Dopo le dichiarazioni ai magistrati di Reggio: “Aiello ha ucciso Borsellino”. Fava (Antimafia): “Troppe logge segrete nel paese di Messina Denaro”
di Giuseppe Lo Bianco
Dopo 24 anni di bugie, depistaggi, pentiti auto definitisi “orsacchiotti con le batterie”, processi rifatti, ergastolani scarcerati e clamorosi buchi nelle indagini sulla strage Borsellino, dai verbali di un pentito controverso, il calabrese Nino Lo Giudice, salta fuori – come rivelato ieri dal Fatto – il nome del killer che il pomeriggio del 19 luglio 1992 azionò il telecomando di morte in via D’Amelio. Più che un nome, un soprannome: “Faccia di mostro”, il presunto killer di Stato Vincenzo Aiello. Per i pm di Palermo della Trattativa Stato mafia leggere la notizia non è stata una sorpresa, visto che il pm Nino Di Matteo e quello di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo lo hanno interrogato un mese fa, e Nino Lo Giudice non ha deluso le attese riempendo decine di pagine di verbali, tuttora secretati e in parte spediti a Caltanissetta, procura competente per le stragi del ’92.
Dichiarazioni fiume che confermano e allargano il contesto investigativo entro il quale si muovono da oltre un anno i pm di Palermo, Reggio Calabri e Caltanissetta coordinati dalla procura nazionale antimafia guidata da Franco Roberti e cioè l’asse mafio-massonico risalente nel tempo con radici nell’ eversione nera e contatti continui con pezzi di Servizi segreti che riprende e sviluppa il lavoro già fatto dai pm palermitani nell’inchiesta Sistemi Criminali e arriva sino alla Trattativa Stato mafia, rileggendo anche sentenze e verbali del passato che mantengono una straordinari attualità: “La ’ndrangheta – ha detto il pm Giuseppe Lombardo in un convegno organizzato il 21 maggio a Palermo – otteneva aperture con un dialogo di cui parliamo oggi e ovviamente molti anni prima rispetto a quelle trattative che a Palermo conoscete. Quel dialogo è diventato a mio parere qualcosa di eversivo ed estremamente pericoloso”. E questo scenario è esplorato in questi giorni anche dalla commissione Antimafia che ha ascoltato il gran maestro della massoneria (Goi) Stefano Bisi proprio sulle infiltrazioni mafiose nella massoneria siciliana e calabrese narrate nei dettagli da Lo Giudice e approfondite dall’Antimafia nella visita a Castelvetrano, paese del boss Matteo Messina Denaro, e a Trapani dove ha raccolto testimonianze di un clima pesante negli uffici giudiziari trapanesi proprio a causa di queste vicende: “Esiste una nuova cupola fatta di mafia e massoneria, anomalo che un concentrato di logge segrete esista a Castelvetrano – ha detto il vice presidente Claudio Fava -, la terra dove il boss latitante Matteo Messina Denaro ha costruito il proprio sistema di potere”. Sulle parole di Lo Giudice e sul controverso pentimento, sarà la raccolta dei riscontri, immediatamente avviata dai pm, a dire l’ultima parola, ma già emergono le differenze di valutazione tra le diverse procure impegnate nelle indagini. A Palermo le dichiarazioni del pentito calabrese sono oggetto di 2attentavalutazione senza pregiudizi” da oltre un anno, da quando i collaboratori calabresi hanno alzato il livello delle dichiarazioni con Consolato Villani, chiamato a deporre nel processo della Trattativa sulle ragioni misteriose degli agguati mortali ai carabinieri in Calabria a cavallo tra la fine del ’93 e l’inizio del ’94, dichiaarazioni che confermano le rivelazioni di Gaspare Spatuzza sul piano destabilizzante contro l’Arma confidatogli da Giuseppe Graviano alla vigilia del suo arresto. Più controverso il ruolo di Aiello, che si muove, secondo le accuse, in un contesto investigativo di grande interesse: può condurre dentro i segreti di Gladio e del suo ruolo nella stagione stragista; ma finora, nonostante sia stato chiamato in causa da diversi pentiti come “l’agente ombra” della stagione stragista a Palermo (ed anche prima, con il delitto di Nino Agostino) non si è riusciti a chiudere attorno a lui il cerchio delle accuse. Più tiepida nell’accoglienza delle nuove rivelazioni di Lo Giudice appare la procura di Caltanissetta, che delle parole di Lo Giudice non ha mai tenuto conto e che nella requisitoria di Capaci, con il pm Onelio Dodero, ha liquidato tutte le dichiarazioni di collaboratori che aprivano le piste “oltre Cosa nostra” con la frase tranchant: “Ciò che non è provato non esiste”, aggiungendo: “A Capaci forse c’era Paperinik”. E anche un altro pm, fino a un mese fa, liquidava la pista che conduce a “Faccia di mostro” rivolto ai giornalisti con un deciso: “Lasciatelo perdere”, dopo aver ascoltato in aula Giovanni Carrara, un amico di Bergamo con cui Aiello venne sorpreso da un’intercettazione a parlare proprio delle stragi: “Ehi sono io – diceva Aiello – hai letto l’Espressodi questa settimana?. “No, perché?”. “Allora se ti capita compralo e dagli un’occhiata. Parla di Palermo, di Borsellino e di cose varie”. “Quello che è in edicola adesso?”. Chiede l’amico. “Leggi! – risponde Aiello – così leggi qualcosa anche di… personale, insomma! Parliamo delle stragi”. Millanterie?
10 agosto 2016