autore: Andrea Cinquegrani
Ilaria Capua
Nuovo vertice alla Luiss, l’università griffata Confindustria. Sempre in sella, in qualità di presidente, Emma Marcegaglia, al timone già da sei anni. New entry, invece, nel cda, sempre più tinto di rosa. Vi fanno ingresso la numero uno di Poste Italiane, Luisa Todini, il segretario generale della Farnesina, Elisabetta Belloni, la virologa Ilaria Capua, i quali vanno ad affiancare big di impresa e finanza come il numero uno di Assolombarda Gianfelice Rocca, il presidente dei Giovani Industriali Marco Gay, il vertice della Fondazione Fiera di Milano Giovanni Gorno Tempini (per molti anni al timone della Cassa Depositi e Prestiti), l’imprenditore Giuseppe Cornetto Bourlot. Tra i nuovi nomi che affiancheranno il cda (delle sorte di “superconsiglieri” dei consiglieri) spiccano quelli del presidente di BNL e Luiss Business School Luigi Abete, del mattonaro romano sempre più globalizzato Francesco Gaetano Caltagirone (fresco il colpaccio del cemento made in Belgio), del presidente di Intesa Sanpaolo Gian Maria Gros-Pietro, nonché un altro big dello stesso istituto di credito, Stefano Lucchini, “Direttore International and Regulatory Affairs”.
Linfa nuova per spingere sempre più su i destini dell’ateneo ispirato alla figura di Guido Carli. Così commenta Marcegaglia, che – non dimentichiamolo – è anche al timone, sempre in qualità di presidente, del colosso Eni. “Nel 2017 sbarchiamo a Milano, casa del benchmark Bocconi, con una estensione di Luiss Enlabs: il Mhuma, o Milano Hub Makers, sarà un laboratorio dedicato alla manifattura 4.0”. Per uscire dal linguaggio cifrato, così spiega: “La fabbrica di start up Luiss Enlabs, con LVenture, ha un grande successo a Roma, tant’è che stiamo ampliando di 4 mila metri quadri gli spazi di Termini: diventeremo uno dei più grandi ‘acceleratori’ d’Europa. E se funziona nella capitale politica, dove in soli due anni gli studenti che vogliono imparare il mestiere di imprenditore hanno attirato, con le loro idee, circa 20 milioni di investimenti esterni, creando star up per 350 posti di lavoro, immaginate le potenzialità nella capitale economica”. Che ha anche un Beppe Sala nel motore, come fresco sindaco, e un dopo Expo tutto da costruire.
Un modo come un altro, la poltrona nel cda Luiss, per distrarsi da tante incombenze del duro lavoro quotidiano e dai grattacapi giudiziari.
ACCIAIO E VACCINI, I DUE GIALLI
E così succede a Gianfelice Rocca, alla guida di un vero e proprio impero d’acciaio e non solo, a bordo della corazzata Techint, dell’italo-argentina Tenaris, di quel pozzo di San Patrizio italo-elvetico chiamato “San Faustin”, ma anche alle prese con alcune pesanti inchieste della magistratura per “corruzione internazionale”. E’ comunque in compagnia di big del calibro di Paolo Scaroni, l’ex plenipotenziario dell’Eni impelagato in storie di maxi tangenti dal Brasile alla Nigeria, passando per Algeria e Kazakistan. Lo scandalo carioca – con la tangente del secolo, 3 miliardi di dollari finora accertati dalla “Lava Jato” della magistratura verdeoro, con la possibilità che il tetto salga ad oltre 20 miliardi – vede sotto i riflettori, anche della procura di Milano, non solo mamma Eni e consorella Saipem, ma anche la Techint della famiglia Rocca, che segue in modo sempre amorevole i destini della sua Humanitas in terra lombarda. Incredibile ma vero, la maxi inchiesta delle due procure (carioca e meneghina) è stata praticamente ignorata dai media di casa nostra, e soprattutto del tutto oscurato il coinvolgimento di un colosso ancora “pubblico” come Eni e di uno privato come Techint. La carriera di Scaroni decollò proprio – metà anni ’80 – in casa Techint, a quei tempi impegnata in missioni “umanitarie” soprattutto nel Corno d’Africa: con una Ilaria Alpi che – secondo non poche fonti – indagava proprio sui fondi per la cooperazione internazionale, allora gioia e delizia di Techint.
