di MOWA
Padoan è l’uomo delle crisi economiche, colui che, invece di fermarle, probabilmente, le provoca, che è conosciuto dai suoi colleghi economisti (liberisti) come quello che gestì, in modo disastroso (quando era dirigente al FMI – Fondo Monetario Internazionale), la crisi argentina nel 2001, tanto da far dichiarare al paese il fallimento.
Quando era dirigente della BCE, Padoan fu l’economista incaricato dall’OCSE (di cui era vice segretario) per “governare” la crisi greca (e del Portogallo) ma sappiamo, purtroppo, tutti com’è andata a finire (prima che Tzipras scendesse in politica) con forti e negativi compromessi per quel paese, tutti a favore delle multinazionali.
Economista, questo Padoan, che possiamo sintetizzare nelle parole che il premio Nobel, Paul Krugman, gli rivolse sul “New York Times” il 13 aprile 2013:
“Certe volte gli economisti che ricoprono incarichi ufficiali danno cattivi consigli; altre volte danno consigli ancor peggiori; altre volte ancora lavorano all’Ocse”.
Padoan è lo stesso che, giustificò il governo Monti, asserendo:
“La riforma Fornero è stato un passo importante per la risoluzione dei problemi dell’Italia“
Parole dimenticate dai più visto che, oggi, diventato ministro della Repubblica italiana con Matteo Renzi, vorrebbe, insieme al governo (almeno a parole!), cambiare proprio quella riforma perché piena di errori e lacune… E lo riscontriamo con l’es. degli esodati.
Padoan, che ha un curriculum così pieno di annotazioni negative, vorrebbe farci credere che non vi sono problemi di solidità e solvibilità per chi deposita i propri risparmi anche dopo i fatti accaduti alle diverse banche che hanno fruito dell’aiuto del decreto c.d. “salvabanche”.
Beh! Rammentiamo al ministro che vi sono altre 16 banche (che Padoan conosce molto bene) che sono state commissariate e attenzionate dagli organi di controllo e che sono fonte di preoccupazione per chi vi ha depositato i propri soldi: delle cloache mangiasoldi. Soldi che sono serviti, forse anche, al riciclaggio.
Soldi confluiti e, forse, persi ma che qualche politico italiano (pentastellati compresi) chiede vengano restituiti ai legittimi proprietari prelevandoli, stupidamente, dal fondo che le banche hanno costituito e che, in verità, è il frutto di speculazioni (da garzanti: “attività, azione intesa a conseguire un vantaggio personale sfruttando senza scrupoli una situazione a scapito di altri”) fatte da funzionari o dirigenti delle stesse utilizzando i capitali dei nostri sudati depositi e che ora, invece, diventano patrimonio dei banchieri.
Ora, senza entrare nel dettaglio dei classici del marxismo su cosa siano le banche e la funzione che ricoprono in seno alla borghesia, possiamo semplicemente utilizzare quanto affermato nel III volume del Capitale che cita: le banche sono “consacrate al capitale usurario, commerciale e finanziario”, e sintetizzare il da farsi in uno slogan: “bloccare il monopolio del capitale”, in quanto“diventa un vincolo del modo di produzione, che è sbocciato insieme ad esso e sotto di esso.” Ecco, allora, determinante la proposta di costruire una banca centrale controllata ed a gestione pubblica che abbia lo scopo, per invertire il processo di accumulazione del capitale borghese, di dirigere la rotta verso politiche che inducano alla centralizzazione dei mezzi di produzione e alla socializzazione del lavoro.
Un programma politico-economico, dunque, che diventa incompatibile con l’involucro capitalistico e la proprietà privata dove (direbbe K. Marx nel Capitale, vol. I), “gli espropriatori vengono espropriati”.
Un programma politico che, oggi più che mai, deve avere le gambe per distinguersi da chi vuole rimanere nella compatibilità (sic!) capitalistica e chi vuole, invece, un cambiamento a favore degli oppressi.
Un programma politico di distinzione comunista e non socialdemocratico o populista che sia, come sta, invece, emergendo in alcuni Stati (Italia compresa).
Un programma, finalmente, inclusivo che apra le porte alla solidarietà, contro la competizione tra i vari soggetti deboli e che sia capace di indirizzare positivamente e contro le politiche xenofobe e reazionarie di cui, oggi, siamo tristemente spettatori e verso cui l’oligarchia (e i suoi lacché di corte) ci sta furbescamente conducendo.