di MOWA
Circola in rete un bellissimo e documentatissimo filmato sul disastro economico avvenuto in Argentina nel 2001. Docufilm che mette in luce, anche, cosa sia avvenuto in molti altri paesi del globo (anche con la complicità di squallidi figuri come, ad esempio, il leader argentino Menem che aveva, ironicamente, un cognome palindromo) che portò sempre ad una stessa identica conclusione per il popolo: miseria e default.
Un paese, l’Argentina, notoriamente ricco di materie prime, portato al collasso economico da cattivi politici asserviti agli avvoltoi della finanza internazionale.
Un paese che aveva saputo esprimere, ahimé, il “meglio” del pensiero capitalista che, nascostosi dietro parole d’ordine quali democrazia, restaurazione, nazione…, aveva costruito un impianto che metteva un’intera popolazione alla fame rubandogli, oltre ai soldi, la dignità ed un futuro di tutto rispetto.
Una storia, quella Argentina, che ha fatto scuola tra gli speculatori e che ha avuto la disgrazia di ripetersi (con piccolissime varianti) in moltissimi altri paesi (Portorico, Grecia, Venezuela, Thainlandia…sino agli stessi paesi proponenti USA o UK) per arricchire criminali che si fanno chiamare, dalla stampa compiacente, “capitani della finanza”. Tutte queste crisi economico-politiche erano (sono) partite da un primo elemento (o quasi), che aveva come scopo quello di privare i vari Stati dei c.d. “gioielli di famiglia” costringendoli a cedere ad altri soggetti (speculatori) la propria stabilità, solidità. La storia degli argentini, sebbene con altre sfumature, è avvenuta anche qui in Italia. Già a partire dal 1982, sotto la guida dell’Istituto per la Ricostruzione Industriale (IRI) di Romano Prodi, si iniziò a mettere mano alle risorse economiche pubbliche privatizzandole. Infatti, il democristiano Prodi (il tanto acclamato, e fuori registro da ogni razionalità, futuro leader della “sinistra” degli anni ’90), iniziò, durante la sua presidenza, una ristrutturazione dell’IRI che portò a
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- la cessione di 29 aziende del gruppo, tra le quali la più grande fu l’Alfa Romeo, privatizzata nel 1986;
- la diminuzione dei dipendenti, grazie alle cessioni ed a numerosi prepensionamenti, soprattutto nella siderurgia e nei cantieri navali;
- la liquidazione di Finsider, Italsider ed Italstat;
- lo scambio di alcune aziende tra STET e Finmeccanica;
- la tentata vendita della SME al gruppo CIR di Carlo De Benedetti, operazione che venne fortemente ostacolata dal governo di Bettino Craxi. Fu organizzata una cordata di imprese, comprendente anche Silvio Berlusconi, che avanzarono un’offerta alternativa per bloccare la vendita. L’offerta non venne poi onorata per carenze finanziarie, ma intanto la vendita della SME sfumò. Prodi fu accusato di aver stabilito un prezzo troppo basso. [1]
Poi, in Italia come in molti altri paesi, dopo aver colpito l’ossatura del sistema produttivo trasformandolo in privato, arrivarono con gradualità, negli anni, all’attacco del sistema pensionistico, con questa manovra si sconfiggeva ogni residuo di resistenza attiva alle proposte dei “capitani della finanza” che prevedevano (prevedono) l’introduzione di sistemi aggiuntivi e integrativi ma diretti, sempre, nelle casse degli stessi che hanno provocato scientemente la crisi.
Un girone dantesco per il mondo degli sfruttati a cui viene prospettata, e si perpetua se non interrotta con politiche sociali adeguate, una spirale che porta sempre guadagni alle casse degli speculatori, sempre più ricchi. Ricchi più ricchi e poveri, sempre, più poveri come dimostrato nell’ultimo rapporto di Oxfam.