di Carlo D’Adamo
LE STRAGI DI CIVILI. La memoria della storia italiana ci riporta ad altre stragi, ad altre procedure, ad altri lutti. Per esempio, alla strage di Pisa del 31 agosto 1943: nel bombardamento terroristico americano alla popolazione civile morirono circa 2000 persone. Soltanto alla stazione, piena di gente, ci furono circa trecento vittime. Il bombardamento era stato pianificato in modo da radere al suolo interi quartieri, ma i 154 bombardieri che operarono la strage risparmiarono la torre, il duomo e il battistero. Questo, e gli altri bombardamenti che in quegli stessi giorni martoriarono l’Italia, serviva per chiudere da posizioni di forza le trattative in corso per l’armistizio (il cosiddetto armistizio di Cassibile) che venne firmato tre giorni dopo, anche se agli italiani lo dissero solo l’8 settembre, per dare tempo al re e a Badoglio di scappare.
A provocare le stragi erano i piloti di quella stessa grande nazione che due anni dopo sganciò due atomiche su Hiroshima e Nagasaki, causando milioni di morti. La stessa grande nazione che nel lontano oriente subentrò nel dominio coloniale alla Francia, bombardando con bombe a grappolo e con napalm i patrioti vietnamiti; la stessa grande nazione che in America latina ha appoggiato costantemente gli squadroni della morte e i colpi di stato più sanguinosi ed efferati; la stessa grande nazione che in Iraq ha sperimentato le nuovissime bombe a microonde, che bruciano soltanto le creature viventi, lasciando intatte le cose.
La nostra memoria ci ricorda che da Washington partiva anche la regia delle stragi italiane. In nome della libertà e della lotta al comunismo quella grande nazione ha gestito con cura maniacale almeno vent’anni di bombe sui treni, nelle banche e nelle piazze, con la complicità dell’eversione fascista, e poi ha controllato anche in modo accorto (la strategia si chiama stop and go) le truppe cammellate dei brigatisti, degli autonomi e dei vari gruppi dell’eversione di sinistra, che facevano la “rivoluzione” per il re di Prussia. Questa lunga tradizione di stragi torna in mente oggi, perché sprovveduti commentatori affermano, a proposito degli attacchi terroristici di Parigi, che mai prima d’ora il terrorismo aveva colpito l’Europa. Invece ha colpito, eccome, con continuità e sistematicità, anche in Italia (ma non solo) per imporre governi scelti da Washington e mettere sul trono classi dirigenti subcoloniali, che hanno svenduto la nostra sovranità nazionale per i loro interessi di bottega. Il terrorismo ha colpito nella colonia Italia come nel cortile dell’America latina e nel sud-est asiatico, dove ha imposto dittatorelli e prestanome – sempre, ovviamente, in nome della libertà.
L’ALLEVAMENTO DEI FONDAMENTALISTI. Dava fastidio all’Occidente, amante della libertà, lo schieramento dei Paesi non allineati (India, Iugoslavia, Egitto, Cuba) e dava fastidio nel Nordafrica la politica delle classi dirigenti laiche appena uscite dalla lotta di liberazione contro la Francia, l’Inghilterra, la Spagna. Subito accanto agli attentati e agli omicidi eccellenti fu messa in piedi una strategia di lungo periodo per appoggiare, finanziare, organizzare scuole religiose che minassero dall’interno la società civile, spingendola di nuovo verso una mentalità religiosa arretrata. Basta guardare la foto di Miss Cartagine del 1959 per comprendere la portata dell’involuzione che la società nordafricana ha subito in cinquant’anni. Khomeini fu allevato e finanziato dalla Francia; Patrice Émery Lumumba fu fatto assassinare dal Belgio e dagli Usa; Tunisia, Marocco e Algeria furono invasi da scuole coraniche di ogni tipo, mentre la Libia conobbe colpi di stato guidati dall’Italia e la Somalia divenne un centro di smistamento per il traffico di armi gestito da mafie e Servizi. Queste bombe a lenta combustione hanno prodotto i loro frutti velenosi, hanno permesso la nascita e l’evoluzione di gruppi di terroristi, alcuni dei quali si sono poi ribellati ai loro benefattori, a quei governi occidentali che li hanno sempre foraggiati e che, attraverso banche svizzere ed emiri del Kuwait, non mancano ancora oggi di foraggiarli.
