Il dottor Giuseppe Pandiscia è presente di persona in via Fani, accanto a Infelisi; fa finta di non vedere cosa succede, fa fare le foto e poi le perde, fa sparire e riapparire le borse di Moro, e nel verbale firmato da lui la Mini cambia colore
Il dottor Giuseppe Pandiscia contribuisce scientificamente alla devastazione della scena del crimine, la mattina del 16 marzo 1978 in via Fani. Assorto nei suoi pensieri impenetrabili dietro i suoi occhiali Ray-Ban, ascolta Infelisi soprappensiero, mentre intorno a lui accade scientificamente di tutto. La gente prende a calci le palle, le borse di Moro sul sedile posteriore della Fiat 130 blu vengono verbalizzate, poi scompaiono, poi tornano di nuovo al loro posto; delle foto che il funzionario sviluppa per conto di Infelisi poi non si saprà nulla…
Ascolti, dottor Giannini.
Nel verbale il funzionario fa scrivere: “Sul lato destro del pianale posteriore, tra lo schienale del sedile anteriore destro e il piano del sedile posteriore poggiano una valigetta 24 ore e una borsa diplomatica. Sia la valigetta che la borsa sono regolarmente chiuse”. Ma quando arriva Eleonora Moro, pochi minuti dopo, le borse sulla macchina di Moro non ci sono più. Dopo qualche ora, quando i cadaveri degli agenti uccisi sono già stati portati via, le borse riappaiono al loro posto.
Mentre le borse vanno e vengono, Pandiscia dov’è? È occupato a fare del suo meglio per accrescere la confusione, e, per ottenere il suo scopo, mette subito al lavoro il maresciallo Pressappoco, che viene incaricato del verbale. Tra altre sciocchezze che si tacciono per carità di patria, nel verbale redatto da Pressappoco e firmato da Pandiscia (che era lì, sul posto, con gli occhiali Ray-Ban) la Mini Cooper di Moscardi, color verde chiaro con il tettuccio nero, diventa di colore bordò. Ma che occhiali porta Pandiscia? Forse il funzionario, oltre che alquanto sbadato, è anche daltonico. Ma non è questo il suo difetto maggiore. Del verbale di restituzione dell’altra auto strategica per il buon esito del blitz, la Austin Morris del Bonanni, viene incaricato il commissario capo della Digos Carlo De Stefano, che il 23 marzo 1978 si libera della macchina del Bonanni firmando un verbale farlocco, nel quale è scritto che l’auto era parcheggiata di fronte al civico 109 : una colossale balla. Certo, non avrà scritto così perché era incapace. Non era mica il maresciallo Pressappoco lui, era il responsabile della Digos romana. Se scrive così è perché gliel’hanno ordinato.
Cosa succede allora in via Fani, dottor Giannini, la mattina del 16 marzo 1978? Succede che oltre al maresciallo Pressappoco scende in campo anche il tenente Tengofamiglia, che fa il finto tonto per fare carriera. Fra il desiderio di verità per rendere giustizia ai colleghi ammazzati e la carriera, il Tenente Tengofamiglia sceglie la carriera. Ma anche Ricci, Leonardi, Rivera, Zizzi e Iozzino tenevano famiglia. E non hanno fatto carriera, loro. Per loro lo Stato aveva pensato ad un altro avvenire, luminoso, da eroi. Con l’aiuto delle Br.
(continua)
Le fonti di iskrae