Foto: Benito Benedini
di Gianni Barbacetto
La strana storia del presidente di Fondazione Fiera, Benito Benedini, e della sua donazione bipartisan ai candidati Stefano Parisi e Giuseppe Sala (che alla fine rifiuta)
A cinque giorni dal voto, alfine Matteo Renzi è venuto a Milano a sostenere il candidato sindaco Giuseppe Sala. Al Barrio’s di don Gino Rigoldi, cappellano del carcere dei minori Beccaria, nell’estrema periferia milanese, davanti a una platea non immensa. Doveva essere una vittoria facile, con Mr. Expo. Invece è il presidente del Consiglio a dire: “Sarà un calcio di rigore”. Ribaltata dunque la prospettiva trionfale con cui era nata la candidatura: se Sala vincerà, vincerà ai rigori.
Sullo sfondo, una nuova polemica: sul finanziamento Benedini. È Basilio Rizzo, presidente del Consiglio comunale e candidato sindaco della lista civica e di sinistra “Milano in comune”, a rivelare che il presidente di Fondazione Fiera, Benito Benedini, ha staccato due assegni di 30 mila euro per finanziare i candidati Giuseppe Sala (centrosinistra) e Stefano Parisi (centrodestra). “Il dottor Benedini è presidente di Fondazione Fiera, che ha intrecci economici e istituzionali pressoché quotidiani con l’attività del Comune di Milano a partire da Expo e Arexpo, senza dimenticare il destino urbanistico delle aree Fiera Portello”, ha denunciato Rizzo. “Per loro un problema di opportunità non esiste?”.
In effetti è curioso un finanziamento elettorale ai due candidati che più hanno possibilità di diventare sindaco. Il Comune di Milano nomina i suoi rappresentanti negli organi di gestione di Fondazione Fiera e concorre alla nomina del presidente: Benedini pensa così d’ingraziarsi chi potrà dargli la sperata riconferma? È appena uscito da una brutta vicenda giudiziaria. Era finito sotto indagine a seguito di un esposto dell’allora amministratore delegato di Fiera spa, Enrico Pazzali, che aveva scoperto una strana operazione: un grande fornitore di Fiera, Manutencoop, aveva promesso, nel caso gli fosse riconfermato l’incarico del servizio manutenzione, il 2,5 per cento del fatturato a una piccola azienda senza dipendenti, la House Tech, controllata al 50 per cento da un’altra società, la Itd, di Benedini e famiglia. I magistrati hanno annusato l’odore di una tangente da 500 mila euro che sarebbero finiti nelle tasche del presidente di Fondazione Fiera e hanno ipotizzato il reato di corruzione privata, o di induzione indebita (la vecchia concussione). Sicure le “oggettive anomalie” della storia, scrive il giudice. Ma senza prove sufficienti per andare a giudizio: dunque, archiviazione.
Il protagonista di questa comunque opaca vicenda ora punta alla riconferma come presidente della Fondazione Fiera. Le candidature devono essere presentate entro il 10 giugno alla Regione Lombardia, che la controlla insieme a Comune di Milano, Camera di commercio e Confcommercio. Benedini si prepara con una generosa donazione bipartisan. “Siamo tornati alla vendita delle cariche?”, si chiede Basilio Rizzo, che chiede ai due candidati di rinunciare. Ventiquattr’ore dopo, Sala risponde. “Chiamerò il cavaliere Benedini per ringraziarlo, ma anche per dirgli che restituiremo i 30 mila euro. Ho chiesto al mio comitato elettorale e la donazione corrisponde al vero”, ha spiegato il candidato del centrosinistra. “Il versamento è del tutto legittimo, ma, alla fine, avendoci anche riflettuto, preferisco che chi fa un versamento per la mia campagna sia dalla mia parte e lo faccia per supportare me”. Insomma: rinuncio non perché altamente inopportuno, ma perché li ha dati anche all’avversario.
Il Fatto quotidiano, 1 giugno 2016