-Riccardo Castagneri- Luca V. Calcagno
“Restiamo umani”, due parole, quasi un monito, con cui Vittorio Arrigoni chiudeva i suoi articoli.
Non è rimasto umano, però, chi lo ha ucciso nella notte tra il 14 e il 15 aprile 2011, strangolandolo. Ritrovato in un appartamento di Gaza city; la sera di mercoledì, uscito dalla palestra dove era solito recarsi, aveva prenotato un tavolo in una trattoria gestita da amici per le 22; alle 22:30 non vedendolo ancora giungere, viene cercato al cellulare, che risulta staccato.
Ad ucciderlo, dirà dopo le indagini la Sicurezza di Hamas, è stata una cellula terroristica fuori controllo, il gruppo salafita al-Tawhid wa’al-Jihad.
È la fine di un ‘amico del popolo Palestinese’, insignito della cittadinanza onoraria: “Per uno come me, venuto su a pane e antifascismo, la lotta per la liberazione della Palestina è l’arena più congeniale per esprimere ciò in qui più credo.
L’unico, l’ultimo popolo al mondo ancora oppresso da una egemonia coloniale.”
Attivista umanitario, reporter con accesso alla Striscia di Gaza, praticamente l’unico giornalista in contatto con quelle realtà, tutto raccontato nel suo blog Guerrila Radio, sgradito ad Israele, che lo ferma e lo espelle più volte, picchiato dai soldati dell’esercito israeliano.
Arrestato e torturato per il suo impegno pacifista: un eroe, un martire dei nostri tempi.
Ma Vittorio è solo l’apologia che ci è stata raccontata?
I suoi assassini sono davvero i membri di una cellula salafita fuori controllo, Brigata Muhammad Ibn Muslim, che neppure esisteva?
Sono alcune delle domande che si pone la giornalista Monica Mistretta nel suo libro ‘Vittorio Arrigoni, il cono d’ombra’, edito da A3books. Ed è con le domande, più che con le risposte che si arriva alla verità e l’obiettivo del libro è rischiarare il cono d’ombra sulla morte del giovane attivista.
Omicidio sul quale si è trattato molto, ma solo in una direzione univoca e superficiale.
Vittorio sarebbe stato ucciso dai jihadisti salatiti perché diffondeva a Gaza i vizi propri dell’occidente, un po’ debole e riduttiva come motivazione per una morte eccellente sulla quale sembra stagliarsi l’ombra di Fatah
Un processo anomalo, istruito da una Corte composta da militari, ragione per cui gli avvocati della famiglia Arrigoni non possono costituirsi parte civile, confessioni rese da imputati che in pratica non dicono nulla.
Tante, troppe stranezze e nessuna risposta sul perché Vittorio è stato rapito e ucciso: ma chi aveva interesse ad ucciderlo?
Un personaggio scomodo, scaricato dall’Italia e amato da Hamas, ufficialmente un movimento terroristico che però segretamente incontra i rappresentanti di tutti i governi europei.
Quindi tutto semplice, acclarato, Vittorio Arrigoni è stato ucciso dai salafiti o da Hamas! Forse non è così, forse è quanto si è tentato di far credere, con un certosino lavorio di depistaggi.
Depistaggio ovviamente italiano, che si potrebbe rivelare un boomerang: Hamas non ci sta e si difende raccontando la sua verità a Monica Mistretta, i responsabili dell’omicidio di Arrigoni sono Fatah e gli americani.
E un’inquietante rivelazione di Muhammad Hannun, presidente ABSPP e API “Non auguro a nessuno di scoprire che l’Italia è coinvolta in questo omicidio, stare lontano da questo caso significa nascondere la vergogna”, lasciando intendere che l’esecuzione è stata attuata con il consenso italiano.
L’Italia. La procura di Roma apre un fascicolo per sequestro di persona con finalità di terrorismo aggravato dalla morte dell’ostaggio il 15 aprile.
Impraticabile la collaborazione giudiziaria: Hamas è nella lista europea delle organizzazioni terroristiche, un’inchiesta senza strumenti per procedere.
Silenzio anche da parte del Copasir e della politica, un silenzio strano, dal momento che un italiano è stato assassinato.
Ad accogliere la salma di Vittorio, il 20 aprile, nessun rappresentante istituzionale, sulla bara non c’è la bandiera italiana, solo quella palestinese e una kefiah, eppure Arrigoni aveva ottimi rapporti con il mondo della politica, in special modo con Massimo D’Alema.
E il pensiero corre al traffico d’armi, armi provenienti dalla Libia dirette verso il Sudan con destinazione Gaza, un funzionario del ministero dell’Interno di Gaza confida a Monica Mistretta che Vittorio, attivo sui pescherecci palestinesi, è stato ucciso per impedire il traffico d’armi nella Striscia.
Cosa trasportavano quei pescherecci?
Interrogativi irrisolti, ma alla verità si arriva più con le domande che con le risposte.
Maggiori informazioni sul libro