LA MATRICE AMERICANA DEL TERRORISMO. Vengono in mente anche altre storie, più recenti. Per esempio, che Abu Bakr al-Baghdadi ha organizzato dieci anni fa una vera e propria università del terrorismo nella prigione americana di Camp Bucca, alla periferia di Umm Qasr, al confine con il Kuwait, dove c’è un’importante base navale e dove sono stati raccolti decine e decine di migliaia di detenuti. Un’occasione unica per al-Baghdadi, che, approfittando del regime permissivo del campo di prigionia, ha potuto tenere veri e propri corsi di terrorismo, gettando le basi per l’organizzazione del futuro stato islamico. Sono usciti da lì circa 20.000 terroristi.
Anche in Italia il carcere è servito spesso alle mene oscure del potere. La mente corre subito al carcere di Paliano, in provincia di Frosinone, dove il concentramento di tutti i terroristi disponibili a lavorare per lo Stato in cambio di garanzie per il loro futuro ha prodotto ferite profonde nel tessuto della democrazia. In quel carcere “aperto” e senza barriere interne, terroristi di destra e di sinistra si mettevano d’accordo trent’anni fa per mettere in piedi una storia fasulla degli anni di piombo gestita da Cossiga e dal direttore de Il Popolo, Remigio Cavedon: quella storia piena di incredibili menzogne, contraddette da foto, documenti e testimonianze, è servita e serve a nascondere il ruolo dello Stato e della Nato nella strategia della tensione e nell’omicidio di Aldo Moro.
LA COINCIDENZA DELLE GRANDI MANOVRE NATO APPENA CONCLUSE.
La memoria fa venire in mente un’altra coincidenza. Le manovre Nato appena concluse, con la utilizzazione anche di reparti speciali, di commandos che si sono esercitati in prove di attacco all’Europa e in simulazioni di scene di guerra non ortodossa (sul tipo di quella che i neonazisti hanno suscitato in Ucraina per rovesciare un presidente liberamente eletto) precedono di poco anche in questo caso l’attacco terroristico, come è avvenuto diverse volte anche in passato, ad esempio nel caso Moro (1978) e ad Ustica (1980), eventi nei quali l’azione militare è stata preceduta da prove generali in cui gruppi operativi speciali, specializzati nella guerra “non ortodossa”, mimetizzati dentro gli apparati della guerra “ortodossa” (quella che ha una paternità e una bandiera) hanno potuto esercitarsi praticamente.
La centralità delle operazioni “ortodosse” e “non ortodosse” in Europa appartiene al Comando Nato di Bruxelles, dove ha sede la direzione strategica, e al Quartier Generale militare (SHAPE) di Mons, una città poco a sud di Bruxelles – e forse non è un caso che proprio dal Belgio venga anche oggi una grande infornata di miliziani dell’ISIS, in particolare da Mons. Il trasferimento del Comando Nato da Parigi a Bruxelles, si ricorderà, era avvenuto nel 1967, in seguito alla denuncia, da parte di De Gaulle, delle clausole segrete degli accordi Nato, che subordinavano l’esercito francese alle decisioni americane. L’uscita della Francia dalla Nato era avvenuta in seguito ad una serie di attentati organizzati dall’OAS – che era controllata dalla Cia e dalla Nato – contro De Gaulle, colpevole di rivendicare la sovranità nazionale francese pur nell’ambito dell’alleanza atlantica, mentre gli USA pretendevano e pretendono di avere il diritto di premere loro il pulsante per far levare in volo i bombardieri atomici. Andò a finire che, dopo qualche attentato fallito, De Gaulle denunciò i patti USPA ed uscì dalla Nato.
Si obietterà che è impensabile che la Nato cercasse di far fuori il generale De Gaulle, alleato fedele, per sostituirlo con un presidente più malleabile. Eppure episodi di cannibalismo Nato non sono mancati. Oltre alla regia del caso Moro, si devono alla Nato a guida americana anche una serie di omicidi eccellenti avvenuti in Europa fra il 1986 e il 1987.
LA LOCKHEED E LA SCIA DI MORTI DEL 1986 e 1987. La memoria fa tornare alla mente la scia dei morti eccellenti che si occupavano a vario titolo di sistemi d’arma europei: il generale Licio Giorgieri, l’ex sindaco di Firenze Lando Conti, e una serie di esperti di sistemi di telecomunicazione e di militari spagnoli (Mendez Blaya ed Escrigas Estrada), francesi (René Audran), tedeschi (Ernst Zimmermann e Karl Heinz Beckurts) e svedesi (Carl Fredrik Algernon), tutti assassinati fra il gennaio 1986 e l’ottobre 1987, tutti legati alla scelta di caccia europei concorrenti dei caccia della Lockheed, tutti vittime molto probabilmente di un cannibalismo tutto interno alla Nato.
