Il 22 luglio scorso è stata approvata in Senato all’unanimità l’istituzione della Commissione d’Inchiesta sulla strage del Moby Prince, il più grave e oscuro disastro nella storia della marineria civile italiana. Oggi, 4 novembre, l’organismo parlamentare si è insediato e ha iniziato a operare. Per cercare di chiarire un “buco nero” della verità che dura da quasi 25 anni.
di Luigi Grimaldi
Chi non ricorda “Moby Dick”, il capolavoro di Herman Melville? Il viaggio della baleniera comandata dal capitano Achab, a caccia dell’enorme balena bianca. Un’opera la cui lettura dà un forte senso di disorientamento e di disagio, analogo al sentirsi smarriti tra le profonde oscurità dell’oceano. L’analisi della vicenda che porta alla strage dei 140, passeggeri ed equipaggio, del traghetto “Moby Prince”, provoca, in chiunque se ne sia occupato, lo stesso sconcertante e permanente senso di angoscia e disorientamento.
Il 22 luglio scorso è stata approvata in Senato all’unanimità l’istituzione della Commissione d’Inchiesta sulla strage del Moby Prince. Un giorno storico per i familiari delle vittime, e per tutti i cittadini italiani che attendono da oltre 24 anni verità e giustizia. Un secondo giorno storico è il 4 novembre: l’organismo parlamentare, la cui presidenza è stata affidata a Silvio Lai (senatore dei Pd), si è insediato e da oggi è operativo.
Dal 1991 ogni anno, il 10 aprile, anniversario della strage, i parenti e gli amici di quei 140 morti manifestano il proprio dolore, il disagio e il disorientamento per queste morti innocenti senza un perché, senza una spiegazione plausibile.
La verità finora è sfuggita, è annegata in un mare di omissioni, depistaggi, interessate menzogne, silenzi e muri di gomma che la giustizia non è riuscita a scalfire. Ciò nonostante, i familiari e le loro associazioni non hanno mai mollato e hanno continuato a chiedere verità e giustizia per i loro cari e per un Paese che, come appare evidente, non meritano l’ennesima mistificazione macroscopica e sistematica della verità e delle responsabilità.
Questa commissione parlamentare nasce con un compito difficilissimo e una responsabilità storica: impedire che la realtà dei fatti possa ancora prendere il largo e fuggire come Moby Dick, protetta da nebbie, fumi e “cortine” la cui perseveranza negli anni – pari solo alla determinazione dei familiari di non arrendersi – non si spiega.
Sarà un percorso a ostacoli, non solo a causa degli importanti interessi armatoriali, petroliferi ed economici in gioco, ma anche a causa di questioni di politica estera e della Difesa non di poco conto.
Nella vicenda, spiegata con la presenza di una nebbia che non è mai esistita, compaiono navi mercantili americane cariche di armi e munizioni. C’è anche l’incrocio con la vicenda del delitto Alpi-Hrovatin (con il precedente di una inchiesta parlamentare tutta da dimenticare). Quella notte a Livorno c’era la XXI October 2, la nave italo-somala pagata dai contribuenti italiani per sviluppare la pesca in Somalia, ma utilizzata per trasportare armi per conto di trafficanti dediti a rifornire guerre strategiche nel panorama del nuovo ordine mondiale, successivo alla caduta del muro di Berlino, e milizie impegnate in guerre parallele nel Corno d’Africa e nella ex Jugoslavia.
Sarà necessario poi chiarire l’aspetto più drammatico di questa intricata vicenda: quello dei mancati soccorsi a passeggeri ed equipaggio del Moby Prince. Un’ora e venti per rendersi conto che protagonista della collisione con la Petroliera Agip Abruzzo era non una piccola nave per il trasporto costiero di combustibili, ma una nave passeggeri, un vascello adibito al trasporto di vite umane. Un’ora e venti per scoprire che a un passo da riva c’era una nave alla deriva, in fiamme e carica di 66 membri dell’equipaggio e 75 passeggeri. Una colpa che si è cercato di cancellare sostenendo che, dopo trenta minuti, a bordo fossero tutti morti, circostanza inverosimile trattandosi di un’imbarcazione lunga più di 130 metri e alta come una palazzina di tre piani. Una circostanza smentita oltre che dal buon senso anche dalle analisi dei periti.
Insomma, la prima verità sul caso emerge dalla stessa costituzione della commissione di inchiesta, ed è chiara, come ha spiegato il sindaco di Livorno Filippo Nogarin durante l’ultima commemorazione del rogo del 10 arpile 1991: «Dobbiamo sapere usare le parole con maggiore consapevolezza. Quella del Moby Prince non è stata una tragedia, ma una strage».
04/11/2015