Sollecitati a far chiarezza su aspetti poco “limpidi” di alcune “religioni” (o pseudo tali), rinverdiamo la memoria ai distratti; infatti, pubblichiamo un articolo, che descrive molto dettagliatamente come si sono comportate con alcune persone che erano parte di questa organizzazione (nientemeno che “adepti“), per bocca dei diretti protagonisti che hanno avuto la forza ed il coraggio di uscire da siffatte strutture… ma “a caro prezzo!”
Dopo aver letto l’articolo sottostante, traetene voi le dovute valutazioni sul come si possano definire queste organizzazioni, che usano la pratica del “Dead Agenting” (che si concretizza nell’attaccare e distruggere la credibilità delle persone) come portatrice di alti valori democratici.
MOWA
Pier Paolo Caselli: «Io rovinato da Scientology»
Pressioni. Ricatti morali. E 100 mila euro buttati. Un ex adepto italiano a L43: «Sono maestri del senso di colpa. Ho pensato anche al suicidio. Ora li combatto».
di Entrare in Scientology non è difficile.
Anche uscirne è possibile, almeno sulla carta.
Il problema vero è quello che c’è in mezzo: pressioni psicologiche, soldi (tanti) elargiti all’organizzazione, sensi di colpa.
Lo raccontano le storie degli ex adepti americani, raccolte dal documentario Going clear, che la Hbo ha trasmesso negli Usa il 30 marzo e che è atteso nei cinema italiani il 25 giugno, distribuito da Lucky Red.
Lo dicono le parole di Paul Haggis, regista e sceneggiatore di Hollywood che a differenza di altri suoi colleghi dello star system ha deciso di lasciare l’organizzazione, e degli altri fuoriusciti.
Lo possono confermare anche gli ex scientologi italiani che si danno appuntamento sul Google group free.it.religioni.scientology.
VENT’ANNI DI SCIENTOLOGY. Pier Paolo Caselli è stato uno scientologo per 20 anni, fino al 2006, con alti e bassi e 11-12 anni di frequentazione effettiva.
Era 22enne quando si è avvicinato per la prima volta alla chiesa di Ron Hubbard.
Anno 1986, quello della morte di Hubbard: aveva appena finito il servizio militare e affrontava un periodo di depressione legato a problemi sentimentali.
«ERA LA MIA BIBBIA». «Cinque anni di collegio vissuti bene, ma all’improvviso mi ritrovavo fuori da quel mondo e dovevo costruirmi una nuova identità».
L’occasione arrivò grazie a un amico con cui condivideva le vacanze estive: «Mi parlava spesso di Scientology, da anni, e così ho deciso di provare».
Furono la curiosità e il bisogno di ritrovarsi a spingerlo per la prima volta dentro una seduta di auditing, una forma di consulenza spirituale fondata da Ron Hubbard.
«Dianetics, il libro fondamentale di Scientology, è diventato la mia Bibbia, e le parole di Hubbard il mio vangelo».
«MA NON È UNA RELIGIONE». Usa parole del lessico religioso, ma quello che cercava era altro.
Non è mai arrivato a conoscere Xenu, il governatore supremo della Confederazione Galattica che 75 milioni di anni fa si rese responsabile di un genocidio e dell’approdo sulla Terra di miliardi di alieni.
«La sua storia è raccontata nel corso per diventare OT3. Fantascienza di bassissima lega».
D’altra parte «lo stesso sottotitolo di Dianetics, scienza moderna della salute mentale, ha ben poco a che vedere col misticismo. Non ci sono forme di preghiera. Non è una religione».
AGEVOLAZIONI FISCALI. Eppure si definisce tale, «ma è un escamotage», e il motivo è semplice: le organizzazioni religiose godono di enormi agevolazioni fiscali.
Scientology ha ottenuto il riconoscimento in quanto tale dall’Internal revenue service americano (Irs) nel 1993, 39 anni dopo la sua fondazione, sette dopo la morte di Hubbard, che non riuscì mai a veder realizzato il suo sogno.
E di soldi ne circolano parecchi.
