L’ispettrice capo della polizia dottoressa Tintisona, Ufficiale di collegamento fra la Commissione Moro e la Polizia di Stato, dopo aver escusso nuovamente alcuni inquilini del palazzo ENPAF di via Fani 109 dichiara nella sua relazione che tutto è regolare, chiaro e coerente. Ma non è proprio così
“E’ stato accertato”, riferisce l’ispettrice, che i coniugi Moscardi “all’epoca erano domiciliati in via Mario Fani 109, in un appartamento messo a disposizione da una coppia di amici del marito per un periodo compreso tra il settembre 77 e il Gennaio 1981”.
Peccato, dottoressa Tintisona, che il decreto legge n. 57 del 21 marzo 1978, convertito in legge 31/5/1978 n. 191, facesse obbligo ai proprietari degli immobili di denunciare immediatamente le locazioni di durata superiore ad un mese poste in atto dopo il giugno 1977 e ancora in essere. L’ENPAF avrebbe quindi dovuto fornire l’elenco di tutti coloro che, a qualsiasi titolo, occupavano i suoi locali. “Entro sessanta giorni dall’entrata in vigore del presente decreto” recita l’art. 12 “i soggetti di cui al primo comma hanno l’obbligo di provvedere alla comunicazione, all’Autorità di pubblica sicurezza, di tutti i contratti, anche verbali, stipulati successivamente alla data del 30 giugno 1977 e in corso alla data di entrata in vigore del decreto-legge”. Non solo, ma l’ENPAF avrebbe dovuto comunicare anche “l’esatta ubicazione degli immobili, nonché le generalità dell’ acquirente, del conduttore o della persona che assume la disponibilità del bene e gli estremi del documento di identità o di riconoscimento, che deve essere richiesto all’interessato”.
Perché quindi non cercare fra le comunicazioni che obbligatoriamente sono intercorse fra l’ENPAF e “L’Autorità di pubblica sicurezza” e che devono aver prodotto almeno una registrazione in entrata nel protocollo o aver lasciato traccia negli archivi di polizia? Forse perché attraverso prestanome compiacenti l’ENPAF metteva a disposizione alcuni dei suoi appartamenti a inquilini eccellenti? Ed accanto a locatari onesti, titolari legittimi di contratti d’affitto regolarmente registrati, c’era un sottobosco di “prestiti” di appartamenti per usi non soltanto goderecci?
“In considerazione del fatto che sia il BONANNI che il MOSCARDI, nonché, come vedremo, Bruno BARBARO, disponevano di appartamenti dell’ENPAF – Ente proprietario dello stabile di via Mario Fani 109” continua l’ispettrice Tintisona “sono stati effettuati accertamenti anche presso detto Ente”. Ma, ahimè, “il citato ente non ha saputo riferire altro sui contratti di affitto dell’epoca poiché il carteggio era andato distrutto per un allagamento”. E così, con l’escamotage dell’allagamento, l’ENPAF, che possiamo ribattezzare Ente Previdenza e Assistenza Fiduciari dei Servizi, tutela la privacy degli inquilini eccellenti che affollano i suoi appartamenti di via Fani 109 e via Madesimo 40: un giudice piduista al servizio di Licio Gelli che sta lavorando per Sindona (Domenico Pone), un Gran Maestro Venerabile del Grande Oriente d’Italia (Maurizio Bonanni), un ex reclutatore di sabotatori della Decima Mas che parcheggia la sua Mini in posizione strategica (Tullio Moscardi), il cognato del gladiatore Fernando Pastore Stocchi che dirige una società di copertura dei Servizi (Bruno Barbaro), il fiduciario che ha portato la Austin Morris blu sull’incrocio, al posto del furgone del fioraio (Patrizio Bonanni), il gestore del bar pasticceria che offre un riparo ai brigatisti (Tullio Olivetti), mentre, a chiusura dell’isolato, troviamo stanziati all’angolo fra via Stresa e via Madesimo l’allora colonnello Fernando Pastore Stocchi, addestratore di Gladio a Capo Marrargiu e segretario del generale Miceli del Sid, e, all’angolo fra via Madesimo e via Fani, Aurelio Languasco, ex GNR ed ex criminale di guerra riabilitato da una sentenza della Cassazione del 1957, presidente di un’associazione di fascisti nostalgici, il cui numero di telefono viene trovato dalla polizia in un’agenda di favoreggiatori del latitante Delle Chiaie. Mentre tutti questi sono lì fermi, ecco che arriva di corsa Camillo Guglielmi con i suoi gruppi operativi speciali, i gruppi K (killer). I suoi punti di riferimento la mattina del 16 marzo 1978 stanno lì, nella rete stanziale che ha al centro i palazzi di proprietà dell’ENPAF.
Ma l’ente, oltre ad essere proprietario del palazzo che fa da perno al blitz contro Aldo Moro e la sua scorta, possiede anche un palazzo in via Savoia 31, a due passi dallo studio di Aldo Moro. Come le caserme dei carabinieri, i suoi immobili presidiano il territorio, quartiere per quartiere, offrendosi per la logistica dei Servizi. Una volta stesa la rete, i fiduciari rimangono in sonno finché non scatta il preallarme. È allora che si alzano in piedi, come i Sei personaggi in cerca d’autore di Pirandello, mimetizzati in mezzo al pubblico, per fare la loro parte, e diventano visibili. Capisce perché la sue rassicurazioni non rassicurano affatto, dottoressa Tintisona?
Se seguiamo una delle tracce che collegano la presenza dei servizi in via Fani alla cabina di regia del caso Moro, viene subito in mente via Gradoli, nella quale la concentrazione di appartamenti e di garage di proprietà di fiduciari dei Servizi è altrettanto densa. In particolare è illuminante la situazione di via Gradoli 96, la palazzina nella quale c’era anche il covo delle BR scoperto il 18 aprile 1978. Nell’appartamento del 2° piano, scala A interno 11, l’ingegner Giancarlo Ferrero e sua moglie Luciana Bozzi alloggiano Mario Moretti senza controllarne le generalità, accettando una caparra in contanti, evitando di registrare il contratto… Perfino l’immissione dei dati catastali di questo appartamento nell’archivio informatizzato è anomala: mentre tutti gli altri sono stati inseriti regolarmente con la dicitura “via Gradoli 96”, il covo è inserito con la dicitura SNC, cioè “Senza Numero Civico”, per cui non si trova insieme a tutti gli altri appartamenti dello stesso stabile. Piccoli espedienti di bassa lega con i quali i Servizi continuano a difendere la loro privacy e a nascondere la verità, cancellando le tracce di sporco che lasciano ovunque.
Ma c’è un’altra analogia procedurale che collega via Fani a via Gradoli: la Austin Morris che serve per la riuscita del blitz in via Fani viene restituita in quattro giorni lavorativi a Patrizio Bonanni – mentre ai non fiduciari i corpi di reato non sono restituiti nemmeno dopo anni e anni; e l’appartamento di via Gradoli che serve alle BR per la loro più importante base romana viene restituito in tempi brevissimi (il 9 ottobre) a Giancarlo Ferrero. Ma, così come ci sono inquilini eccellenti, che vanno protetti, qui ci sono anche proprietari eccellenti, che sono sistematicamente sottratti alle indagini. Al massimo, li si fa interrogare dalla ispettrice Tintisona, che poi riferisce alla Commissione Moro.
(continua)
2 Comments
..stavolta l’articolo è buono.
Ringraziamo Barozzi per l’attenzione che presta ai nostri post su questo tema specifico… Lo staff di iskrae