Ricordo un passaggio del “Piano di rinascita democratica” della P2:
“3) Per quanto concerne i sindacati la scelta prioritaria e’ fra la sollecitazione alla rottura, seguendo cioe’ le linee gia’ esistenti dei gruppi minoritari della CISL e maggioritari dell’UIL, per poi agevolare la fusione con gli autonomi, acquisire con strumenti finanziari di pari entita’ i piu’ disponibili fra gli attuali confederati allo scopo di rovesciare i rapporti di forza all’interno dell’attuale trimurti.
Gli scopi reali da ottenere sono:
a) restaurazione della liberta’ individuale, nelle fabbriche e aziende in genere per consentire l’elezione dei consigli di fabbrica, con effettive garanzie di segretezza del voto;
b) ripristinare per tale via il ruolo effettivo del sindacato di collaboratore del fenomeno produttivo in luogo di quello legittimamente assente di interlocutore in vista di decisioni politiche aziendali e governative.
Sotto tale profilo, la via della scissione e della successiva integrazione con gli autonomi sembra preferibile snche ai fini dell’incidenza positiva sulla pubblica opinione di un fenomeno clamoroso come la costituzione di un vero sindacato che agiti la bandiera della liberta’ di lavoro e della tutela economica deei lavoratori. Anche in terminidi costo e’ da prevedere un impiego di strumenti finanziari di entita’ inferiori all’altra ipotesi.”
Quante affinità…
MOWA
L’accordo più infame, quello teso ad escludere dalla contrattazione e dalle elezioni delle rsu tutti i sindacati che non si sono preventivamente messi d’accordo con il padrone, alle spalle di chi lavora.
Cgil, Cisl e Uil e Confindustria hanno raggiunto l’accordo sulla rappresentanza e la “democrazia sindacale”, definizione decisamente paradossale se si guarda al contenuto (fin qui segreto e reso noto, a spizzichi e bocconi, solo a una parte dei gruppi dirigenti nazionali).
I leader dei sindacati Susanna Camusso, Raffaele Bonanni, Luigi Angeletti ed il presidente degli industriali, Giorgio Squinzi, hanno siglato l’intesa dopo 4 ore di confronto e vari mesi di incontri separati e non ufficiali.
Con l’accordo interconfederale (il testo, ripetiamo, ancora non è disponibile) si introducono nuove regole per misurare la rappresentatività delle organizzazioni sindacali, certificare gli iscritti e il voto dei lavoratori e a dare “certezza” agli accordi sindacali, che una volta approvati e ratificati a maggioranza semplice varranno effettivamente per tutti.. Tradotto: nessuno potrà scioperare contro quanto deciso soltanto dai “complici” e dalle imprese.
”E’ un accordo storico”, commentano cinguettando all’unisono Camusso e Squinzi. ”un accordo che mette fine ad una lunga stagione di divisioni”, aggiunge il leader della Cgil.
”Dopo 60 anni definiamo le regole per la rappresentanza, che ci permette di avere contratti nazionali pienamente esigibili”, sottolinea con più sincerità il presidente di Confindustria. Si prevedono infatti regole per ”l’esercizio del diritto di sciopero e sanzioni per mancato rispetto e le conseguenti violazioni”, sottolinea ancora Squinzi.
“E’ una svolta davvero importante nelle relazioni industriali”, dice il leader della Cisl, Raffaele Bonanni. “La Cisl è molto contenta. Abbiamo perseguito con molta forza questo obiettivo”.
Quello che nessuno dice è che solo i sindacati firmatari di questo accordo saranno ammessi ai tavoli di trattativa a qualsiasi livello. Come dire che in Parlamento possono essere eletti solo i partiti che già si sono messi d’accordo sulla formazione del futuro governo…
Il plauso all’accordo arriva anche dal premier Enrico Letta che twitta: ”Una bella notizia l’accordo appena firmato Confindustria-sindacati: è il momento di unire, non di dividere per combattere la disoccupazione”.
Con questo accordo si mettono nero su bianco le regole per certificare gli iscritti e il voto dei lavoratori, indicando la soglia del 5% per sedere al tavolo della contrattazione nazionale.
Nel settore privato, come già accade da 20 anni nel pubblico impiego, la rappresentatività verrà misurata attraverso l’incrocio, il mix tra numero degli iscritti e voto proporzionale delle Rsu (rappresentanze sindacali unitarie).
