Foto: magistrato Ilda Boccassini
L’inchiesta sulla farmacia Caiazzo svela la complicità della borghesia milanese coi clan. Entrati nel tessuto economico della città. Il ruolo della Pro Jerusalem.
di Alessandro Da Rold e Luca Rinaldi
Non è un’indagine come tutte le altre quella che Ilda Boccassini ha coordinato sulla farmacia di piazza Caiazzo a Milano, scoprendo i tentacoli della ‘ndrangheta nel cuore della «capitale morale» (copyright Raffaele Cantone).
Perché la Dda milanese ha scoperchiato un nuovo modo di agire delle cosche calabresi, dopo le inchieste Infinito e Minotauro.
La ‘ndrangheta si è fatta borghesia, è entrata nel tessuto economico politico della città, vuole diventare rispettabile, è ormai radicata. Lo ha fatto in 10 anni di viaggi da Sud a Nord, come racconta l’ordinanza di custodia cautelare che ha portato in carcere Giuseppe Strangio, storico affiliato di una famiglia di San Luca.
E ci è riuscita grazie alla complicità di una borghesia silente come quella del Nord, come ha spesso ripetuto la stessa Boccassini.
IL RUOLO DI COSIMO SALERNO. Ma c’è molto di più in questa inchiesta dove si indaga soprattutto per riciclaggio di denaro sporco, con tutta probabilità ricavato dal traffico di cocaina e dalle estorsioni, tra strani versamenti di quote a Fondazione Pro Jerusalem e soci titolari di cooperative sociali in Calabria.
Il personaggio di spicco che emerge dalle carte è Cosimo Salerno.
La direzione distrettuale antimafia non lo indaga in questa inchiesta perché per lo stesso reato si sta procedendo nei suoi confronti davanti al tribunale di Perugia nell’ambito del riciclaggio delle ricchezze della famiglia Marando.
SNODO DEI CAPITALI DI ‘NDRANGHETA. Ed è proprio sui beni di questa famiglia di ‘ndrangheta, particolarmente attiva nel Piemontese, che emerge la figura di quello che – senza mezzi termini – gli investigatori definiscono «depositario e riciclatore della notevolissima ricchezza accumulata da Rosario Marando».
Salerno è punto di snodo per vari capitali delle ‘ndrine. Il suo nome fa capolino nelle inchieste dell’antimafia da quasi 10 anni e in questa indagine viene messo in relazione strettissima con Giuseppe Strangio.
«Analizzando i rapporti tra Strangio e Salerno (e le figure a quest’ultimo facenti capo) appare limpida», scrive il gip di Milano Maria Cristina Mennocci, «la conclusione che parte del denaro utilizzato per l’acquisto della farmacia Caiazzo (da cui l’indagine ha preso le mosse) proviene in ultima analisi dal denaro dei Marando, riciclato da Cosimo Salerno».
I contatti Strangio-Salerno all’epoca dell’acquisto della farmacia Caiazzo
Tra i rapporti di Strangio con Salerno e i 200 mila euro per l’acquisto della farmacia milanese, passati tra le poste di Sidereo e la società Piramide Costruzioni di Salerno, c’è anche una fondazione su cui si sa molto poco: la Pro Jerusalem.
Da qui, ricostruiscono le indagini bancarie effettuate dai magistrati milanesi, risulta «un ulteriore “contatto di contenuto economico” diretto» tra Strangio e Salerno.
Contatti frequenti, in particolare, si sono registrati nel 2005, «quando l’acquisto della farmacia Caiazzo è entrato nel vivo», annotano gli inquirenti. «Rimane ovviamente da spiegare», proseguono gli investigatori, «la ragione di questa cointeressenza nella fondazione e ciò potrà essere fatto sentendo a sommarie informazioni i soggetti che hanno versato denaro alla Pro Jerusalem».
SOCI IN INIZIATIVE DI SOLIDARIETÀ. Fondazione di cui risulta un intervento nell’ormai lontano 2007, proprio da parte di Cosimo Salerno, all’assemblea generale dell’Istituto per la famiglia. I prossimi passi degli investigatori e gli interrogatori dei magistrati verteranno sulla Pro Jerusalem e i suoi finanziatori.
Di certo, fa un certo effetto notare come tra i soci di Salerno ci sia un titolare della cooperativa sociale Il Sentiero di Reggio Calabria.
Lo si scopre tramite una semplice visura camerale, trovando che la finaziaria Leaderfin intestata al presunto cassiere ndranghetista ha due soci, uno sempre impegnato nel settore farmaceutico e l’altro invece che si occupa di iniziative sociali.
«SUPERATA LA LOGICA DELL’INFILTRAZIONE». «In regione Lombardia si è, da tempo, superata la logica della infiltrazione, intesa come sporadico inserimento della ‘ndrangheta nell’economia legale (penetrazione di qualcosa di negativo all’interno di un tessuto sano) e ad essa è subentrato il concetto di vero e proprio radicamento», è l’analisi contenuta nella relazione annuale della Dna (Direzione nazionale antimafia) che prende in esame la diffusione delle organizzazioni mafiose in Lombardia dal primo luglio 2014 al 30 giugno 2015.
E, tra le condizioni di contesto che hanno consentito il radicamento della ‘ndrangheta in Lombardia, «vi è la disponibilità del mondo imprenditoriale, politico e delle professioni (cioè il cosiddetto capitale sociale della ‘ndrangheta) ad entrare in rapporti di reciproca convenienza con l’organizzazione».
Le indagini hanno quasi sempre riscontrato la presenza di figure «riconducibili al paradigma della ‘borghesia mafiosa’, canali di collegamento tra la società civile e la ‘ndrangheta e nessuna categoria professionale è esente da questa considerazione: forze di polizia, magistrati, avvocati, imprenditori, medici, appartenenti a livelli apicali della pubblica amministrazione, politici».
Una capitale morale che tanto morale non è.
05 Marzo 2016