di Luigi Grimaldi
Sono passati quasi 25 anni dalla tragica notte del 10 aprile 1991, quando, nella rada del porto di Livorno, dopo una collisione con la petroliera Agip Abruzzo, il traghetto Moby Prince della Navarma si incendiò e morirono 140 persone, su 141 imbarcati, tra passeggeri e membri dell’equipaggio. Dopo infiniti processi, indagini e contraddittorie perizie nessuna verità esauriente ha potuto accertare una ricostruzione attendibile dei fatti.
VERITA’ E GIUSTIZIA
Ogni anno, da 25 anni, i familiari delle vittime continuano a celebrare quel tragico anniversario senza stancarsi di chiedere verità e giustizia per i propri cari scomparsi nella più grande tragedia della marina mercantile del dopoguerra italiano. Forse, dopo tanti anni potrebbe esserci una svolta. Il Parlamento ha votato all’unanimità l’istituzione di una commissione di inchiesta per accertare quanto sinora non si è riusciti a stabilire attraverso le carenti verità giudiziarie. L’occasione è irripetibile ed è di fatto l’ultima spiaggia per cercare di raggiungere una verità ufficiale formale dopodiché, come per altre tragedie italiane, ci si dovrà accontentare di una verità “storica”. I familiari delle vittime sembrano esserene ben coscenti al punto di lanciare, tramite internet, una campagna per la raccolta di informazioni denominata “Chi sa Parli”.
“ Abbiamo sempre avuto la convinzione e la consapevolezza che la notte del 10 Aprile 1991 ci fossero persone che hanno visto ma non hanno mai parlato e la certezza che anche chi ha raccontato la sua storia lo ha fatto costellandola di poca verità e molta inventiva”, hanno spiegato in una nota i promotori dell’iniziativa Loris Rispoli, Angelo e Luchino Chessa, alla guida delle due associazioni dei familiari delle vittime.
VINCERE L’OMERTA’
La verità deve venire a galla, deve emergere dalle nebbie che in tutti questi anni l’hanno avvolta e allontanata dando la sensazione che in troppi avessero paura di quel che potrebbe essere scoperto. Quella del Moby Prince è una strage negata. Una negazione che ha rafforzato la convinzione nei familiari delle vittime che ci sia chi sa dettagli importanti ancora utili per la ricostruzione dei fatti o esattamente cosa accadde il 10 aprile ’91.
“Negli anni questa convinzione non è venuta meno anzi si è sempre più rafforzata – hanno sottolineato – Abbiamo sperato che il tempo ormai passato, la necessità di scaricare la propria coscienza, la voglia di raccontare la realtà dei fatti avessero il sopravvento sul silenzio, sull’omertà”.
Da questa consapevolezza nasce la campagna“CHI SA PARLI”.
“Dopo 24 anni di silenzio è giunto il momento di raccontare ciò che per paura, si è sempre taciuto”.
FERITE ANCORA APERTE
I familiari delle 140 Vittime hanno il diritto di conoscere una Verità troppe volte manomessa e insabbiata.
Cosa si aspettano i promotori della campagna? “Vogliamo che questo gesto anche in modo del tutto anonimo contribuisca al lavoro della Commissione d’inchiesta affinchè, come tutti auspicano, si faccia piena luce sull’evento, affinché quel dolore, quelle ferite che non si sono mai rimarginate si possano cicatrizzare”. Si tratta insomma di un messaggio lanciato alle coscienze e alla dignità di chi avrebbe potuto testimoniare e mai sinora è stato rintracciato o si è fatto avanti. Un appello indirizzato anche a chi, pur avendo testimoniato, può aver omesso, involontariamente o per paura, fatti determinanti.
“Trovate dentro di voi lo stesso coraggio con cui noi abbiamo da anni portato avanti la nostra battaglia di Giustizia – si legge nell’appello dei familiari – trovate dentro di voi la stessa forza che madri e padri hanno messo in campo per superare l’atroce dolore di sopravvivere a un figlio.
Ve lo chiediamo ancora una volta, forse l’ultima che abbiamo di fare appello alle vostre coscienze, fatelo in forma del tutto anonima, scrivendo una mail oppure una lettera”
Le informazioni vengono raccolte tramite “Chi sa parli Associazione “140” via Terreni 2 Livorno, o via Mail all’indirizzo chisaparli@libero.it
04/11/2015