L’intesa indica anche le regole per validare gli accordi, definiti dalle organizzazioni sindacali che rappresentano almeno il 50% più uno, cioè la maggioranza semplice. Si noti bene: la maggioranza delle organizzazioni sindacali, non dei lavoratori da queste organizzate. In pratica, se tre organizzazioni minoritarie firmano e una – assolutamente maggioritaria – no, l’accordo è valido per tutti.
La stessa maggioranza semplice richiesta per la consultazione certificata dei lavoratori, il voto a cui cioè verranno sottoposti gli stessi accordi. Conoscendo le modalità di votazione praticate nelle quasi totalità delle aziende, siamo al momento pressoché certi che raramente i lavoratori avranno l’occasione di “bocciare” un accordo sgradito.
Così se un contratto nazionale è sottoscritto dal 50% più uno della rappresentanza sindacale ”tutti – chiarisce senza giri di parole Squinzi – sono tenuti a rispettare quanto stabilito da quel contratto”. Ovvero a non muovere un dito in azienda. E’ in pratica la cancellazione del diritto di sciopero, almeno per quanto riguarda i sindacati; visto che la Costituzione ancora lo riconosce come diritto individuale. Ma per chi vi dovesse ricorrere sono state appunto approvate le “sanzioni”.
Non appena verrà reso noto il testo ufficiale vi saremo un’analisi più puntuale.
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Lo scarno resoconto pubblicato finora sul sito della Cgil (refusi compresi):
Misurazione della rappresentanza
1.- Ai fini della determinazione del peso di ogni organizzazione sindacale, che determina la possibilità di sedere ai tavoli dei rinnovi contrattuali, valgono:
• le deleghe sindacali (trattenuta operata dal datore di lavoro su esplicito mandato del lavoratore) comunicate dal datore di lavoro all’INPS e certificate dall’Istituto medesimo;
• i voti raccolti da ogni singola organizzazione sindacale nell’elezione delle Rappresentanze Sindacali Unitarie (RSU) in carica (validità 36 mesi)
2.- Il numero degli iscritti e il voto per le RSU peseranno ognuna per il 50% (così come anche previsto nel decreto legislativo 165/01 per il pubblico impiego)
3.- Questi due dati, iscritti e voto, verranno comunicati ad un ente esterno certificatore (es: CNEL) che procederà, per ogni CCNL, a determinare il calcolo della rappresentanza di ogni organizzazione sindacale.
4.- Le RSU saranno elette con voto proporzionale ai voti ottenuti, superando così l’1/3 destinato alle Organizzazioni Sindacali firmatarie di CCNL, e vi è l’impegno a rinnovare quelle scadute nei successivi sei mesi.
Validità ed esigibilità dei CCNL
Con l’accordo si stabiliscono regole che determinano le modalità con cui rendere esigibili, per entrambe le parti contraenti, il CCNL. Trattasi, per la prima volta nella storia delle relazioni sindacali nel nostro Paese, di una procedura formalizzata e condivisa da entrambe le parti.
1.- Saranno ammesse al tavolo della trattativa le Organizzazioni Sindacali “pesate” con le regole sopra descritte, che superino la soglia del 5%.
2.- Le modalità di presentazione delle piattaforme contrattuali è lasciata alla determinazione delle singole categorie, con l’auspicio di entrambe le parti affinché si determinino richieste unitarie.
3.- Un CCNL è esigibile ed efficace qualora si verifichino entrambi le seguenti due condizioni:
• sia sottoscritto da almeno il 50%+1 delle organizzazioni sindacali deputate a trattare;
• sia validato, tramite consultazione certificata, dalla maggioranza semplice dei lavoratori e delle lavoratrici, con modalità operative definite dalle categorie
La sottoscrizione formale del CCNL che abbia seguito tale procedura diviene atto vincolante per entrambe le parti.
4.- I CCNL definiranno clausole e/o procedure di raffreddamento finalizzate a garantirne l’esigibilità e le relative inadempienze.
(come si può notare, la Cgil omette accuratamente di nominare le “sanzioni” previste in caso di sciopero, su cui invece molto insistono Confindustria, Cisl e Uil). Piccole furbizie che nascondono ai propri iscritti la parte più infame di un accordo mostruoso.