di Domenico Marino
In Afghanistan, Iraq, Libia, Siria, Palestina ogni giorno muoiono decine e decine di persone innocenti vittime dei bombardamenti indiscriminati della Nato e dei suoi scalzacani ma nessuno per questo si sente siriano, afghano, irakeno, libico tanto meno palestinese; è più facile e fico sentirsi francese.
Oggi anch’io mi sento francese ma perché in fondo mi sento cittadino del mondo; e ogni ingiustizia mi rattrista e m’indigna.
Eppure quei paesi del Medio Oriente non hanno voluto la guerra, non vorrebbero la guerra ma la subiscono da qualcuno che ha detto: “noi siamo meglio di voi.”
Ci hanno riempito la testa con l’insensato, eufemistico ossimoro della “guerra umanitaria”, dell’esportazione della democrazia. Ma un paese che impone una guerra si può chiamare in ultima analisi democratico? Come può una guerra che dura anni e anni e che ha ucciso centinaia di migliaia di donne, uomini e bambini; distrutto case, palazzi, ospedali, scuole e servizi essenziali per vivere dignitosamente, essere democratica e umanitaria?
In vero i nostri paesi scelgono di fare la guerra per motivi meramente economico-strategici, un favore al grande capitale; motivi con i quali noi gente comune, noi proletari, non abbiamo niente a che fare.
Desolatamente solo una piccola parte dell’opinione pubblica ha ancora messo a fuoco in modo chiaro il fatto che sostanzialmente il nostro paese è in guerra. Così come anche la Francia del resto. Il nostro paese è in guerra perché trascinato indistintamente dai governi scellerati di centro-destra, di centro-sinistra e di centro-destra-sinistra, o di “pappa e ciccia” che dir si voglia, supervisionati dall'”americano” Napolitano.
Ha partecipato, partecipa alle guerre in Afghanistan, Iraq, Libia; e prossimamente, se continua così, parteciperà ai “raid” contro Siria. Alla luce di ciò è inevitabile, consequenziale essere oggi un obiettivo sensibile del terrorismo o meglio della guerra in atto, a cui l’Italia sta dando il suo contributo in uomini e armamenti. Guerra della quale il terrorismo formalmente ne è il catalizzatore, il focolaio ma che nei fatti rappresenta la mera “giustificazione ideologica” degli USA – col beneplacito di un’ONU sempre più filoamericana – e del suo codazzo, per distruggere, imporre affari con le proprie multinazionali, delle armi e del petrolio in primis, e dominare.
L’Isis in fondo è una creatura ben congegnata o mal congegnata, dipende dai punti di vista, dai servizi americani e sionisti . Ma questo “modus operandi” non è una novità di oggi. La storia del dopoguerra, in special modo, è piena di gruppi terroristici eterodiretti – attraverso governi e apparati statali conniventi, servizi segreti, fascisti, logge, occulte e non – che hanno agito su un doppio livello per conto della NATO in giro per il mondo, specie in Europa. Proprio quella NATO che poi finge di dar loro la caccia.
La Francia ha già patito per colpa dell’OAS (Organisation armée secrète) lo stragismo che ha lavorato al soldo guarda caso proprio della Nato.
Anche lo stragismo in Italia ebbe la stessa matrice.
L’Europa ha vissuto il periodo dello stragismo politico, in chiave anticomunista, ora è tempo dello stragismo religioso per scopi comunque politici. Con i popoli islamizzati del medio Oriente che patiscono, loro malgrado, sia le guerre imperialiste occidentali che la campagna d’odio orchestrata dai media.