Paolo Scaroni, fresco di rinvio a giudizio per tangenti Saipem in Algeria
Grattacapi che arrivano, grattacapi che vanno. Può adesso dormire sonni tranquilli Ilaria Capua, la super scienziata uscita dal tunnel giudiziario durato quasi dieci anni. Un calvario al quale le più griffate penne hanno dedicato pagine e pagine. A cominciare dal Corsera, con i commoventi articoli di Paolo Mieli e Giannantonio Stella, che hanno descritto con dovizia di dettagli le indicibili sofferenze patite dalla vincitrice del “Penn Vet World Leader Ship Award”, “il riconoscimento più importante del pianeta per le discipline veterinarie”. “Non avevo più il coraggio di uscire – rammenta Capua – di andare dal fruttivendolo, la testa che girava, avevo conati di vomito”. E poi: “mi sento sfregiata. Come se mi avessero buttato addosso l’acido. E certe ferite non se ne vanno”. Accuse da ergastolo (tentata epidemia, traffico di virus, corruzione, concussione) portate avanti per anni a Roma, e in particolare dal procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo; poi l’inchiesta improvvisamente si arena, il tutto viene “spacchettato” e passa per competenza (sic) a Pavia, Padova e Verona. Che solo pochi mesi o addirittura un mese fa (Verona) prescrivono il tutto oppure decretano che “il fatto non sussiste” (proprio Verona). Come tutto ciò sia stato mai possibile resta un giallo: vere o taroccate quelle intercettazioni telefoniche che avrebbero inchiodato anche un bisonte? Se sono state manomesse, perchè nessuno paga mai – al solito – il conto? Se sono vere, come è possibile una interpretazione “doppia”, accusatoria a Roma e assolutoria nelle altre procure? Siamo ad una giustizia “regionale”, costruita su base geografica? Misteri della giustizia di casa (e di cosa) nostra…
IL SUPERCOMMISSARIO & ROCCA
Torniamo a Milano, dove l’area Expo è un autentico pentolone di fase di ebollizione. A cominciare dalle inchieste della magistratura, che ha finalmente acceso i riflettori (meglio tardi che mai) sulla presenza delle ‘ndrine nei lavori per il mega evento pilotato, con piglio deciso, da Beppe Sala, il quale aveva messo non una ma due mani sul fuoco: “appalti puliti e trasparenti”. Si sta vedendo adesso, con i buoi calabresi (e non solo) che hanno tranquillamente e abbondantemente pascolato nelle praterie dell’area di Rho, sede del mitico Expo.
Sottolineano alcuni avvocati al palazzo di giustizia di Milano: “sarebbe interessante capire come stanno proseguendo le indagini sui lavori per i vari padiglioni, dove erano implicate varie aziende e non pochi progettisti. Le ipotesi di reato, nei diversi filoni, sono svariate: dalla corruzione alla turbativa d’asta all’associazione a delinquere. Quando c’è la malavita organizzata di mezzo, comunque, proprio il 416 bis è il reato che gli inquirenti dovrebbero perseguire. Si sa, uomini di rispetto, ormai sempre più spesso colletti bianchi diretto riferimento di cosche e clan, non persuadono tanto a botte di danaro, quindi corrompendo, ma soprattutto anche con altri sistemi, non necessariamente violenti, comunque chiaramente intimidatori, da vera e propria estorsione. Qui sta un crinale non indifferenze, anche sotto il profilo della prescrizione-mannaia: l’imputazione di corruzione, infatti, rende il processo spesso morto già alla sua nascita, perchè sette anni e mezzo, con i tempi della giustizia nel nostro paese, sono un lampo. Mentre quelle per estorsione hanno un tempo di prescrizione che può far sperare nell’approdo a una sentenza definitiva”.
Matteo Renzi presenta l’Human Technopole
Tra i vari padiglioni, riflettori anche su quello di casa nostra (o cosa nostra?), il padiglione Italia. Cosa sta “producendo” palazzo di giustizia? Sarà interessante saperlo, a breve, pause estive permettendo. Intanto una prima condanna va a segno, pur lieve, due anni e due mesi comminati ad Antonio Rognoni, ex direttore generale di “Infrastrutture Lombarde spa”, per un iniziale appalto relativo a “Città della Salute”: in cambio non le classiche mazzette ma la promessa di un incarico pubblico, con ogni probabilità all’Anas. La fa franca, invece, per l’accusa di corruzione nella gara di Expo 2015 riguardante “l’architettura dei servizi”: non ha commesso il fatto, secondo la procura meneghina.
Intanto, altri lavori fervono. E mega progetti dovrebbero essere cantierati a breve. Nel calderone, in pole position l’Human Technopole, con uno Speedy Renzi partito a mille, affidando la cabina di regia all’IIT di Genova, cui dovrebbe spettare una sorta di super coordinamento “scientifico” e non solo. Suscitando le ire di non pochi pezzi di Università & Ricerca: “un mix in cui confluiscono – commenta un ricercatore della Statale – sia elementi genuini del mondo scientifico che i soliti baroni abbarbicati alle loro poltrone e soprattutto ai fondi pubblici”. Una torta milionaria, comunque, che vede già notti di lunghi coltelli all’orizzonte (breve), come la Voce ha descritto in un’inchiesta di qualche mese fa.
Intanto, anche la Statale decide di traslocare nella sempre più gettonata area ex Expo. E’ fresca la decisione dell’Ateneo, guidato dal rettore Gianluca Vago, di far fagotto e trasferirsi in tempi brevi, 18 mila studenti e 2 mila ricercatori al seguito. La “manifestazione di interesse” sta per essere inviata ad Arexpo, la società proprietaria dei terreni: che ormai fa i conti sul pallottoliere. Oltre al super progetto Technopole, è previsto il trasferimento dell’ospedale Galeazzi, poi sono in pole position per ottenere aree big dell’industria come Bayer, Ibm, Nokia, Roche. Non manca un tocco d’arte, con la Scala che ha previsto di realizzare proprio nell’area Expo il suo polo artistico e produttivo.
Un progetto per la Milano del Futuro, proiettata nel mondo della Scienza, immersa nell’Innovazione: ma di chi sarà mai stato quel Dream che sta per tradursi in realtà? Un parto della vulcanica mente di Gianfelice Rocca, of course. Che ora può contare su un partner d’eccezione: il sindaco ed ex commissario straordinario Beppe Sala.
28 luglio 2016