Guerra dove tutti barano e ognuno ha il suo nemico preferito. Erdogan anti curdo, anti Assad e poi, forse, Isis
Oggi vertice Nato a Bruxelles su richiesta della Turchia per discutere le operazioni militari contro l’Isis e i curdi separatisti del Pkk. Erdogan invoca l’articolo 4 del trattato Atlantico per discutere le minacce ai suoi confini. La guerra all’Isis o quella turca ai curdi e governativi di Assad?
di Ennio Remondino
Chi è il vero nemico di chi? Uno dei peggiori e più sporchi pasticci nelle guerre recenti iniziato proprio in Siria. Adesso la Turchia chiede ad amici ed alleati di intervenire per sigillare quei confini che prima aveva voluto colabrodo a sostegno dei ribelli. Visto che la Coalizione anti Isis a guida Usa non sembra funzionare, chiamiamo in campo l’altra armata di supporto Usa? E le probabili prossime elezioni anticipate volute da Erdogan? Forse questa volta alla Nato qualcuno dirà di no. Lo ha già fatto la Germania che di una guerra tra turchi e curdi ne fa volentieri a meno avendone molti in casa.
Chi combatte chi? E una guerra per cosa? I curdi siriani accusano la Turchia di bombardare le loro truppe. L’esercito di Ankara avrebbe preso di mira alcuni villaggi occupati dai curdi nel nord del paese. La Turchia ha aperto un’inchiesta, ma ha ribadito che non sono i curdi, ma i jihadisti Isis l’obiettivo dei raid aerei turchi in Siria, ma nel nord dell’Iraq continua a bombardare il Pkk curdo. Intanto i combattenti curdi siriani delle Unità di protezione del popolo (Ypg) hanno preso il controllo di un centro abitato vicino al fiume Eufrate sino a ieri controllato dalle milizie jihadiste dell’Islamic State.
Chi fa la guerra vera, sul campo, quello lo sappiamo. Molto più difficile capire il resto. Certamente è saltata la tregua tra Pkk curdo e governo di Ankara. Per colpa di Chi? I problemi in politica interna di Erdogan influiscono certamente. Attacchi aerei alla Siria e caccia al terrorista in casa con veri e proprio rastrellamenti. Tensione che pare voluta. Un’autobomba contro un veicolo militare nel sud-est uccide due soldati e ne ferisce quattro. Di fatto le trattative di pace avviate nell’autunno 2012 dal regime di Erdogan con il capo del Pkk Ocalan in carcere non hanno portato a nessuna reale intesa.
Ora la mossa del vertice Nato. Il solitamente guerriero Jens Stoltenberg, segretario generale, questa volta è prudente: ‘Gli alleati Nato seguono gli sviluppi molto da vicino e si schierano solidali a fianco della Turchia’. Meglio la cancelliera tedesca Angela Merkel che ha esortato il suo omologo turco Ahmet Davutoglu a perseguire il processo di pace con i curdi: ‘non abbandonare il processo di pace con i curdi, ma al contrario di insistere nonostante tutte le difficoltà’. Ma forse ciò non coincide con alcuni interessi politico-elettorali turchi ormai imminenti. Governo di coalizione o elezioni anticipate.
Singolare il ‘triangolo’ tra Stati Uniti, Turchia e realtà curde. Il Pkk, ad esempio, gruppo considerato terroristico da Turchia e Stati Uniti ma fino a oggi vero baluardo militare insieme ai curdi del Pyd siriano di fronte all’avanzata dello Stato islamico in Medio Oriente. I militanti curdi hanno fatto sapere di considerare conclusa la tregua unilaterale con Ankara proclamata nel 2013, dopo all’avvio dei negoziati. Qualche prudenza anche in Turchia dove fonti militari assicurano che ‘non saranno inviate truppe di terra in Siria’. Salvo diverse intese Erdogan-Obama di cui prima o poi saprà anche il mondo.
28 luglio 2015