Mario Sommossa
Che l’Ucraina sia in gravi difficoltà economiche e finanziarie è cosa risaputa. Così com’è altrettanto noto che i giornali di qualche Paese europeo o nord americano fan di tutto per tacere le notizie negative che la riguardano enfatizzando solo quelle (poche) positive.
Tra le prime, quelle spiacevoli per i cultori della sua nuova pseudo — democrazia, una notizia che solo poche testate hanno riferito: un ricatto tentato da appartenenti ai gruppi ucraini di estrema destra nei confronti di un museo olandese già vittima di un furto.
Noi ne parliamo basandoci su quei pochi articoli apparsi sulla stampa olandese, francese inglese. Ecco i fatti, così come riportati dal Dailymail, da France 24, dal De Telegraaf, dal NLTimes e dal Guardian.
Una decina d’anni orsono, nel gennaio 2005, dal museo Westfries di Hoorn, una cittadina a circa 50 km da Amsterdam, spariscono ventiquattro quadri di vari autori olandesi, tutti del XVII secolo. Con loro scompaiono pure una settantina di manufatti in argento.
Per anni non se ne è saputo nulla ma, nello scorso luglio, due uomini che si presentano come inviati dell’Organizzazione dei Nazionalisti Ucraini, prendono contatto con l’Ambasciata d’Olanda a Kiev affermando di potere restituire tutti i ventiquattro dipinti. Degli argenti non se ne parla. A sostegno della loro sincerità, mostrano una fotografia di uno dei dipinti con al fianco un quotidiano locale del giorno precedente. In cambio della loro “generosità” chiedono cinquanta milioni di euro.
L’ambasciata informa subito il museo che, sentita l’amministrazione cittadina, decide di tentare la negoziazione per riportare a casa le opere giudicate particolarmente espressive per la cultura e la storia locale.
È inviato a Kiev un esperto d’arte, da sempre impegnato nel recupero di opere scomparse, lo storico Arthur Brand. Costui comunica immediatamente ai “venditori” che la cifra richiesta è molto superiore al valore della merce, stimata al momento della scomparsa per circa dieci milioni incluso le argenterie. I malfattori propongono allora di chiudere la questione per cinque milioni ma in cambio di sole dodici pitture. Brand, esaminata la fotografia e conscio che l’opera è stata danneggiata come, probabilmente, anche le altre, offre allora 500mila euro non come riscatto, bensì a titolo di “premio per il ritrovamento”.
A questo punto le trattative s’interrompono e gli offerenti scompaiono.
“Sono spariti dopo due incontri” dichiara lo storico. E aggiunge di non poter sapere come le opere siano arrivate in Ucraina. L’affermazione più pesante però è stata: “Io non posso rivelare tutto, ma membri dello SBU sono implicati”. Ora, lo SBU è il servizio segreto ucraino e ci sarebbe allora da domandarsi se quei “membri” agissero a titolo personale oppure no.
Il direttore del museo ha anche tenuto una Conferenza Stampa con Brand e con il sindaco della città olandese e, dopo aver comunicato di aver chiesto l’aiuto alle autorità ucraine senza alcun esito, è ancora più duro:
“La nostra collezione è nelle mani di gente corrotta, che sta nel cuore profondo dell’elite politica ucraina”.
Non conosciamo personalmente questo direttore, ma delle due l’una, o è un pazzo o è veramente coraggioso, poiché ha continuato sostenendo di aver cercato di coinvolgere l’Interpol e anche con loro senza successo:
“Entrambi, sia i ladri sia i venditori, sono così ben fortemente protetti che l’Interpol ha rifiutato di essere coinvolta”.
Dopo questi fallimenti, la trattativa interrotta, la latitanza delle autorità ucraine e dell’Interpol, il museo ha sentito l’esigenza di rendere pubblica tutta la questione poiché teme che la merce rubata scompaia una seconda volta e sia magari venduta a ricettatori, in buona o in mala fede.
Tutta la vicenda è stata anche oggetto di una lettera che l’europarlamentare italiana di lungo corso, l’on. Cristiana Muscardini, ha inviato alla Commissaria europea con delega alla Giustizia Vera Jourova.
Chissà se Bruxelles deciderà di chiedere delucidazioni in merito al governo di Kiev o se la “protezione” di cui gode lascerà che tutto finisca nel silenzio.