Foto: Saverio Lodato ©Paolo Bassani
Vittorio Casamonica la rappresentava!
di Saverio Lodato
E il mondo ride di Roma…
Non hanno voluto sciogliere il consiglio comunale di Roma, per paura che all’estero risultasse scempiata l’immagine di Caput Mundi. Hanno fatto di tutto per mettere la sordina alla devastante inchiesta che aveva portato allo scoperto il verminaio dei rapporti fra mafia, affari e politica, senza alcuna distinzione fra centro destra e sinistra.
Hanno scatenato un vespaio polemico attorno alla figura di Ignazio Marino, il sindaco, con lo scopo di distrarre l’opinione pubblica da una questione che era, è, e resta di sostanza, sostituendola con un perenne referendum su una persona. Dovevano infatti scomparire, come per un gioco di prestigio, i contenuti di quelle intercettazioni telefoniche in cui veniva spiegato in maniera esemplare che a Roma esistono un “mondo di sotto”, un “mondo di sopra” e un “mondo di mezzo”. Avevano frettolosamente insediato “commissari” e “sceriffi”, con il mandato di stanare i colpevoli che hanno fatto della città e dell’intero litorale romano una cloaca a cielo aperto. La Bindi stigmatizzava. Renzi tuonava. Orfini si rimboccava platealmente le maniche, come stesse entrando in un saloon. E il bello è che la messinscena aveva funzionato.
Tutto, come per incanto, era tornato sotto controllo. I riflettori dei media erano andati a pascolare altrove. Ignazio Marino era rimasto al suo posto. La ruota, per tutti, aveva ripreso ai girare. E di Bella Roma, nessuno ne parlava più.
Poi, si è scatenato l’imprevisto.
Sul cielo di Bella Roma, le note del Padrino, struggenti e prorompenti, si sono incontrate con i petali di rosa in onore di Vittorio Casamonica, il capo del clan più temuto di Roma e più a piede libero di qualunque altro clan che operi nel territorio nazionale.
Che spettacolo. Che punizione divina per i politicanti romani e nazionali. La “Nemesi”, la chiamavano gli antichi greci che di incazzature divine se ne intendevano. Una vendetta divina, come se anche il Padreterno non ne potesse più di quest’infinita e pelosa retorica italiota.
E chi avrebbe mai potuto immaginare in una bella giornata di sole un tiro a sei, cavalli neri come la pece, per un funerale d’eccellenza celebrato dallo Stato-Mafia e della Mafia-Stato? Chi avrebbe mai potuto immaginare manifesti con l’effige del defunto a grandezza naturale, come avviene nei cimiteri del Madagascar, usanza che ispirò l’horror “La notte dei morti viventi”, giustapposta alla Basilica di San Pietro? Chi avrebbe mai potuto immaginare l’elicottero che spandeva rose rosse sulle teste del clan più temuto e più a piede libero del mondo? E il prete sul pulpito, ad aprire una porticina per far entrare in Paradiso il “Re di Roma” che deliziava i suoi affiliati con Rolex e karaoke?
E chi avrebbe mai potuto immaginare il provvedimento della magistratura affinché i carabinieri garantissero tempestivamente la visita degli stretti congiunti alle esequie di Vittorio Casamonica vissuto e morto “a modo suo”?
E chi avrebbe mai potuto immaginare che sarebbero scomparse quelle “ragioni di ordine pubblico” che, solo per far un esempio a noi vicino, vietarono in Sicilia i funerali di boss del calibro di Luciano Liggio e Michele Greco, oltre che di centinaia di affiliati a Cosa Nostra? E chi avrebbe mai potuto immaginare, infine, che i “ragazzi del clan” avrebbero forato gli schermi televisivi spiegando che loro non sono mafiosi perché i veri mafiosi “sono quelli che gettano in faccia l’acido alle persone, stuprano i bambini e infilano i neonati nelle lavatrici”?
Che spettacolo vedere che uno dei più grandi “kolossal di mafia” che siano mai stati girati si è prodotto da solo, senza registi di grido, senza coproduzioni italo-americane, senza sopralluoghi, senza provini per le comparse, senza un euro di finanziamento pubblico. E per di più ambientato a Roma.
I Casamonica recitano se stessi, ha scritto giustamente un osservatore più acuto degli altri. Già.
Ma qual è la parte che recitano i rappresentanti dello Stato? Difficile da capire. Una volta si chiedevano le dimissioni di qualcuno, e qualcuno si dimetteva. Poi si chiesero le dimissioni di molti, e molti cominciarono a non dimettersi.
Ma oggi?
All’indomani della grande anteprima romana di un kolossal che resterà a pieno titolo della storia del cinema, a chi dare la colpa?
Al cuoco cinese, come nei vecchi gialli di una volta? All’elicotterista? Al prete? Al Questore? Al magistrato? Al capo dei carabinieri? Al sindaco? Al comandante dei vigili urbani? Suvvia, smettiamola di far ridere il mondo. Tognazzi e Sordi non raggiunsero mai le vette di ilarità che provoca nel mondo la nostra classe politica. Ormai siamo andati oltre, molto oltre.
O invece sapremo a chi dare la colpa, visto che i giornali ci informano che il prefetto di Roma, Franco Gabrielli ha presentato al ministro degli interni Angelino Alfano la “sua relazione” mentre si annunciano “importanti decisioni” per la prossima settimana? Ma un ministro degli interni e un Prefetto di Roma che fanno di mestiere? Si scambiano relazioni? Sarà che sono cambiati i tempi.
Comunque, preparatevi. Qualche testa salterà. Renzi dirà la sua, visto che da quando la vicenda è esplosa non ha detto una parola. Poi, qualcuno, andrà in televisione – e i giornali scrupolosamente registreranno tutto -, per proporre che i responsabili, veri o presunti, del “Casamonica Day” siano caritatevolmente affidati a Don Mazzi che si dichiarerà immediatamente disponibile ad accoglierli nella sua comunità.
Per redimerli.
Viviamo dentro uno Stato-Mafia.
Roma, ormai, ne è la capitale.
E il mondo ride di Roma…
22 agosto 2015