Iskrae prosegue nella ricerca di alcune parti dei racconti dei brigatisti (e non solo) che rimangono, sin qui, poco chiari e/o omessi e che vorremmo portare a galla.
Premessa
“Le Brigate Rosse restano unitarie fino 1980. Hanno colonne a Roma, a Milano, a Torino, a Genova, a Napoli ed in Veneto.
Le Brigate Rosse – Colonna Francesco Berardi sono la Colonna Genovese, smantellata tra il 1979 e il 1980.
Alla fine del 1980 la Colonna Milanese si dichiara autonoma dalla direzione centrale e assume la sigla:
BR-Colonna Walter Alasia.
Viene smantellata alla fine del 1983 dalle Forze dell’Ordine. La Colonna autonoma milanese Walter Alasia portò avanti una strategia finalizzata all’inserimento delle lotte operaie nella lotta armata (“sindacalismo armato”). Venne accusata dai militanti brigatisti delle altre colonne di “economicismo”, ovvero di ridurre la lotta armata ad una mera rivendicazione salariale, senza più alcuna prospettiva rivoluzionaria.
BR-PCC – Brigate Rosse per la costruzione del Partito Comunista Combattente è il nuovo nome utilizzato a partire dal 1981 dalle Brigate Rosse. Vengono smantellate dalle Forze dell’Ordine nel 1988.
Nell’ottobre del 1981 avviene la cosiddetta microscissione da parte della Colonna Veneta dalle BR-PCC. Si viene a creare la colonna:
Brigate Rosse – Colonna Due Agosto, attiva nel Veneto, viene smantellata nel marzo del 1982.
Parte della Colonna Veneta resta però fedele alla direzione centrale di Roma (BR-PCC). Si creano così le:
Brigate Rosse – Annamaria “Cecilia” Ludmann – operanti in Veneto fino al marzo del 1982.
Dall’Aprile 1981 il Fronte delle Carceri e la Colonna Napoletana, entrambi sotto la direzione di Giovanni Senzani, decidono di operare autonomamente dalla direzione centrale di Roma. Si vengono così a creare le:
BR-PG – Brigate Rosse – Partito della Guerriglia, è la rinnovata Colonna Napoletana. Tra novembre e dicembre del 1982 vengono arrestati gli ultimi militanti.
Senzani attua la scissione accusando la direzione centrale di “centralismo burocratico” (brutta copia del leniniano “centralismo democratico”), “soggettivismo tipicamente piccolo-borghese” e “revisionismo”. Esse furono d’ispirazione maoista, dalla strategia insurrezionalista piuttosto che semplicemente avanguardista, incentrando il metodo della lotta armata non tanto come fine ultimo del proletariato in lotta ma come mezzo per giungere alla rivoluzione, vicine ai bisogni del sottoproletariato e alle sue extralegalità e microdelinquenza, e infine interessate all’alleanza anti-imperialista con i movimenti del Terzo Mondo (terzomondismo maoista). Con il disfacimento della Colonna Torinese nell’estate 1982 (fino ad allora ancora vicina alle BR-PCC di Roma) si ricrea a Torino una Colonna con membri delle Brigate Rosse – Partito della Guerriglia. Il gruppo si riconosce nella sigla “Comunisti per la costruzione del sistema di Potere Rosso”, ma resterà poco attivo e terminerà di esistere nella primavera del 1983.
Nel 1984 avviene l’ultima scissione. All’interno delle BR-PCC, rimaste comunque le più forti e longeve rispetto alle altre colonne resesi autonome, si separano i militanti della “prima posizione” che mantiene lo stesso nome (BR-PCC) e quelli della “seconda posizione” che assume il nome:
BR-UCC – Brigate Rosse – Unione dei Comunisti Combattenti.
Le Brigate Rosse – per la costruzione del Partito Comunista Combattente, l’ala militarista (prima posizione), furono d’ispirazione leninista, incentrando quindi il ruolo dell’Organizzazione nel porsi come avanguardia politico-militare unicamente della classe operaia. La loro leadership era riconducibile a Barbara Balzerani. Operarono fino al 1988.
Le Brigate Rosse – Unione dei Comunisti Combattenti, l’ala movimentista (seconda posizione), a livello teorico riprendevano le tesi espresse da Giovanni Senzani con le sue “Brigate Rosse – Partito della Guerriglia”. Per questo vennero definiti i “Postsenzaniani”. Le Brigate Rosse – Unione dei Comunisti Combattenti vengono sciolte tra il maggio e il giugno del 1987. “
Nel mezzo della diaspora brigatista e nel bel mezzo di una crisi “politico-ideologica” irreversibile il 17/12/1981 le Brigate PCC rosse rapiscono il generale americano James Lee Dozier. Il sequestro avrà risvolti tragicomici. Nessuno dei brigatisti parla inglese; conducono gli interrogatori con un dizionario inglese-italiano. Gli USA mettono una taglia di un miliardo delle vecchie lire. Qualcuno ne approfitta e sparisce dalla circolazione. Dopo poco più di un mese la polizia individua la base, libera il generale e arresta alcuni br. Un brigatista, una mezza tacca sia dal punto di vista umano che politico, elevatosi a “capo” cede immediatamente alle pressioni della polizia e con le sue dichiarazioni porta all’arresto di circa trecento militanti. Quella viene indicata come la fine dell’era brigatista. Viene arrestato e condotto nel carcere di Paliano, adibito a carcere per pentiti o collaboratori di giustizia assieme, tra gli altri, alla moglie Emilia Libera anche lei brigatista.