La memoria torna al 1975, all’enorme potere della Lockheed, che aveva letteralmente comprato il governo italiano, quello giapponese, quello tedesco occidentale e quello dei Paesi Bassi, per imporre i suoi aerei (come fa oggi con gli F35): erano decine di miliardi di allora che riversandosi in mille rivoli rimasero attaccati alle tasche di generali e ministri della difesa, ma andarono anche a finanziare stragi e omicidi. In Italia le Brigate Rosse risorte e le Unità Comuniste Combattenti rivendicarono alcuni di questi omicidi, in Germania la Rote Armee Fraktion (ormai defunta) rinacque per l’occasione. Uno dei responsabili dell’assassinio del generale Giorgieri, Paolo Persichetti, da tempo diventato giornalista, difende ad oltranza la fabula secondo cui i brigatisti non erano infiltrati, erano da soli in via Fani e non devono niente a nessuno: solenne menzogna contraddetta da documenti, fotografie e testimonianze. Ma ognuno fa la parte che deve fare in questo sporco gioco, nel quale le vite degli altri non hanno nessun valore. E Persichetti si trova sulla stessa sponda di Vladimiro Satta e di altri illustri commentatori che non vedono, non sentono, non parlano.
LE OPERAZIONI SPORCHE DELLA CIA IN EUROPA. Gli Stati Uniti hanno utilizzato la CIA per compiere in Europa una serie di blitz illegali contro cittadini di altri paesi, sospettati di essere terroristi, rapiti, deportati e consegnati ai governi dei paesi d’origine. Queste extraordinary renditions (consegne straordinarie) in molti casi hanno messo nelle mani di dittatori amici degli USA esponenti di partiti di opposizione costretti a riparare all’estero perché perseguitati in patria, e aventi diritto allo status di profughi. I rapimenti illegali sono avvenuti con la complicità dei governi e la fattiva collaborazione dei Servizi segreti locali, con l’omertà dei testimoni eccellenti e il ricorso al “segreto di stato”. Il caso di Abu Omar in Italia è solo uno di questi casi. Il presidente Napolitano ha svenduto la sovranità nazionale anche in questo caso, dimostrando di essere al servizio della Nato anche su questo argomento, e non solo con il suo silenzio omertoso sul caso Moro.
Se gli Usa erano in grado di scovare terroristi veri o presunti in ogni parte del mondo e di prenderli mentre uscivano di casa, stupisce la grande libertà d’azione di cui ha goduto al-Baghdadi. Ma la strategia della Nato – come quella utilizzata in Italia – è definita stop and go: fai pure quello che sai fare, sciocco. Quando non mi servi più ti fermerò. Il problema è che l’ISIS serve ancora, perché è utile anche contro le lotte sindacali, contro le democrazie parlamentari, per rendere più autoritari i governi, per limitare i diritti civili, per vendere le armi e per deformare le Costituzioni.
ULTIME MEMORIE. Per sgombrare il campo da ogni possibile equivoco, diciamo subito che l’ISIS, figlio legittimo allevato dal mondo occidentale, o servo infedele che si è messo in proprio, va eliminato davvero. Ma diciamo anche che non è bombardando con i droni la popolazione civile, gli ospedali di Emergency e i Curdi che si otterrà lo scopo. E diciamo anche che non è sottraendo risorse alla scuola pubblica e dando finanziamenti alle scuole confessionali cattoliche che si si favorisce l’integrazione.
Infine una considerazione accessoria. Gli stolti di Charlie Hebdo facevano titoli anche peggiori di quel titolo provocatorio “Bastardi islamisti” di Libero; e diciamo subito che se qualcuno compisse un attentato contro Belpietro noi non saremmo d’accordo, perché non bisogna trasformare in eroi i provocatori. Però non andremo in manifestazione a gridare “Je suis Libero”, così come non ci è piaciuto lo slogan “Je suis Charlie”, e non ci piace nemmeno “Je suis Paris”. Non ci riconosciamo nella politica neocolonialistica che arma Libano e Siria, Ucraina e Somalia, Libia e Turchia, che usa i droni e spinge sempre più verso le posizioni terroristiche popolazioni bombardate dall’alto, costrette ad abbandonare la loro terra, mettendo in atto esodi biblici, in quella che è la terza guerra mondiale, non dichiarata, non “ortodossa”, ma terribile. Washington e Parigi, con Londra e Berlino, insieme a Bruxelles sono oggi le capitali di questa escalation del terrore, che ha fra le sue truppe cammellate proprio gli assassini sanguinari dell’ISIS.
anni ’50