Indagine: “Lei è dei Servizi?” “No, io no”. Conclusione: “Non risultano collegamenti con i Servizi”
Stupiscono i metodi di indagine utilizzati dagli inquirenti per giungere a conclusioni surreali e francamente sbalorditive. Stupiscono a tal punto che, se non costituissero una tragedia nella tragedia più grande di questo Paese, sembrerebbero la rappresentazione di una farsa. Secondo quanto dichiara nella sua audizione la dottoressa Tintisona, ispettrice capo di polizia, che riferisce punto per punto le minuziose e circostanziate indagini condotte in questi ultimi mesi, le cose si sarebbero svolte circa così. Un signore titolare di una società di copertura dei Servizi, rogitata da un notaio di fiducia dei Servizi, ospitata in un palazzo dei Servizi, amministrata da una società che amministra le società dei Servizi, viene interrogato: “Lei ha a che fare con i Servizi?”, gli chiedono. “Io? No”, risponde il sospettato.
Conclusioni: “Non risultano collegamenti con i Servizi”. Bravi. Sette più. Ditelo ancora. Fa piacere essere rassicurati. Peccato che quel signore di copertura dei Servizi possa essere sospettato di aver parcheggiato intenzionalmente la macchina di copertura dei Servizi all’incrocio fra via Fani e via Stresa nella notte fra il 15 e il 16 marzo 1978, dove abitualmente sostava il fioraio Spiriticchio, al quale qualcuno aveva sabotato il furgone, per impedirgli di occupare quel posto. E da quel posto qualcuno spara ai carabinieri della macchina di Moro, e li ammazza, la mattina del 16 marzo alle 9,02. Non è quindi un divieto di sosta che può essere contestato al proprietario di quella macchina, messa proprio all’incrocio e non troppo vicina al marciapiede. La funzione attiva di quell’auto nel blitz contro Moro è talmente evidente che i disegnatori di Epoca e Oggi, Panorama e il Messaggero (e chissà quanti altri ancora) la inseriscono nelle loro rappresentazioni grafiche. L’auto c’è, ed è ingombrante, e un bossolo (contrassegnato come reperto T) viene trovato fra quell’auto e il marciapiede; un altro sarà poi trovato nell’intercapedine dello sportello anteriore sinistro. Quell’auto è una Austin Morris blu targata Roma T50354, e si vede in tutte le foto della scena del crimine. Ovviamente, viene sequestrata ed esaminata. Ma, nonostante fosse un reperto importantissimo – quando si dice celerità delle indagini! – viene restituita al suo proprietario meno di una settimana dopo. Evidentemente perché quel signore non aveva niente a che fare con i Servizi.
Mostrando poi di non comprendere la forza cogente delle prove fotografiche, l’ispettrice di polizia si lascia sfuggire un commento che avrebbe potuto risparmiarsi. Nel presentare alla Commissione Moro la sequenza fotografica sulla Alfasud della polizia targata Roma S88162 parcheggiata di traverso sul marciapiede sinistro quella mattina in via Fani, la dottoressa Tintisona aggiunge con tono poco professionale, quasi sprezzante, che non si capisce con quale logica siano state poste in sequenza le immagini dell’auto, che, dopo essere stata a lungo parcheggiata sul marciapiede, viene poi fatta arretrare fino a coprire reperti e cerchi di gesso appena tracciati dagli inquirenti sulla scena del crimine.
Con quale logica glielo spiego io, dottoressa Tintisona. È il corpo del povero Iozzino, suo collega, a darmi quelle indicazioni. È lui che mi mostra, quando ancora non è coperto dal lenzuolo, l’arrivo dell’auto civetta. È lui che mi permette di comprendere che l’auto rimane posizionata per un tempo abbastanza lungo di traverso su quel marciapiede. È lui che mi dice che il riposizionamento sospetto avviene quando lui è già stato da tempo ricoperto pietosamente con un lenzuolo. È l’agente Iozzino, signora, che da sotto quel lenzuolo, trasformandosi in timer, tenta di comunicare con noi, e anche con lei.
La sequenza obbedisce ai suggerimenti dell’agente Iozzino, signora. Morto in servizio. Dobbiamo cercare di ascoltarlo, e non fingere di non vedere, di non sentire, di non capire.
(continua)
Le fonti dello staff di iskrae
1 Comment
Attendo
con ansia la seconda parte