E’ allora che il carcere di Paliano diventa un crocevia di patti, accordi, legami (anche sentimentali) e altre amenità simili. Savasta crede di ricreare le sue brigate rosse nella follia lucida di figlio di un poliziotto soprattutto nel capire che tipo di benefici può ottenere dalla Stato. E’ così che “impone” a tutti i pentiti presenti nel carcere di collaborare soltanto sugli omicidi commessi dalle organizzazioni armate ma non di quelli commessi dal “movimento” della sinistra estrema. Aderiscono quasi tutti. Uno solo non accetta e finisce in una “fogna” creata apposta per i pentiti politici e non, denominata Centro di Osservazione, una piccola struttura nella quale ci sono brigatisti, militanti di Prima Linea, fascisti, violentatori – cito alcuni a titolo di esempio: il figlio del parlamentare Dc Donat-Cattin, il fascista tossico Aldo Tisei, il neofascista Walter Sordi, uno dei componenti della cosiddetta “Banda dell’Arancia Meccanica” e altre schifezze del genere degne di finire in un girone dell’inferno dantesco.
A Paliano arrivano anche i pentiti di estrema destra. A quel punto la frittata è fatta. Nel 1985 – con il falso pretesto di una presunta “riconciliazione” arriva l’uomo dei Servizi, l’uomo di Cossiga, l’uomo di Imposimato, l’uomo della Chiesa: il “dissociato” Valerio Morucci con la sua “compagna di merende” Adriana Faranda. Lì viene sancito il cosiddetto “patto scellerato”. I pentiti e i dissociati devono parlare solo degli omicidi commessi dalle organizzazioni armate. I pentiti e i dissociati stabiliscono una scala di valori tra omicidi di serie A e omicidi di serie B. Solo a Roma sono 11; nel resto d’Italia non si sa……Tra i tanti l’omicidio di due ragazzi ad Acca Larentia, commesso con la stessa skorpion che ucciderà Ezio Tarantelli e rivendicata in stile br con un volantino e una cassetta audio. Omicidio che solleverà l’ira di Prospero Gallinari ……..perché commesso in prossimità del sequestro dell’on. Moro.
La riunione che sancirà questo patto tra pentiti e dissociati, estremisti di destra e di sinistra (che nel frattempo amoreggiano tra le pareti del carcere-albergo; nasce tra gli altri l’amore tra la brigatista rossa Emilia Libera e il fascista dei NAR Sergio Calore) sembra sia stata ascoltata nascostamente dal direttore del carcere di allora nel frattempo deceduto e che pare non abbia lasciato traccia – ma forse il DAP ne sa qualcosa -.
Nel frattempo Valerio Morucci e Remigio Cavedon, vicedirettore del quotidiano della DC “Il Popolo” cominciano ad incontrarsi – presentati dall’inviata di Cossiga suor Teresa Barillà, detta suor Teresilla – quasi quotidianamente. E’ nel 1986 che viene alla luce il memoriale Morucci cioè a dire la ricostruzione del sequestro Moro e della presunta trattativa tra Br e Stato. Quel memoriale sancirà l’accordo tra Br, Cossiga, Chiesa e settori dello Stato (Servizi, P2, Massoneria, Gladio) e che in cambio del memoriale Moro e dei silenzi e delle falsità su come avvenne il rapimento in via Fani i brigatisti cominceranno a uscire dal carcere. Il memoriale viene redatto e consegnato nel 1986 a Cossiga e diffuso solo nel 1990 quando appunto i brigatisti cominciano a beneficiare delle legge Gozzini da cui erano stati inizialmente esclusi. I pentiti avranno contributi di centinaia di milioni di lire e cambiamenti di identità e condanne ridicole, i dissociati avranno sconti di pena consistenti e torneranno alle loro vite come se nulla fosse accaduto occupando attualmente in non pochi casi anche posizioni di prestigio nel mondo della politica, della cultura, ecc……..sostenuti da quella che Massimiliano Griner ha ben raccontato nel suo libro “La zona grigia”
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2 Comments
Per quello che mi riguard il patto tra pentiti e dissociati a Paliano c’è stato, ma prima dell’arrivo ufficiale di Morucci (1985 ?). Non ritengo che sia farina del sacco di Savasta, tra l’altro lui aveva già “accennato” dell’omicidio Zicchieri, in cui gli autori dovevano insegnare la lotta antifascista. Comunque dopo questo patto, al processo , lui ne aveva sentito parlare!
Per quanto riferitomi da una persona presente a Paliano la decisione di non parlare degli omicidi commessi dal movimento viene presa per primo da Savasta nel 1982. Poi, nel 1985 con l’arrivo di Morucci a Paliano e dei pentiti di estrema destra il !patto di Paliano” prende corpo e viene accettato da tutte le componenti presenti nel carcere