Si pensava che la data del 1° maggio fosse una giornata di lotta per i lavoratori che ricordano, con l’anniversario, il rilancio dell’occupazione e la difesa della propria dignità sui luoghi di lavoro… E, invece, qualcuno ha voluto mischiare le carte e “destabilizzare” il motivo della scadenza annuale. L’occasione è stata quella di far partecipare (o autoinvitarsi), a questa importante scadenza mondiale, con bandiere che con la pace e la dignità nulla a che fare. Anzi, sono fonte di una guerra fratricida nel loro paese: la Siria.
Stiamo parlando di tutti coloro che si sono fatti garanti o si sono messi dietro la bandiera con tre stelle, di al-Jaysh al-Sūrī al-Ḥurr (Esercito siriano libero), esercito di terroristi che combattono (tramite interposti Stati Medio Orientali – Arabia Saudita e Turchia – per interessi dell’Occidente), come rivelato da Wikileaks, nel 2012, e con l’intento di formare un comitato militare congiunto con la Turchia e il Qatar per rovesciare il governo siriano.
Offesa ai lavoratori che, in quella data (1° maggio), vorrebbero ricordare una lotta secolare contro lo sfruttamento capitalistico e vedere, il proprio plusvalore speso dai padroni rivoltarsi contro con questi che si autoproclamano Esercito siriano libero.
MOWA
Un 1° maggio a Milano, storie di ordinaria follia
Come si sa, definire esattamente quando sia nata la grande manifestazione internazionale a data fissa riguardante i lavoratori è difficile, nessuna burocrazia potrebbe rilasciare a tale riguardo un certificato di nascita indiscutibile.
Indubbiamente la rivendicazione delle otto ore di lavoro ne è uno dei fondamenti. Nel 1867 a Chicago si compie l’unione tra questa rivendicazione e il primo giorno del mese di maggio; ma probabilmente la scelta di tale data ha motivazioni più profonde, infatti nella tradizioni nordiche (e a dire il vero anche in quelle mediterranee) il 1° maggio è anche la data simbolica della vita che si rinnova, del riaprirsi del nuovo ciclo vitale segnalato dalle gemme sugli alberi. La decisione sindacale di stabilire nel 1° maggio 1886 la data di inizio del “rinnovamento” della vita operaia: «Otto ore di lavoro, otto ore di riposo, otto ore per fare quello che si vuole» è dunque inerente la condizione dei lavoratori che vogliono emanciparsi e si battono per la giustizia sociale.
Nello stesso periodo in Europa le Trade Unions così come i sindacati francesi si pongono la medesima questione. Nel 1926 invece, in Unione Sovietica Nicolaj Aseev e Vladimir Majakovskij aprono il loro ampio poema dedicato a Il primo 1° maggio con la rievocazione del movimento operaio del 1886.
Questi pochi accenni storici per richiamare la fondante pregnanza della data internazionale che è divenuta Festa dei lavoratori, passando attraverso una durissima repressione, costata anche la perdita di vite umane.
A Milano, il 1° maggio del 2016, accade anche questo: dopo che, circa 48 ore prima, si è lanciato l’evento su facebook, si presentano in corso Venezia alcuni con bandiere dei cosiddetti “liberi ribelli” recanti le tre stelle rosse a cui si riferiscono quelli del “libero esercito siriano” (Free Syrian Army); quest’ultimo addestrato e finanziato dagli Stati Uniti per loro stessa ammissione. Cosa c’entri tutto questo con la Festa del 1° maggio? Verosimilmente hanno cercato un’altra occasione per potersi manifestare. Infatti, col passare dei minuti l’affluenza rivela una organizzazione non approssimativa, arrivano infatti anche altri, e tra loro donne velate e uomini con la barba ma senza baffi… esattamente nella foggia degli islamici integralisti; alla fine, quando il corteo sta per partire, sono almeno 150; sappiamo che sono riusciti a coinvolgere anche un certo numero di egiziani. Uno dei manifestanti con la barba e senza baffi, intercettato da noi, stava per azzuffarsi con un italiano che aveva con sé una bandiera del Donbass, cosa questa che lo ha indispettito poiché deve avere associato molto probabilmente la bandiera alla Russia.
Il paradosso risiede nel fatto che costoro stanno contribuendo, ed hanno contribuito, a polverizzare la Siria, armati e pagati anche da paesi ove, come è ben noto, i diritti sociali e civili non hanno alcuna cittadinanza. Parliamo di paesi come il Qatar, l’Arabia Saudita, altre petromonarchie del Golfo e, un paese membro della NATO come la Turchia, che ha derubato il nord della Siria di pezzi di apparati produttivi, o li ha distrutti, esattamente come fecero i nazisti qui da noi al nord.
Milano, 1° maggio 2016, storie di ordinaria follia, dove la perdita di senso avviene nel mainstream che contribuiscono a costruire anche “giornalisti” come certi freelance o “strutturati” che lavorano in radio che hanno come motto «Nel mio paese nessuno è straniero», ai quali, se non fossero così in malafede, si dovrebbe fare la proposta: ma và a ciapà i ratt.
Comitato Contro la Guerra Milano