E’ importante chiarire che il terrorismo non è uno “status”, non è essenzialmente un’organizzazione ma è un modo, una procedura, una tattica (meno convenzionale) per fare la guerra. D’altronde non è terrorista, al pari di un kamikaze, ad esempio una “cluster bomb” (bombe perfezionate in Italia da Finmeccanica per conto degli americani), o altre terribili sub-munizioni, sganciate da un velivolo “alleato” che fanno in mille pezzi i corpi dei civili? “Tu uccidi a me e io uccido a te“: questa è la sola logica perversa della guerra. Non ci sono guerre giuste, fatte con armi gentili, ma ci sono guerre fatte con armi terribili, sofisticate o artigianali, che uccidono in un modo o nell’altro; e i morti sono tutti uguali, anche se ai più non sembrerebbe.
Il cuore dell’Europa è stato aggredito perché l’Europa, sotto la folle egida americana ha attaccato altri paesi, è in guerra con altri paesi. Noi siamo a rischio attacco terroristico perché a nostra volta abbiamo attaccato altri paesi per accondiscendere i desideri “psicopatici” di dominio globale, di imperialismo guerrafondaio degli USA. Nonostante l’articolo 11 della nostra costituzione parli chiaro: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.” Allora perché siamo in guerra? Perché bombardiamo altri stati?
La ministra della difesa Roberta Pinotti, in uno slancio schifoso nei confronti della guerra, recentemente ha addirittura affermato: “bombardare non è più un tabù!”
In base a che cosa? Verrebbe da chiedere… Chi lo ha deciso? In nome di chi? Come è stato possibile? Queste domande ci danno in buona sostanza la misura del “golpe” politico-istituzionale in senso autoritario e antidemocratico che ha trasformato il nostro paese negli ultimi 30 anni.
Le masse d’altro canto non reagiscono, sono demoralizzate, disincantate, assopite, confuse, istupidite dalla propaganda di regime. Colpa di una politica che non coinvolge più perché lontana mille miglia dalla vita reale delle persone, che imbonisce e imbruttisce l’opinione pubblica utilizzando grevi slogan da bar. Classe politica, esecutrice dei potentati economici, miserabilmente persa tra personalismi, carrierismo, affarismo, corruzione e servigi alla grande borghesia. Che piange lacrime di coccodrillo quando per “colpa sua” muoiono persone innocenti lungo la strada per il mondo.
Un tempo si facevano manifestazioni oceaniche contro le guerre adesso ci si indigna sterilmente sui social network, barricati in casa come il “grande fratello massonico” desidera per controllare e instillare la paura. La finzione (funzione) dei social-network ci rende tutti protagonisti singolarmente e inutilmente, ma impedisce proditoriamente che una sana consapevolezza individuale evolva in consapevolezza collettiva e solidale per far valere così, nell’unico modo possibile, ogni rivendicazione sociale: la pace, il lavoro su tutti.
Le cose rimarranno uguali, anzi peggioreranno se non ci si oppone ai poteri dominanti, ai signori della guerra, con una strenua lotta di classe internazionalista e con l’organizzazione politico-sindacale. Ma per fare questo c’è bisogno di un fattore soggettivo, unitario e unificante; un partito dei lavoratori e delle lavoratrici, dei disoccupati e delle disoccupate, degli studenti e delle studentesse, un partito comunista; un solo partito comunista, nel solco delle elaborazioni marxiste e dialettiche di Gramsci, Togliatti, Longo e Berlinguer; che elabori una strategia attuale per riportare, attraverso l’unità e non il settarismo e il “codismo”, le masse proletarie protagoniste, e non più subalterne al grande capitale, nel dibattito politico, nazionale ed europeo, per così traghettarle verso un’altra idea di mondo possibile, realizzabile, necessaria: il socialismo-comunismo.
Le “sirene” dei media avvisano, di stare in casa, perché uno dei prossimi obiettivi del terrorismo globalizzato sarà l’Italia. Non ascoltiamole! Non lasciamoci intorpidire mente e cuore. Scendiamo in piazza e gridiamo forte il nostro no ad una disumana terza guerra globale capitalistica. Insieme siamo più forti e consapevoli. <<I proletari non hanno niente da perdere se non le proprie catene ed hanno un mondo da guadagnare!>> Proletari di tutto il mondo unitevi!