di Manlio Dinucci
Oltre alle circa 200 bombe nucleari Usa schierate in Italia, Germania, Belgio, Olanda e Turchia (che potrebbero essere molte di più di quelle stimate), e oltre a quelle a bordo delle unità navali statunitensi nei porti e nelle acque territoriali dell’Europa (il cui numero è imprecisato), la Nato dispone in Europa, secondo le stime della Federazione degli scienziati americani, di 300 testate nucleari francesi, 290 delle quali schierate (pronte al lancio), e di 215 britanniche, 150 delle quali schierate. Secondo le stesse stime, gli Usa dispongono complessivamente di 4700 testate nucleari, di cui 1900 schierate. La Russia, di 4500, 1780 delle quali schierate. Ciò significa che la Nato mantiene 2340 testate nucleari pronte al lancio ventiquattr’ore su ventiquattro, a fronte delle 1780 russe.
Il vantaggio dello schieramento Usa/Nato consiste nel fatto che centinaia di testate (oltre 600) sono schierate sul territorio europeo in prossimità di quello della Russia europea. È come se la Russia avesse schierato in Messico centinaia di testate nucleari puntate sugli Usa. Avvicinate agli obiettivi, armi nucleari tattiche (come la bomba B61 che sta per essere sostituita dalla B61-12) ottengono lo stesso effetto di quelle strategiche. E i missili balistici francesi e britannici possono colpire obiettivi in territorio russo pochi minuti dopo il lancio, mentre un missile balistico lanciato dal territorio statunitense impiega circa mezzora. Ciò spinge la Russia a schierare nella sua parte europea armi tattiche, come il missile Iskander a duplice capacità convenzionale e nucleare, con gittata fino a 400 km.
Un uso anche parziale di questo arsenale cancellerebbe l’Europa dalla faccia della Terra. Basti pensare che una bomba nucleare da 1 megaton vaporizza persone e cose, scioglie l’acciaio e il vetro, fa scoppiare il cemento. In un raggio di 3 km, tutte le persone muoiono all’istante e la distruzione è totale. A circa 7 km il calore scioglie l’asfalto delle strade, incendia legno e stoffe all’interno delle abitazioni. Tutte le persone all’aperto subiscono ustioni mortali; molte restano accecate dal lampo e perdono l’udito per la rottura dei timpani. A circa 14 km il calore è ancora abbastanza forte da provocare ustioni di terzo grado. Il maggior numero di vittime viene provocato dalla successiva ricaduta radioattiva, in un’area di circa 10mila km2. A seconda dell’esposizione, le radiazioni uccidono nel giro di giorni, settimane, mesi od anni, e danneggiano le generazioni successive.
30 settembre 2015