Gli effetti della decadenza industriale la dobbiamo prevalentemente alla crisi di (sovra)produzione del sistema capitalistico collegato alla globalizzazione, dove l’ingigantimento delle imprese (che non sono più nazionali ma multinazionali e trasnazionali), portano i lavoratori mondiali a pagarne il pesante conto.
Questa crisi, ben peggiore del 1929, farà pagare ai lavoratori europei (ma, in realtà, mondiale), se, questi ultimi, non percorreranno strade diverse da quelle prospettate dai capitalisti basati dai vari trattati europei (imposti dal FMI, Fed…) e concepiti sulla concorrenza. Dovremo spingerci in controtendenza a questa impostazione ed andare a forme di solidarietà tra lavoratori altrimenti non ne verremo fuori. Anzi…
Le ciclicità delle crisi causate dai capitalisti con fasi alternate tra espansione a periodi di depressione, inducono il mondo del lavoro a subirne le drastiche conseguenze. Esempio. Alla fine dell’800 la prima crisi, c.d. “lunga depressione“, portò allo sviluppo dell’imperialismo con la concorrenza degli imperi coloniali e sfociata nella Prima Guerra Mondiale, rompendo gli schemi della globalizzazione. Poi, vi fu quella del 1929 sino a quella dei giorni nostri.
In Italia – contrariamente ai programmi europei che chiedevano l’aumento ad almeno il 20% del settore manifatturiero – tra il 2007 e il 2014, il 20-25% di questo ambito è stato distrutto. Il settore manifatturiero (per ogni paese) è l’elemento che costituisce la crescita del PIL e che innalza, anche, l’espansione dei servizi.
Fintanto che i lavoratori non comprenderanno la struttura del modo di produzione capitalistico e le ciclicità trentennali delle crisi del sistema che portano a guerre per “rigenerarsi” non ne verremo fuori. Anzi, come lavoratori dovremo riflettere sulle varie provocazioni fatte in giro per l’Europa e reagire contro le guerre che sono alle porte di casa e che, inevitabilmente, ci coinvolgeranno se non costruiremo un fronte unito contro tutto ciò.
MOWA
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