L’e-mail inviata da ignoti: “non è un avvertimento mafioso”
di Giorgio Bongiovanni e Miriam Cuccu
Una e-mail inviata da un indirizzo anonimo arriva la notte del 19 ottobre sulla casella di posta di Saverio Lodato, giornalista, scrittore ed editorialista di Antimafia Duemila. Se il mittente resta ignoto, però, il riferimento – nonché oggetto del testo – è più che chiaro all’articolo pubblicato solo una settimana prima, Sergio Mattarella a Nino Di Matteo: Vai via da Palermo! Nella e-mail è contenuto un ammonimento: “consiglia di lasciar perdere: non è un avvertimento mafioso”.
L’articolo a firma di Lodato usciva proprio a seguito degli ultimi eventi che alzano ulteriormente lo stato d’allerta nei confronti di Nino Di Matteo. Di fronte ai quali il Consiglio superiore della magistratura aveva ventilato al magistrato l’ipotesi di abbandonare Palermo e varcare la soglia della Procura nazionale antimafia, così da tutelare la propria incolumità. E dimenticando così, di conseguenza, il processo trattativa Stato-mafia, di cui Di Matteo si occupa insieme ai colleghi Teresi, Del Bene e Tartaglia.
Scriveva Lodato: “Nessuno, sinora, ha messo in evidenza che la richiesta a Di Matteo di appendere i guantoni, viene dal capo dello Stato, Sergio Mattarella, nella sua qualità di presidente del CSM”. Ed è proprio sul Presidente della Repubblica che si concentra di seguito l’e-mail anonima: “Già suo padre Bernardo (che fu Senatore) venne incautamente diffamato come tale ma il tribunale sentenziò che non c’erano prove, anzi, tutt’altro”, aggiungendo che “Mattarella ha espresso sempre in modo inequivoco la sua condanna del fenomeno mafioso…” e “… non è mai entrato in contatto con l’ambiente mafioso da lui invece apertamente e decisamente osteggiato nel corso di tutta la sua carriera politica”. Quindi conclude: “anche se… sembra quasi…; neppure la stessa mafia, per rispetto all’Uomo, giunge a dichiarare (pubblicamente) tanto… più modestamente progetta di ucciderlo”.
Immediata scatta la denuncia da parte di Lodato alla Procura di Palermo: “Ho chiesto che vengano fatti accertamenti sull’indirizzo elettronico da cui questa e-mail è partita” dichiara, commentando poi che “il passaggio più grave” è quello in cui “consiglia di lasciar perdere”, precisando che non di tratta di “un avvertimento mafioso”. Da chi proviene allora l’ammonimento, se non da ambienti criminali? E per quale motivo?
Certo è che Lodato, tra le più autorevoli firme – libere, soprattutto – in materia di mafia e antimafia, ha da sempre aspramente criticato, in accordo con la linea editoriale di Antimafia Duemila, le scelte del Consiglio superiore della magistratura quando ha sonoramente, e inspiegabilmente, bocciato il curriculum professionale di Di Matteo, nel momento in cui quest’ultimo fece domanda – per ben due volte – per la Procura nazionale antimafia. Ora, invece, per il magistrato giunge la proposta per approdare finalmente a Roma, ma con la carta del trasferimento d’urgenza e non certo per i meriti oggettivi di Di Matteo, maturati in una carriera più che ventennale tra processi e inchieste di mafia e stragi. A questo proposito, Lodato criticava aspramente la posizione del Capo dello Stato: “Con tutto il rispetto per il suo vicepresidente Legnini, non crediamo – scriveva – che potesse impegnarsi con Di Matteo per un eventuale provvedimento di deroga che gli spianerebbe quella stessa strada che tanto pervicacemente lo stesso CSM gli aveva ostruito. Mattarella non può non aver dato il suo via libera. Ma se le cose stanno così, ciò significa che la situazione della sicurezza, nonostante la scorta di tutto rispetto, si è aggravata, ove possibile, ancora di più”. I rischi sempre più alti corsi da Di Matteo, le palesi condanne a morte e il silenzio assordante da parte delle istituzioni sono proprio ciò che Antimafia Duemila intende allertare. A dispetto di qualsiasi “consiglio” di “lasciar perdere” – che andrà verificato e approfondito con ogni mezzo – sia esso mafioso o non.
03 Novembre 2016