Angelo Ruggeri
“Chi dopo Marx se non Antonio Gramsci?” (Althusser).
Chi dopo Gramsci se non Salvatore d’Albergo?
L’impronta gramsciana di S. d’Albergo, nel movimento operaio democratico con ed anche sul Centro culturale e di iniziativa politica e sociale “Il Lavoratore”
La lunghezza dei “corridoi” del suo pensiero e della sua azione: quantità, qualità e intensità del suo lavoro e della sua vita.
AD UN ANNO DALLA MORTE DI SALVATORE D”ALBERGO, già Presidente dell'”Istituto giuridico ‘Santi Romano” e del Comitato scientifico della Rivista “Fenomenologia e Società” diretta da Padre Giuseppe Pirola, fondatore e presidente del MOVIMENTO Nazionale Antifascista per la DIFESA INTEGRALE e il RILANCIO della COSTITUZIONE e fondatore e presidente del “Centro culturale e di iniziativa politica-sociale-economica IL LAVORATORE” ora dedicato a suo nome come “Centro Salvatore d’Albergo-Il Lavoratore”, trasmettiamo, nell’allegato sotto, un suo ARTICOLO INEDITO (per chi non conosce il giornale settimanale IL LAVORATORE) tratto dal settimanale Il Lavoratore/oltre, del 10-4-1992. SALVATORE D’ALBERGO: DALLA DEMOCRAZIA DI MASSA AL GOVERNO DEL RE”. “dai molti di un oggi può derivare un male e dai pochi di un oggi può derivare un grande bene domani” (Diderot).
Essere “grandi” non significa essere “grossi” o “tanti”, significa “pensare in grande” per essere e diventare un potente matrice da cui poi fuoriescono anche i “tanti”: come la matrice dei pochi comunisti del 1921, da cui nacquero i milioni e milioni di comunisti del piu grande partito comunista non solo dell’Occidente ma del mondo.
“In certo senso, d’Albergo, a noi ricorda anche l’eroico Korczak, per quello speciale rapporto che come il grande educatore Korczak (che non volle lasciare i bambini, della sua speciale scuola di “educazione”, quando furono portati nei campi di concentramento, dove lui, volontariamente, li segui anche li e vi morì), d’Albergo sapeva instaurare con i bambini – il solo e unico uomo e giurista che giunse a considerarli un nuovo “soggetto sociale generale”, battendosi affinché venissero riconosciuti pienamente come “soggetto di diritto”
“Certo il caso più eclatante può dirsi quello di Antonio Gramsci i cui Quaderni offrono in quantità “industriale” di innumerevoli “appigli” per sviluppare intensi momenti educativi morali e intellettuali, approfondendo e sviluppando criticamente un’opera scritta da carcerato e in condizioni impossibili, senza pari ne precedenti nella storia, che è all’altezza di quelle che i più grandi pensatori hanno scritto comodamente a casa proprio – e con la piena disponibilità di intere biblioteche da consultare – si da essere, Gramsci, definito “scienziato della politica”, ”il più grande analista del potere dai tempi del Machiavelli”, oggi, l’italiano più letto, diffuso e studiato nel mondo.
Nessuno, a mio avviso, merita considerazione quanto colui che offre a uno spirito critico l’opportunità di un momento educativo di una certa intensità e “appigli” per una continua crescita educativa, morale e intellettuale, in ogni campo.
Qui, oggi, non vogliamo dilungarci sugli appigli che il pensiero di Gramsci offre ad ogni spirito critico, ma richiamare il fatto che il pensiero di Salvatore d’Albergo offre una altrettanto grande quantità di “appigli” utili per una continua crescita educativa e culturale, politica , morale e intellettuale, pensiero che come Gramsci sa offrire con la sua opera l’opportunità di momenti educativi di una grande intensità, non solo a mio avviso, credo.
La lezione di Salvatore d’Albergo (certamente uno dei maggiori conoscitori e il più originale studioso del pensiero e dell’opera di Gramsci), a cui in molti ci rivolgiamo, consiste, tra altro, nel fatto che egli la offre, tale opportunità, come forse nessun altro membro della cultura democratica sociale, politica e istituzionale e nessuno dei membri della corporazione di professori universitari e corporazione dei giuristi.
Può darsi che l’indolenza e o l’ignoranza facciano preferire a molti la vuota forma rispetto all’imparare qualcosa su di lui, che costituisce per noi e per molti che l’hanno conosciuto, il più esime maestro ( a cui non si atteggiava mai, anzi…). Questo anche perché, almeno in parte, oggi, anche tra di noi, la sua scienza è per cosi dire “screditata” dal punto di vista e a causa dell’affievolirsi o del venire meno una qualsiasi forma di attenzione guidata e motivata.
