Sui telegiornali Rai il premier occupa il 24% del ‘tempo di parola’ e il 36% del ‘tempo di notizia’. Lo dicono i dati dell’Agcom. Quando Minzolini dirigeva il Tg1, Berlusconi non aveva così tanto tempo a disposizione, ed è tutto dire. Il Tg2 ‘di destra’ che batte il Tg1 in attenzioni renziane, pur rimanendo l’ammiraglia Rai ‘House organ’ di Palazzo Chigi. In precedenza l’Agcom era stata accusata di aver ritardato la consegna dei dati alla commissione di Vigilanza. Dati di questa estate, nei telegiornali Rai: per il No solo il 22% del tempo di notizia. A chi sostiene il Si tutto il resto. E Renzi e Boschi che da soli coprono i due terzi dell’area dei favorevoli, vedremo se a vincere o a perdere.
Di rem
Sarebbe bastato guardare qualsiasi telegiornale Rai, o qualsiasi trasmissione di intrattenimento su qualsiasi argomento per capirlo. Tutto Renzi minuto per minuto, in qualsiasi occasione, sempre ed ovunque. Ora lo certifica l’Agcom, l’autorità per le garanzie nella comunicazione. Dopo un silenzio durato troppi mesi l’Agcom pubblica i numeri sul pluralismo politico delle televisioni. Lo spazio dispari dedicato al Sì e al No nel prossimo referendum, ma non solo. A stupire, se paragonato alle rilevazioni di qualche anno fa, in era berlusconiana, lo spazio riservato dai telegiornali Rai al premier Matteo Renzi.
Il documento Agcom ci dice che i tiggì pubblici gli offrono una media del 24% del ‘tempo di parola’ e del 36% del ‘tempo di notizia’. In testa c’è il Tg2 con il 26% e il 41% dei tempi, segue il Tg1 di Mario Orfeo, ‘House organ’ di Palazzo Chigi, con cifre di poco inferiori (21,5% e 36,5%). Percentuali inedite anche nella storia non esaltante dell’indipendenza da governo e potere del ‘Servizio pubblico Rai’. Servizio poco pubblico in appalto privato. Un telegiornale che dedica un quarto o un terzo, se non più, delle proprie notizie al presidente del consiglio in persona, non al governo, è cosa mai vista.
Cifre da Mediaset ai tempi di Berlusconi, solo che lì il premier era anche il proprietario. La Rai pubblica, anche nei decenni del potere totale democristiano, era rimasta molto al di sotto di quei ‘valori’ (nel senso di numeri). Sino al 2013, con l’avvento di Renzi. La Rai che già con Berlusconi, Monti e Letta aveva comunque dedicato al capo del governo un’attenzione esagerata rispetto ad altri Paesi, il nefasto ‘pastone politico’, comincia adesso con i telegiornali a pedinare passo passo il premier, ovunque vada, di qualsiasi cosa parli. E i numeri salgono a livelli di regime. Triste informazione in triste Paese che la subisce.
Sempre il confronto col peggio di ieri. Berlusconi tra il 2009-2011 ottiene circa il 12% del ‘tempo di parola’ (dichiarazioni dirette), Monti durante il suo mandato quasi il 18% , Letta il 15. Appena arrivato, invece, Renzi, supera a marzo del 2014 punte del 30%, poi si attesta su una media di oltre il 18%, prima di salire nel corso dell’ultimo anno al 20-21%, sino al record per ora imbattibile del 34% a dicembre 2015! Se mai vincesse il Si, figuriamoci il dicembre di quest’anno. Altro dato interessante è la premiership assoluta, anche nelle comparsate tv. Ministri e sottosegretari meno protagonisti, sempre più spazio al premier.
Con l’ultimo dato fornito dall’Agcom che riguarda la seconda metà di ottobre, il premier è al 24% del tempo di parola: cioè un quarto del tempo concesso agli attori politico-istituzionali se lo mangia il Presidente del consiglio. A cui i tiggì, non contenti di averlo fatto parlare così tanto, dedicano pure un terzo delle notizie che raccontano loro, pastone politico ed altro. Non succedeva nemmeno negli anni ’50, dove il presenzialismo mediatico con le relative forzature spesso poco dignitose per apparire, era prerogativa di ministri e sottosegretari. La presidenza del Consiglio aveva un ruolo molto ‘sacrale’ e apparentemente sopra le parti.
Solo Rai con la ‘opposizione’ informativa di Mediaset? Manco per ridere. Nei tiggì di Mediaset il quadro non muta anche se può apparire politicamente curioso che Renzi qui raccolga tanto spazio, in fortissima controtendenza rispetto ad altri presidenti del consiglio diversi da Berlusconi. A Renzi va ancora meglio su Sky, che gli concede un tempo di notizia del 38%. Peggio il principale organo d’informazione del Paese, al momento ancora il Tg1, che con la direzione Orfeo-Renzi batte il Tg1 di Mizolini-Berlusconi, in spazi ed attenzioni. Senza contare Porta a Porta e la Rete Uno che la vicinanza al potere coltivano per loro conto.
Pluralismo televisivo, sempre rivendicato e mai raggiunto, verso il definitivo addio? Cos’è che spinge i direttori dei tiggì a dedicare tanto spazio a Renzi? La chiacchiera quotidiana, le battute ad effetto del «maledetto toscano»? Anche Berlusconi parlava molto e faceva le battute. Cosa c’è di nuovo? Avere introdotto un uso martellante di tutti i media, nessuno escluso, i social soprattutto. Berlusconi, usava soprattutto la tv, analizza Giandomenico Crapis su il Manifesto, Renzi è la sua versione web. Renzi si impone in tv grazie a Facebook, Twitter, radio, e un sistema organizzato di microeventi centrati sulla sua persona.
Una strategia accorta che risulterebbe comunque vana o almeno frenata se in Italia esistesse un sistema informativo decente. I ‘piccoli accadimenti’ della piccola politica che producono ‘non notizie’ veicolate dal ‘non giornalismo’. Antica questione tra lottizzatore, lottizzato e troppi lottizzabili. Circuito perverso che intossica informazione e politica assieme. Un premier in perenne sovraesposizione mediatica, e il sistema tv dell’informazione nazionale intossicato dalla politica in tv ovunque. Oltre ovviamente all’interferenza diretta e pesante nel governo della Rai servizio pubblico in appalto illegittimo a privati.
Indicativa un vecchia ricerca dell’Osservatorio di Pavia sulla presenza della politica nei telegiornali della Rai. Il solo record europeo del Paese: i Tg del nostro servizio pubblico dedicano oltre un terzo alla pagina politica, più del doppio di quelli inglesi, francesi, tedeschi e spagnoli. Nei tg Rai la percentuale media dedicata alla pagina politica è del 34,8% mentre negli altri quattro tg europei è del 16,5%, meno della metà. Peggio: lo spazio della politica è caratterizzato per lo più da esternazioni: il 55 per cento contro il 25,4 delle testate europee, che invece privilegiano le azioni dei politici anziché le loro intenzioni.
14 novembre 2016