Una casa mutilata che stende la mano… Ma non è la solita mano, che domanda il solito obolo di metallo o di carta. La casa mutilata non domanda l’elemosina. La sua mano distesa domanda delle opinioni e delle idee. È stata fulminata dalla forza brutale del fuoco. Non era una delle solite case, allineate in rango come i soldati alla parata. Era essa stessa la personificazione di un’idea, la sentinella avanzata dell’idea di tutti noi. Si era piantata solidamente in un estremo della città. Era uno dei tanti combattenti della nostra idea, che assediano la città della borghesia, che cingono la cittadella della borghesia in una cerchia formidabile che, venuto che sia il momento, si restringerà, darà l’assalto, prenderà definitivamente possesso della città. L’incendio l’ha fulminata. L’incendio ha aperto un varco in questa cinta. L’incendio vorrebbe che i buoni combattenti abbandonassero la casa mutilata e si disperdessero, e illanguidissero la loro compagine unitaria disperdendosi. Perciò la casa mutilata di Borgo Vittoria non domanda l’elemosina. La sua mano distesa domanda opinioni ed idee. Chi crede che sia necessaria l’esistenza della Casa del popolo, dia il suo contributo. Chi crede che i socialisti debbano avere una casa propria, debbano avere una fortezza propria in tutte le barriere, dia il suo obolo. Chi sente che l’indebolirsi di una parte porta necessariamente all’indebolirsi di tutto il corpo, dia il suo obolo. Chi è socialista non solo a parole, ma anche nei fatti, e sente viva nella sua coscienza la solidarietà per tutti i compagni, per le opere di tutti i compagni, per le affermazioni di vita di tutti i compagni, dia il suo obolo.
La casa mutilata di Borgo Vittoria non domanda l’elemosina. Domanda delle opinioni, delle idee. Chi vuole dimostrare di averne, faccia un piccolo sacrifizio, dia di questo avere la prova tangibile e costruttiva. La casa mutilata deve risorgere, piú forte, piú bella, piú minacciosa di prima. Sarà murata di queste idee, sarà cementata di questa solidarietà. E la sua nuova forza, la sua nuova minaccia, avranno un significato ancor piú ampio e comprensivo, perché saranno la forza e la minaccia di tutto il proletariato torinese.
Antonio Gramsci “Sotto la Mole” 24 dicembre 1916