Non solo le somme milionarie elargite dagli sponsor più famosi come Tom Cruise e John Travolta. «Le mie prime sessioni di auditing le ho pagate 300 mila lire l’una, ma ce ne sono di molto più care».
Come quelle che Pier Paolo ha affrontato nel 1994, nel ritiro di Flag, a Clearwater, in Florida.
MALESSERE INSPIEGABILE. «Nel 1994 avevo raggiunto lo stato di clear, ‘chiaro’, un passaggio molto importante nel ‘Ponte verso la libertà totale’, il percorso di Scientology. Eppure stavo male, e non me ne capacitavo. Un ‘chiaro’ dovrebbe essere in pace con se stesso, ma io ero diventato insonne, dormivo mezz’ora, un’ora a notte. Così decisi di partire per gli Stati Uniti».
Acquistò un pacchetto di 25 ore di auditing per effettuare una rundown, un percorso concepito per affrontare una determinata problematica, pagando 25 mila dollari, 1.000 all’ora, l’equivalente di circa 50 milioni di lire dell’epoca.
«PENSAVO AL SUICIDIO». Si aspettava di tornare guarito, dopotutto stava pagando profumatamente quelle consulenze. E invece la sua situazione peggiorò: «Il mio auditor non parlava bene italiano, chiesi di cambiarlo, ma dormivo sempre meno e al mio ritorno in Italia fui assalito da pensieri suicidi. Non potevo nemmeno lavorare, anche se per fortuna all’epoca lavoravo coi miei e quindi riuscii a limitare i danni da quel punto di vista».
«ERO UN POTENZIALE PROBLEMA». Un mese dopo decise di tornare a Flag, con un obiettivo ben chiaro: «Volevo risolvere la situazione, o almeno riavere indietro i soldi. Quando dissi loro che avevo avuto istinti suicidi si spaventarono, mi diedero i miei 25 mila dollari e mi bollarono come Pts, potential trouble source, una potenziale fonte di problemi per loro. Se mi fossi ucciso a Flag sarebbe stato un bel guaio, così mi accompagnarono in camera, mi fecero la valigia e mi portarono alla porta».
Dopo una lettera di scuse il ritorno nella chiesa
Ce ne sarebbe stato abbastanza per lasciare per sempre Scientology, ma la sua testa era ancora lì.
«Volevo recuperare, volevo essere riammesso e c’era un solo modo per farlo: dovevo scrivere una lettera in cui mi addossavo tutte le responsabilità dell’accaduto».
Quella petizione porta la data del prima maggio 1996, ed è piena di ammissioni e scuse.
Ricorrono termini come overt (un peccato, un’azione dannosa per se stessi e l’organizzazione) e withhold (il trattenimento del peccato dentro se stessi, il non parlarne e ammetterlo).
«MAESTRI DEL SENSO DI COLPA». «Loro sono maestri in questo, nel provocarti il senso di colpa. Se qualcosa va male è perché sei sbagliato tu. Loro non commettono errori, la loro scienza non può averne».
Non bastò la prima lettera, a cui seguì una risposta negativa, ce ne vollero due per essere riammesso nel 1996, con tanto di scuse formali per aver scritto a David Miscavige, il capo della chiesa di Scientology, per lamentarsi dei mancati effetti di quel rundown da 25 mila dollari a Flag.
«VIETATO LAMENTARSI». «Lamentarsi non è ammesso. Qualsiasi commento negativo non viene preso in considerazione, e non si tratta di una semplice prassi. C’è una precisa regola scritta da Hubbard in persona, si chiama ‘Entheta letters and the dead file’. Entheta sono le vibrazioni negative, il dead file è una cartella in cui loro includono tutte le persone che hanno inviato lettere critiche». Una black list in piena regola.
SEI ANNI DI CORSI OBBLIGATORI. Per questi motivi Pier Paolo, una volta riammesso in Scientology, ha dovuto sostenere un percorso prescritto dall’organizzazione: sei anni per seguire corsi, auditing specifici e compiere azioni di volontariato, e il tutto imposto da loro come programma d’ammenda per recuperare la condizione di clear e tornare a essere uno scientologo in piena regola.
