Le persistenti fandonie dei massoni non lasciano in pace le persone perbene ripetendo, come un mantra, uno sgraziato ritornello bollando di complottisti tutti coloro che li smascherano e con il vano tentativo di revisionare (a loro favore) interi periodi di storia.
Motivo per cui postiamo (qui sotto) quest’illluminante intervista realizzata nel 1994 dal docente di Filosofia della Politica, Marco Dolcetta, ad uno dei protagonisti del nazismo, Reinhardt Kops, il quale riporta alla luce come vi sia sempre stato un indissolubile connubio e correità (oltre l’inevitabile pericolosità), di certe forme di potere, con le dittature. Un malefico intreccio di responsabilità dichiarate dal nazista che smorza tutti coloro che vorrebbero, ancor oggi, sostenere l’estraneità della massoneria, nell’aver pianificato e prodotto crimini a danno di milioni di persone.
Ribadiamo l’antiteticità della democrazia da quanto sostenuto nelle teorie e pratiche dalle massonerie le quali sostengono, bugiardamente, di essere organizzazioni aperte quando i fatti quotidiani, invece, dimostrano l’esatto contrario e dove si evince che esercitano un potere con il segreto, la paura, il ricatto come “base programmatica della politica dei suoi Stati e dei suoi governi…” E che, tra l’altro, per “i massoni che ricoprono incarichi istituzionali il giuramento a questa setta criminale ha un valore superiore a quello fatto alla nostra Costituzione.”
L’intervista, come i nostri post, testimoniano l’analisi di una struttura, quella della massoneria, che “tramite l’infiltrazione dei suoi aderenti in tutti i gangli dello Stato, nei partiti, nei movimenti, nei media, nelle religioni, nella criminalità mafiosa, è lo strumento principe, il vero partito-chiesa dei capitalisti, che ha lo scopo di realizzare nel mondo forme di democrazia formale, ma nei fatti di costruire società dittatoriali mascherate da sistemi elettorali maggioritari che sottraggono alle masse popolari la sovranità del voto, come negli Stati Uniti, in Gran Bretagna, in Francia e in tutti i paesi post rivoluzioni borghesi.”
Ci conforta il fatto che siano sempre di più le persone ad aprire gli occhi e capire quali mistificanti teorie antidemocratiche portino avanti i massoni.
MOWA
NEL RIFUGIO SEGRETO / Parla il vecchio nazista che svelò ai giornalisti USA dov’era il boia delle Ardeatine
«Io non ho mai tradito Priebke»
Kops: «Lui sa. Temo solo la massoneria: anche Hitler era un fratello»
di MARCO DOLCETTA
Si era semplicemente scordato di avermi dato indirizzo e numero telefonico del suo amico Roedenbeek, a Punta Arenas in Cile. Reinhardt Kops, il vecchio nazista che ha denunciato la presenza di Piebke a Bariloce, in Argentina, e poi scomparso, ancora una volta dimostrando di essere un agente dei Servizi segreti del Terzo Reich, ma indubbiamente è invecchiato.
Fa un gran freddo, e il vento soffia dal maree è gelido. Ma la casetta di legno di Bahia Mansa è accogliente. Con tono concitato e ansioso così esordisce: «E’ l’ultima volta che parlo con un giornalista. Le dirò tutto quello che vuole. Sono vecchio, stanco e soprattutto innocente: vorrei essere lasciato in pace». Mi ricordo che infatti su di lui non c’è accusa da parte della giustizia, a parte il gesto forse poco simpatico di denunciare l’amico e commilitone Priebke. Ho passato con lui 3 serate di fronte ai ghiacci dell’Antartide, nelle stesse coste desolate già descritte da Bruce Chatvin e percorse in moto, 40 anni fa, da Che Guevara.
«Sono stato colto di sorpresa – dice – ma è sempre così, la stampa è il portavoce del terrorismo psicologico delle massonerie internazionali. Il giornalista della Abc si è comportato senza etica professionale, da vero terrorista. Ora sono qui per riposarmi, sono in vacanza…».
