Foto: Base operativa dei volontari di Pravy Sektor nel Donbass RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright
Quest’ottimo articolo d’indagine giornalistica, mette in evidenza che ci sono italiani, in Ucraina, partecipare a situazioni non consentite dalle nostre leggi e che, invece, in barba a tutto ciò, si macchiano di reati serissimi.
Ci aspettiamo che qualche parlamentare o eurodeputato (democratico e che crede ancora nelle leggi italiane), faccia un’interrogazione parlamentare per chiedere conto su chi siano costoro e che si rendano, nel contempo, promotori di una denuncia circostanziata alle forze di polizia per mettere questi mercenari in condizione di rispondere dei reati a loro ascrivibili… non ultimo, anche, quello di terrorismo (internazionale?).
Ricordo che le attività criminali non hanno bandiera ma che, sicuramente, provocano morti in tutto il mondo… ed il nostro paese ne è stato vittima per diversi anni.
La diplomazia italiana in Ucraina, invece, dorme.
La diplomazia italiana non vede e non sente che loro connazionali sul territorio ucraino vengono addestrati (solamente questo?) ad azioni di guerra.
A questi mercenari che visto d’ingresso gli avranno concesso? Di caccia grossa o di turista?
MOWA
Ucraina: quando la guerra diventa palestra per i mercenari
Arrivano da mezzo mondo, combattono per tenersi in allenamento
La prima cosa che imparano è ‘Slava Ucraina, heroyam slava’, inno all’Ucraina e ai suoi eroi. Poi gli mettono un kalashnikov in mano e inizia l’addestramento, non più di 15 giorni, che apre le porte al fronte. Sono decine i foreign fighters che ogni settimana sbarcano a Kiev, zaino in spalla, per partecipare alla guerra contro i pro russi. Contattano via Facebook i gruppi volontari, in primis Pravy Sektor, composto da nazionalisti ucraini e in minima parte da stranieri, e battaglione Azov, prendono un aereo e via. Tutto molto semplice.
“I combattenti stranieri – spiegano i paramilitari ucraini – ci danno una mano. Ce ne sono di tre tipi: quelli alla ricerca di emozioni forti, gli idealisti che credono nella nostra lotta, e i mercenari che vogliono di mantenere l’’allenamento’ in attesa di un contratto”. Questi ultimi sono i più numerosi. Professionisti della guerra, arrivano da mezza Europa (Italia compresa), dagli Stati Uniti e dall’Australia. Non vengono pagati ma gli viene garantito cibo e alloggio, oltre a kalashnikov e munizioni.
“Sono stato in Somalia e in Libia – spiega Jakob, trentenne austriaco – e in attesa di un nuovo incarico ho deciso di venire qui per non perdere l’abitudine a stare in guerra. Mi sono presentato al battaglione Azov (di ispirazione nazifascista, ndr) ma non mi hanno accettato perché ho la pelle troppo scura. Così sono passato al Pravy Sektor e ora combatto con loro”… (segue)