Per cui se e quando capita, di rado, al massimo, gli si rendono tributi formali, perché per capire la sua lezione, la sua scienza e la sua opera guidata dalla teoria della prassi, occorre molta, moltissima “attenzione guidata e motivata” a cui spesso, altri appartenenti al suo stesso campo rinunciano o propriamente non l’hanno mai avuta, in quanto – per apparire ed imporsi – preferiscono essere facili e sciati, faciloni, anziché lo studio accuratissimo a cui ci ha abituato D’Albergo.
Uno degli uomini più umano tra quelli che hanno camminato sulla Terra, egli visse e respirò tanto sia come uomo che come scienziato sociale: e questo sembra o ci pare quasi sconcertate. Perché se è vero che una cosi vasta parte di vita possiamo conoscerla soltanto vivendo e il viverla impegna la maggior parte del tempo della nostra esistenza mortale, come può riuscire in un’opera cosi vasta e intensa, che raggiunge le più alte vette di una elaborazione segnata dall’unità organica di tutte le scienze e conoscenze, e nel contempo, come uomo aver vissuto tanto pienamente immerso nella realtà sociale e nella vita quotidiana degli uomini (compresi i bambini per i quali si è tanto battuto, anche con noi, affinché venissero riconosciuti come “soggetti di diritto” e come nuovo soggetto sociale generale, più generale, certamente, del movimento delle donne o femminista ); nella vita quotidiana di tutti coloro con cui veniva a contatto, specialmente nella vita anche quotidiana sia singola che collettiva, di lavoratori e dei ceti più popolari.
Come è possibile riuscire ad essere tanto concentrato nel campo dell’elaborazione scientifica e della lotta sociale della lotta sia teoretica che pratica e nel contempo essere tanto profondamente assorto, appassionato e concentrato, al servizio della vita e degli uomini, con cui ha combattuto ed agito, faticato e sofferto in prima linea come un soldato qualunque, e senza attendersi ne ricevere e tanto meno ricercare alcun privilegio.
Certo la ricchezza e la forza del suo temperamento, possono in parte chiarire la questione.
Il fatto é, credo, che visse sempre in relazione a ciò che richiedeva la particolarità del momento, perennemente alla carica, con eroica e pesante lancia in resta, contro ogni soggetto o fatto che svilisse o negasse la novità storica e l’originalità delle progressive conquiste storiche, sia degli ultimi 50 anni che degli ultimi 500 anni, e, da ultimo, fino all’ultimo respiro, contro gli affossatori della teoria della democrazia di massa e antifascista: quella che lui definiva l’ideologia della nostra Costituzione, nata e scritta – come lui stesso vergò – “nel fuoco delle lotta durante la crisi del liberalismo e poi della nascita del fascismo primo partito organizzato e di massa della borghesia”.
La quantità e la qualità assieme all’intensità del suo lavoro sono insieme e allo stesso tempo il suo segno distintivo. E’ in questa luce che lo vediamo ancora tra noi, ed è a causa dell’instancabile energia morale oltre che fisica e intellettuale che, a mio parere, la sua fortuna e i suoi privilegi sono stati, più di quelli di chiunque altro, non solo invidiabili ma sono stati il privilegio di godere dell’invidia degli altri: e questo nonostante il peso della fatica e L’ESIGUITA’ DELLA SUA RICOMPENSA.
Proprio la ricchezza di vita vissuta vicariamente nella sue interezza, costituisce a mio parere, uno degli aspetti più attraenti per chi lo ha conosciuto o per chi lo ha invidiato come e da tanto i tanti invidiosi colleghi.
Perché i loro passaggi, come i nostri del resto, sono per lo più brevi e bui, si che arrivano subito al fondo dove trovano un muro cieco e sordo, incapace di produrre qualche risonanza, per cui non resta che tornare indietro.
Viceversa i corridoi del pensiero e dell’azione di d’Albergo, consistevano nella straordinaria quantità e lunghezza – donde, per capire la profondità del suo pensiero, la necessità dell’attenzione guidata e motivata che oggi molti hanno smarrito – cosa che ci riporta alla questione dell’intensità del suo pensiero e dell’intensità con cui si vive o meno: e l’intensità con cui egli visse è registrata, per noi, in una molteplice quantità di fatti, di episodi ed in ogni pagina dei suoi scritti, della sua opera e della sua vita: in cui moltiplicando le relazioni, il suo progetto era, principalmente, quello di trattare non un mondo di idee animate da figure che le rappresentassero, ma il mondo reale, che gli stava davanti, solido e affollato, palpabile e sperimentabile: un mondo dal quale le idee sarebbero state e sono state da Lui inevitabilmente chiamate in causa.