Prima che qualcosa, dentro di lui, cominciasse a incrinarsi. «Il distacco è stato progressivo, è cominciato nel 2001».
Lo strappo definitivo: un divorzio lungo cinque anni
Dopo l’11 settembre, infatti, Pier Paolo collaborò 10 ore al giorno nell’ambito di una vigorosa campagna contro psichiatri e psicologi, e in un mese di duro lavoro ottenne uno stipendio totale di 100 euro.
«Per Ron Hubbard erano una categoria che vuole dominarci, e ogni evento negativo è legato a loro, dall’Olocausto all’11 settembre. In quel caso, per dimostrare che avevano ragione, dissero che al Zawahiri, il numero 2 di bin Laden, era uno psichiatra, quando in realtà era un medico».
HUBBARD OSSESSIONATO. Perché Hubbard ce l’avesse tanto con gli psichiatri è presto detto: negli anni immediatamente successivi a Dianetics e alla fondazione di Scientology, avevano analizzato le sue teorie bollandolo come un ciarlatano, e lui se l’era legata al dito.
Le pratiche di sfruttamento dell’organizzazione iniziarono a insospettire Pier Paolo: «Cominciavo a farmi delle domande, a guardami intorno, a vedere le pressioni psicologiche che facevano per ottenere finanziamenti».
PRESSIONI E INTIMIDAZIONI. Il messaggio di pace predicato dalla chiesa, le sue campagne contro l’abuso di psicofarmaci, le operazioni di volontariato civile, cominciavano ad assumere un connotato diverso: «Fanno tutto per mostrare un bel volto, poi rovinano famiglie e imprese, ti abbandonano, ti fanno pressioni e intimidazioni».
«HO CHIESTO INDIETRO I SOLDI». Anche lui ne ha dovute subire: «Nel 2006 ho deciso di andarmene e ho chiesto la restituzione di tutti i soldi. È lo stesso codice dettato da Ron Hubbard che permette a chi lascia Scientology di chiedere il risarcimento dell’intera somma versata nel corso degli anni».
Lui ha conservato tutte le ricevute, sa di aver speso circa 90-100 mila euro, quelli spesi nel 1994 a Flag glieli hanno resi, ne restano 66 che non ha mai visto.
Gli avevano prospettato la possibilità di una conciliazione che poi non c’è stata.
UN ACCORDO FALLITO. «Mi sono rivolto anche a un avvocato, e non ha funzionato. Mi avevano pure scritto in un’email che se avessi tenuto la bocca chiusa e non avessi condotto una campagna contro Scientology avrei potuto avere i soldi».
Non è successa né l’una né l’altra cosa.
Lui ha continuato a raccontare la sua esperienza sul gruppo di Google, dapprima con lo pseudonimo di Kumba, ricevendo dure risposte dagli adepti della chiesa che lo hanno smascherato grazie al suo indirizzo email, poi mettendoci il nome e il cognome.
«Mi hanno infamato, li ho denunciati, ma non è stato possibile risalire alla persona che aveva scritto quelle parole».
«SONO TROPPO FORTI PER ME». Ora si sente sereno, «mi sono quasi stancato di combattere questa battaglia. Non posso passare una vita a lottare contro Scientology, non ne ho le forze finanziarie e mentali. Loro si nascondono sotto l’ombrello della religione, se io e lei facessimo le stesse cose verremmo arrestati all’istante».
L’unica speranza è che documentari come quello della Hbo e le prime critiche da parte delle celebrità che hanno lasciato la chiesa sviluppino una nuova coscienza.
«LA GENTE SI È ROVINATA». «Si pensa sia un problema minoritario, e in termini numerici è così. Ma la gente che subisce queste situazioni si ritrova con la vita rovinata sotto ogni aspetto, è un dramma. In Europa solo Francia e Germania si sono schierati con forza. In Italia c’è stata una sentenza di condanna a Milano, ma contro gli individui, non contro l’organizzazione».
È per questo che, nonostante tutto, continua a raccontare la sua esperienza. Nella speranza che qualcosa cambi.
08 Aprile 2015