I giornali (nella coorte del re) ci tempestano di dati che confermano il calo degli iscritti al PD (come riportato nell’articolo sottostante). Partito, attualmente, maggioritario al Governo.
I giornali (e, responsabilmente, i giornalisti), però, non facendo una comparazione con i dati elettorali, ovvero, di quanti si sono recati a votare alle ultime elezioni, deformano “bonariamente” le conclusioni.
Dato, quest’ultimo, che deve necessariamente interessare se vogliamo non cadere nel banale dato statistico che non rappresenta lo stato di insofferenza di un paese, perché i partiti possono anche calare ma se, poi, non hanno seguito… capite che la differenza non è da poco.
In un sondaggio di metà dicembre 2015 elaborato dalla società SWG si vuole dimostrare che calano sia il PD (perdendo un ulteriore 0,3% e scendendo al 33,5% dei consensi) che il Movimento 5 Stelle (al 24%, perdendo 1,2 punti percentuali). Non se la cava meglio la Lega Nord (con un risicato 15,4% +0,2%) e Fratelli d’Italia (al 4,1%, mentre per la società IXE guadagnerebbero lo 0,6% arrivando a quota 4,2%).
Numeri, questi, che vanno, però, letti con un dimezzamento se rappresentato ai dati reali dei votanti alle ultime elezioni (es. alle Europee, del 2014, su 50.662.460 di aventi diritto al voto, in Italia ed estero, hanno votato, solo, 28.991.258, il 57,22%).
Infatti, i sondaggisti e le forze politiche del nostro paese devrebbero tener conto, se vogliamo illustrare lo stato delle cose reale di quest’Italia, i dati del Ministero dell’Interno:
“Concluse le operazioni di voto. Per le Amministrative ha votato il 64,92% degli elettori, mentre alle Regionali il 53,90%. Nei ballottaggi del 14 giugno la percentuale dei votanti è stata del 47,12%”
Dati che ci devono allarmare su due versanti:
1) questi partiti non sono portatori di interessi comuni (tanto meno, proletari);
2) indistinguibiulità della politica tra la destra e la “sinistra” (men che meno comunista).
A queste osservazioni c’è da chiedersi se non sia il caso di riconpattare tutte quelle forze sociali che oggi si astengono dal voto prima che sia troppo tardi.
Un’osservazione va fatta a chi produce i sondaggi. Come mai non viene mai rilevato che la maggioranza degli astenuti alle votazioni proviene da chi votava il PCI? Un dato che, sappiamo, esiste ma occultato, forse, per paura che si riorganizzino per bene…
Meglio (per la borghesia) tramortire la gente con insulsi dati e promesse da imbonitori.
MOWA
Pd, militanza in fuga: chiude un terzo dei circoli, allarme regioni rosse
In due anni si passerà da 6.454 sezioni a 4.500. E in Emilia in 24 mesi gli iscritti calano del 40%. Guerini: “Stiamo solo razionalizzando”
di TOMMASO CIRIACO
ROMA. Calano gli iscritti, si riducono i circoli: ecco come si prosciuga la militanza nel Pd. Quella tradizionale, almeno. Si svuotano storiche sezioni in Toscana. Chiudono i battenti sedi “rosse” dell’Emilia Romagna. E nel 2015 i tesserati resteranno sotto la soglia dell’anno precedente. Semi della disaffezione, certo, ma c’è dell’altro, visto che in alcuni casi è stata la segreteria a tagliare i circoli per razionalizzare i costi e mettere ordine dopo gli scandali. È il Pd che cambia pelle, insommma. Smarrita la presa sul territorio, si punta tutto su una struttura light. Anche a prezzo di impoverire il “vivaio” dem, anche a costo di guardare alla società civile per colmare il buco in occasione delle amministrative.
L’allarme, registrato con discrezione al Nazareno, è scattato di recente in Emilia. In quella regione le sedi del Pd si sono ridotte di alcune decine, passando da oltre 700 a poco più di 640. Va così in tutta l’Italia centrosettentrionale. L’ultimo censimento della segreteria, a dire il vero, fotografa ancora la cifra d’inizio anno: 6.454 circoli. Con la drastica riduzione in corso, però – e a causa di un piano di accorpamento varato dal partito – il quartier generale ha già previsto un calo delle sezioni del 30%, scendendo a quota 4.500 entro il 2016. Ai tempi diBersani, ricorda Davide Zoggia, erano quasi 7.000. (continua)