Perché ha denunciato Priebke?
«Io non l’ho denunciato; sono stato colto di sorpresa; ho saputo solo dopo che c’era anche la televisione che mi riprendeva… Quel giornalista americano mi ha fatto un sacco di domande; voleva delle conferme, visto che sapeva tutto della mia vita. Mi sono detto tra me e me è la solita storia, ogni tanto bisogna riattizzare la fiamma dell’antinazismo, si soffia sulla brace ed ecco che riappare qualcuno di noi, un fuoco fatuo, un fantasma di altri tempi su cui riversare ogni contenuto negativo. Una specie di cerimonia lugubre. Mi chiedo solo come faranno quando saremo tutti biologicamente morti. E’ vero che noi del Nord duriamo tanto, ma forse ci cloneranno. Ho letto che a Gaza, cattolici, palestinesi ed ebrei, con i soldi degli americani e la copertura del Vaticano vogliono creare una specie di centro di ricerca biologica avanzata; forse cloneranno qualche vecchio nazista per mantenere vivente la possibilità del ricordo e della condanna… In parte si realizza oggi, copiandolo da un vecchio progetto delle SS; Sievers, Hielscher, Himmler e l’ebreo Martin Buber, il filosofo che collaborava con noi, prepararono all’inizio della guerra un progetto simile…».
Quali sono gli altri nazisti che vivono in Sudamerica?
«Guardi, credo che approssimativamente vivano circa 3000 reduci tra Cile, Argentina, Bolivia, Paraguay ed Uruguay. Come ho già detto tante volte, chi vive con il suo nome vuol dire o che non ha più problemi, ossia ha scontato la pena, o non è mai stato accusato di nulla. Chi vive invece con un altro nome o con il proprio ma discretamente, vuol dire che nel dopoguerra ha usufruito di un accordo con i vincitori per vivere in pace…».
Che cosa significa?
«Le cito il caso di Otto Skorzeny: fra lui e Israele ci fu un accordo di informazione militare tale che, dopo la sua visita come consigliere di Nasser in Egitto, e poi a seguito della Guerra dei 6 giorni in Israele, come ringraziamento per le informazioni logistiche che trasmise ad Israele, ha potuto vivere tranquillamente dovunque e viaggiare anche in Europa. E’ anche il caso di Wilfred von Owen, che vive oggi tranquillamente a Buenos Aires, il suo numero è sull’elenco del telefono. La storia di von Owen è sempre stata molto curiosa. La conosco dai tempi di Berlino, nel 1938. Fui incaricato di osservare le sue mosse. Era un presunto nobile di Amburgo, come tale si presentò a Goebbels dichiarandosi come un suo vecchio compagno di scuola d’infanzia, e chiedeva di lavorare per lui. Ma di nobili von Owen ci si rese conto che non ne esistevano. Comunque Goebbels decise di assumerlo come guardia del corpo, autista, segretario: tuttofare di bella e apparente nobile presenza. Goebbels era molto intelligente ma molto complessato fisicamente, e lui gli faceva da paraninfo nella sua love-story con l’attrice Baarova. Tenni per anni gli occhi su von Owen. Era impeccabile, ma non convinceva. Poi a guerra finita scomparve. Lo rividi per caso nel 1947 a Buenos Aires; finse di non riconoscermi. Seppi che viveva a Olivos, nella periferia di Buenos Aires, e che era in contatto con Martin Bormann, che noi gruppo speciale dei Servizi di informazione delle SS, abbiamo sempre considerato un sospetto informatore dei sovietici, così come il traditore Canaris. Non era ricercato da nessuno. Chi doveva cercarlo lo considerava infatti morto e sepolto. Solamente molti anni dopo, quando morì Bormann, von Owen ha ricominciato ad apparire in tv e a pubblicare interviste e libri, qualificandosi come giornalista e addirittura redattore dei discorsi di Goebbels, quando invece, in Germania non aveva mai scritto neanche una riga…».
Ma lei, prima della guerra cosa faceva?
