguay.
“Sono finite solo quando abbiamo toccato il suolo dell’Uruguay”, ha sostenuto.
Dhiab e altri cinque reclusi sono arrivati a Montevideo, la capitale del paese sudamericano nel dicembre dell’anno scorso in qualità di rifugiati, mediante un’iniziativa solidale dell’ allora presidente Pepe Mujica, su richiesta del mandatario statunitense Barack Obama.
Dhiab ha raccontato a Brecha che non può dormire la notte per i dolori che lo affliggono,, che sono le sequele del periodo di prigionia.
“Quando mi hanno arrestato avevo solo dei problemi alla parte inferiore della schiena, ma ora soffro in cinque punti differenti”, ha aggiunto.
“I militari ci hanno sempre trattato in maniera molto violenta, molto volgare e molto brutale”, ha insistito.
L’ex recluso, che è stato sottoposto all’alimentazione forzata attraverso la narice per via del suo sciopero della fame ha spiegato che: “Ci legavano così forte alla sedia con delle corde che se non eri svenuto per le botte, svenivi in quel momento”, ed ha aggiunto che i medici incaricati dell’alimentazione forzata erano peggiori delle guardie.
“Il tubo dell’alimentazione ha una punta di ferro che tocca una concentrazione nervosa nella narice e tu lo senti quando il tubo la colpisce!”, ha precisato ancora.
.Dhiab è l’unico dei sei rifugiati che non ha ancora firmato con il Governo dell’Uruguay un accordo per il suo mantenimento economico.
Nell’intervista data al quotidiano, ha detto anche che prima veniva l’abuso fisico e poi quello psicologico.
L’ex prigioniero di Guantánamo, territorio usurpato dagli statunitensi in Cuba contro la volontà del popolo e del Governo, ha chiesto agli uruguaiani e a tutti coloro che credono nei diritti umani di aprire gli occhi e mostrare un poco di umanità.
“Mi piacerebbe che la gente sapesse quello che è successo a Guantánamo e facesse qualcosa per quelli che vi restano”, ha concluso.
12 giugno 2015