E’ questo, credo, che, come anche a noi, ha già offerto e offrirà alle generazioni future, l’opportunità di crescita educativa, rispetto a tanti tellettual-in la cui loro opera, relativamente lineare e semplice persino gioiosa e armoniosa, non presenta alcun appiglio per la nostra e altrui analisi presenti e future, non più di quanti potremmo trovarne in uovo, bello, liscio, levigato, magari anche abbellito da un raccontare “bello” o persino “poetetico” fatto di parole senza concetto.
E’ dagli appigli che ci ha offerto il suo pensiero, che nascono le tante cose di cui ci siamo occupati e di cui abbiamo scritto su tutti e i più svariati temi e argomenti, come quelli qui allegati e quelli che tante e svariate volte abbiamo trasmesso.
Il merito delle quali va attribuito, in buona o massima parte, proprio agli “appigli” e “stimoli” del pensiero e dell’azione, dell’opera di vita e teoretica di Salvatore d’Albergo di cui oggi celebriamo il primo anniversario della sua morte.
Avvenuta nel succedersi dei fatti, quando il 2 ottobre dello scorso anno, finalmente, apparve un nostro congiunto articolo sul Manifesto che rompeva l’omertoso silenzio “sul vero significato dell’Art 18 dello Statuto dei lavoratori ” – per cui mi disse di ringraziare Mario Agostinelli che con i suoi “canali”, ormai pochi anche per lui, aveva contribuito a farlo pubblicare.
Si che il 3 Ottobre Salvatore lo trovai felice come una Pasqua, per aver rotto la congiura del silenzio sul 18, anche se permaneva e permane ancora oggi la l’omertosa congiura del silenzio sull’Art. 12 della c.d. “revisione” costituzionale di Renzusconi e delle sue Petacci di governo. Articolo 12, rigo 27, che sovverte, ribalta, il sistema parlamentare in un regime di governo del RE, sancendo la prevaricazione e la dominanza del governo e del suo “capo” (o dux come si diceva nel ventennio) sul Parlamento, con una attribuzione di potere al governo equipollente a quello che la Legge Mussolini introdusse nel 1925. Salvatore si batteva – anche in rapporto e polemica con Travaglio che ci censurava – contro tale c.d. “revisione”, dal 1 luglio e, dalla fine di Agosto, quando Lui e soltanto lui – tra i tanti giuristi e parlamentari – scoprì il carattere golpista Art. 12, ancor più attaccano l’obliqua restaurazione del “bicameralismo (storicamente: due camere di cui una non elettiva e con funzioni non paritarie che solo la nostra Costituzione seppe superare) e denunciando tale obliato articolo 12 che Salvatore aveva saputo decriptare, quindi smascherandolo (il solo e unico giurista ad aver “capito” e “scoperto” di cosa si trattava) e denunciandolo come la principale e VERA POSTA IN GIOCO nell’attuale attacco “revisionista” alla nostra Carta del 1948 . In tale contesto e succedersi di fatti, la notizia ferale della sua inattesa morte, il giorno 4 ottobre 1914. Angelo Ruggeri
Pensieri. Un anno ancor più duro di quanto già immaginavamo, dalla morte di Salvatore d’Albergo.
Un’elaborazione del lutto già di per sé difficile, reso ancora più difficoltoso dal trascinarsi e aggiungersi di altri “lutti”. La morte di d’Albergo,ha rinverdito quella del suo grande e incommensurabile “compagno” umano e intellettuale, Giuseppe Pirola (dopo la sua morte nel tentativo di salvare Fenomenologia e società dai suoi detrattori, con d’Albergo mettemmo a punto – come si era soliti fare come comitato scientifico – un programma di ricerca e di approfondimento (tramite i seminari mensili del Comitato scientifico allargato), che era il proseguimento coerente del lavoro svolto dalla rivista, nei 10 anni in cui come Centro Il Lavoratore e singoli collaborammo con la rivista di Pirola.