«Vengo da una famiglia borghese, del Sud della Baviera. Dopo il liceo, per noi era naturale, un onore, andare a proseguire gli studi di filosofia arruolandoci nella carriera militare! IL massimo per noi era il corso per ufficiali nel castello di Bad Tolz, vicino al confine con l’Austria, sotto il ghiacciaio del Zillertal. Ho passato intere giornate, quando eravamo liberi dallo studio o dall’addestramento militare, su quel ghiacciaio…».
Hitler manda messaggi ai ”fratelli” e nel linguaggio della tradizione massone della Santa Vehme significa che “tutto è pronto per agire”
Ma ritornando alla sua fuga dall’Argentina, per caso, non è che teme una vendetta?
«Non temo i miei amici. Con loro l’equivoco di Priebke è chiarito. Le ripeto, i miei nemici sono altri. Ho scritto 3 libri su come la massoneria ha il potere mondiale. Una ricerca anche iconografica delle foto dei leaders di questo secolo: gesticolando davanti all’obiettivo in maniera apparentemente insignificante, a volte ridicola, in realtà mandavano messaggi ai ”fratelli”: aiuto, denaro o altro. E la stampa con le foto mandava segnali più precisi che non il messaggio scritto».
Lei ha scritto 3 grossi libri in tedesco su una vecchia ossessione della destra estremista: la massoneria, il mondialismo e gli ebrei dominano le banche, la finanza, la tv, l’industria, il mondo intero, ma aggiunge anche che c’è una iconografia occulta nei media per inviarsi segnali di ogni genere fra iniziati.
«Sì certo. Ad esempio facendo questo segno – e alza la mano – indico la mia ricerca di aiuto. Se la mano è destra con un dito puntato, vuol dire che sono in pericolo, se è la sinistra significa che va eliminato un ostacolo».
Mi mostra anche, fra le centinaia che ha pubblicato nei suoi libri, una foto di Hitler in un modo che un non iniziato considererebbe semplicemente volgare od oscena. «Questa foto – continua Kops – fu scattata il giorno prima dell’attacco all’Unione Sovietica, e nel linguaggio della tradizione massone della Santa Vehme significa che “tutto è pronto per agire”. Non a caso fu pubblicata in prima pagina su tutti i quotidiani tedeschi il giorno dell’inizio della campagna di Russia, ed era un avvertimento a chi di dovere…».
Se ho ben capito, nei suoi libri afferma che leaders politici come Olof Palme, de Gaulle, Menem, Mitterrand, Willi Brandt e anche sorprendentemente Goebbels e Hitler erano o sono massoni?
«So che il nazismo è stato considerato, come il fascismo, un movimento avversario e avversato dalla massoneria. Ma in realtà il nocciolo occulto del movimento nazionalsocialista, le Logge del Vril, e la Società di Thule, erano espressioni di due massonerie diverse fra loro. La prima si rifaceva alla teosofia della Blavatsky e poi a Rudolf Steiner, che era grande amico del nazismo e confidente di Rudolf Hesse. Non è vero che fu perseguitato dai nazisti anzi… Questo gruppo fu manipolato da sempre, da quel mago diabolico, al servizio degli inglesi, Aleister Crowley. L’altro gruppo, quello della Società di Thule, in Baviera, era più puro, meno infiltrato dagli scozzesi: si rifaceva agli illuminati del ‘German Orden’, i massoni razzisti della Santa Vehme. Sanguinari, di radici integraliste cattoliche, dal 1700 sono stati violenti antisemiti. Hitler era uno di questi. Ma ho poco da spiegare a un italiano: il “Progetto Gladio”, e la “Loggia P2”. Questo è il complotto dei massoni».
Anche lei lo è?
«No».
Lei alla fine degli anni ’40 ha scritto per il mensile di lingua tedesca «Der Weg» edito a Buenos Aires. Si firmava Juan Maler. Era un continuo attacco all’Onu.