Programma che nell’arco di circa due anni (come solitamente richiedeva ogni numero della rivista) avrebbe dato vita al primo numero della Rivista successivo alla morte di Pirola. Programma di lavoro e approfondimento – ampio e complessivo ma con al centro l’ormai obliato il diritto pubblico economico – che, ovviamente, ho nel computer, che prima o poi invierò e che potrebbe ben servire anche come programma e lavoro di ricerca per il “Centro Salvatore d’Albergo-Il Lavoratore”. Cosi come tenterò di inviare quanto ho, per cosi dire, verbalizzato, con gli appunti (battuti con la macchina da scrivere “famosa”, facilmente riconoscibile da tutti in CGIL) riassuntivi del dibattito di tre giorni (e tre notti) di quel seminario residenziale dell’Aloisianum di Gallarate – uno tra altri, ma mai con più di 12 persone – come era solito fare Pirola.
Seminario titolato: KELSEN E IL POTERE, dove d’Albergo (come qui e là, a “spezzoni” ho talvolta raccontato) anche facendosi forte del diritto della nostra Costituzione, ebbe modo di mostrare il fallace pensiero di Bobbio circa la teoria pura del diritto dello stato e letteralmente “smontare” il pensiero e l’ideologia giuridica tradizionale, propria dello stesso Bobbio e soprattutto dei “giuristi e intellettuali di chiara fama”; con piena approvazione e sostegno da parte di Pirola, ma anche del filosofo Natoli e, persino, di Fassa (prima di essere “scomunicato” dopo aver aderito alla lega), dopo che al termine della mattinata del primo giorno, Gianfranco Miglio, “teorico” e “imitologo” di Karl Schmitt e fondatore del famigerato “Gruppo di Milano” – assertore di un “giuridicismo” asservito al politicismo e al potere dall’alto delle classi dominanti – se l’era data a gambe levate, sparendo dalla circolazione e dal confronto, avendo inteso e fiutato di essere ìmpari e incapace di sostenere il confronto con un Salvatore d’Albergo. Tanto fu lampante la superiorità gramsciana e la prevalenza del pensiero di d’Albergo su quello di Bobbio, dei giuristi e della loro ideologia giuridica, che Bobbio si oppose alla pubblicazione degli atti di quel seminario, con tutto il peso del suo potere (anche di ricatto: “non verrò più all’Aloisianum” dove pure era di casa), con tutta la sua boria accademica da cui d’Albergo era quasi il solo e forse l’unico, prof. o docente, ad esserne totalmente esente (come ha notato anche Lidia Menapace).
A tale e tali lutti si sono aggiunti quelli per l’agonia se non già la morte della democrazia e di quella che è stata per d’Albergo e per tutti noi, la principale ragione di vita e di lotta, economico-sociale-istituzionale e di impegno culturale, civile e politico: la Costituzione italiana di democrazia economico-sociale, la più giovane, la più recente e la più “avanzata” forma di democrazia, forma di stato e forma di governo , diversa ed opposta ad ognuno dei modelli di tutto l’Occidente capitalistico che si ispirano alla più vecchia costituzione del mondo ancora vigente quale è quella USA. a cui renzusconi e le sue Petacci di governo in combutta e al servizio della City londinese del capitale finanziario, vorrebbero appaiarci.
Ma anche la morte qui e la di qualcuna delle “isole” di comunismo realizzato, in tanti e vari gruppi e forme di aggregazione – sia laiche che religiose, sia sociali che politiche – cioè dove i rapporti tra le persone non sono dominati dai rapporti di produzione capitalistici ne dalla prevaricazione ideologica e da forme di prevalenza degli uni sugli altri, di dominio o di comando propri della cultura d’impresa specie quella rifacentesi al manchesterismo lombardo-piemontese, ambrosiano-milanese.
Ma come tanti od ognuno di voi, anche io, a un anno dalla morte “del caro-carissimo compagno d’Albergo” – come ad esso si rivolge abitualmente Hobel che aggiunge “nessuno merita più di lui!” – in questo anniversario, intendo riferirmi soprattutto all’uomo di scienza e coscienza di nome Salvatore d’Albergo, alla sua statura identitaria e morale che rende il suo “Io” sociale/individuale, immune da ogni possibile devianza ideologica o di “falsa coscienza” accentuando il valore del suo essere grande dirigente e militante politico e intellettuale, il suo valore morale che muovendo dall’IO” agli altri non può definirsi come dalberghiano valore dell’agire e del fare per gli altri, per il proletariato e il “popolo dei dannati”, per il quale d’Albergo, come lui stesso ha scritto:
“l’elaborazione intellettuale è solo testimonianza, non ancora contributo alla lotta, specie se non viene continuamente e ripetitivamente diffusa, socializzandola, fino a farla diventare patrimonio sociale-collettivo e, quindi, base di azioni vitali, elementi di coordinamento e di ordine intellettuale e morale”.