«”Der Weg” è stato l’unica possibilità al mondo di smascherare tutte le menzogne che venivano diffuse a danno dei vinti, nel primo dopoguerra. Era anche la possibilità di mantenere vivi, almeno nella piccola comunità degli espatriati, i valori della civiltà occidentale, quando ovunquee c’era abbondanza e decadenza. La regia di questa decadenza erano le Nazioni Unite. Una mafia. L’occupazione nemica e le condanne a morte, le violazioni del diritto, le falsificazioni della storia e il livellamento delle singole civiltà, erano ed è opera dell’Unesco. L’ente dell’Onu che serve a disgregare i veri valori di un popolo e a ricrearne di altri, omogenei, standard: fasulli».
Però, lei era grande amico di Monsignor Hudal, che a Roma nel primo dopoguerra aiutò, per sua ammissione, centinaia di nazisti a fuggire con salvacondotti della Croce rossa internazionale.
«Mi aiutò a scappare. Mi fece avere un salvacondotto e soldi. Ero a Bolzano nel ’46: Poi sono rimasto in ottimi rapporti con lui. Ha collaborato per anni a “Der Weg”».
Lei è stato uno dei pochi, come Eichmann e Mengele, a cambiare nome; come mai?
«Io ho fatto la guerra come agente dei Servizi di informazione. Il fatto di aver tanti nomi è una deformazione professionale, chiamiamola così. Non dovevo nascondermi da nessuno in particolare; Non sono mai stato sottoposto a processi per nessun reato».
Kops è più rilassato, al punto che si lascia andare ad altre interessanti confidenze: «Vede, io non facevo parte di quel gruppo di 12 che si riunivano periodicamente nel sotterraneo del Castello di Wewelsburg, a Paderborn, ma vi ho assistito qualche volta come incaricato alla sicurezza. Quelle non erano riunioni militari o politiche. Era una liturgia particolare: Himmler officiava quel rito segreto, tra gli altri c’era Fridrich Hielscher, il filosofo, e anche, a volte, lo scrittore Ernst Jünger: sono tutti e due ancora vivi, in Germania. E poi Otto Rahn e Ernst Schäffer che faceva la missione al Montsegur, alla ricerca del Graal, ed in Tibet nel ’39, dal Dalai Lama; questo è l’aspetto più profondo del nazismo: le SS non sono state solo dei robot e dei carnefici, sotto c’è un’ideologia ben precisa, legata alla tradizione millenaria nordeuropea…».
Ma Lei, Kops, era anche uomo d’azione?
«Sì, ero il numero due di Otto Skorzeny, mi sono occupato di missioni “speciali”: fra l’altro ho liberato Mussolini sul Gran Sasso. Una missione particolarmente importante fu quella che mi portò a Lisbona, nel gennaio del 1941. L’addetto culturale dell’ambasciata romena, nostro alleato, il famoso scrittore Mircea Eliade, che era stato un pioniere della Legione dell’Arcangelo Michele. Il movimento del romeno Codreanu ci aveva convocato in gran segreto. I nostri nomi di battaglia erano “Aquila di mare” il mio e “Picchio” quello dell’altro mio amico, anche lui in missione. Con mia sorpresa prendemmo un aereo di linea che ci portò a… Londra! Qui, Picchio, tranquillizzandomi, mi disse che tutto funzionava come previsto. E mi presentò uno strano figuro che cercò di convincermi che era sicura l’intesa fra Inghilterra e Germania, d’accordo contro la Russia. Bisognava solo che Rudolf Hesse, Heinrich Himmler e Reinhardt Heydrich, il capo dei nostri servizi segreti e dell’Interpol, venissero, di nascosto, d’accordo con Hitler, in missione in Inghilterra, per stipulare degli accordi. Il resto della storia lo sa…».
Non sapevo che Heydrich, il boia di Praga, fosse a capo dell’Interpol, la Polizia internazionale; quindi lui sapeva in tempo di guerra tutti i segreti delle polizie affiliate, anche di quelle nemiche?
«Certo, grazie a questo, finché lui era vivo prima dell’attentato inglese a Praga nel giugno del 1942, la guerra la vincevamo noi…».
lunedì 6 giugno 1994